SOCIETÀ

L’editing genomico in agricoltura: verso una nuova regolamentazione europea

Il 13 maggio scorso a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, per la prima volta in Italia è stata piantata in campo aperto, a scopo di ricerca, una varietà di riso il cui genoma è stato modificato con le nuove tecniche di editing genomico. La piccola piantagione di 28 metri quadri era confinata in un recinto, coperta da reti e circondata da 400 metri quadri di terreno incolto per evitare impollinazioni incrociate con altre piante.

A poco più di un mese dall’inaugurazione, la mattina del 21 giugno le recinzioni sono state trovate aperte, le telecamere di sorveglianza manomesse e le piante sradicate dal terreno.

In Italia è vietata la coltivazione a scopo commerciale di piante classificate come OGM (Organismi geneticamente modificati) e sostanzialmente anche solo per fare ricerca, per via dei tanti vincoli che la normativa vigente impone. Anche in altri Paesi europei la coltivazione commerciale in campo aperto di OGM è vietata da una direttiva europea del 2001 (con qualche eccezione nazionale, come Spagna e Portogallo), ma viene per lo più garantita quella a scopo di ricerca.

L’anno scorso però, a luglio, il parlamento italiano ha approvato un emendamento al decreto siccità che consente la sperimentazione in campo aperto (solo a scopo di ricerca) delle TEA, un acronimo che indica le Tecniche di Evoluzione Assistita, tra cui rientra Crispr-Cas9, la biotecnologia che ha valso il premio Nobel per la chimica nel 2020 a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna.

A inizio 2024, il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha approvato il progetto del gruppo guidato dai botanici e biotecnologi dell’università Statale di Milano, Vittoria Brambilla e Fabio Fornara, che mira a raccogliere dati non più solo in laboratorio, ma anche in campo aperto, su una varietà di riso da risotto (Telemaco, simile all’Arborio). A Ris8imo (risottimo, questo il suo nome) sono stati silenziati tre geni per renderla meno vulnerabile a un fungo parassita, il brusone, che solitamente minaccia il raccolto e richiede agli agricoltori l’utilizzo di fungicidi. La tecnica impiegata per modificare il genoma di Ris8imo è stata Crispr-Cas9.

OGM e TEA

Diversamente dalle tecniche di produzione degli OGM (come la transgenesi), che in modi diversi generano nel genoma di un organismo cambiamenti che difficilmente sarebbero avvenuti spontaneamente nel processo evolutivo, le nuove tecniche di editing genetico sono in grado di generare mutazioni estremamente mirate e del tutto simili a quelle che avvengono, per così dire, in natura.

Con un’adeguata conoscenza del genoma e della fisiologia della pianta, assieme a questa estrema precisione di intervento genetico, è possibile ottenere nuove varietà in tempi molto più ridotti rispetto a quelli richiesti dalle consuete operazioni di incrocio che hanno sempre adottato gli agricoltori.

Alcune varietà ottenute con l’utilizzo di queste TEA o NGT (New Genome Techniques) sono già in commercio in Paesi extra-europei: è il caso di un pomodoro con alto contenuto di acido gamma-amminobutirrico (GABA), che farebbe bene alla pressione sanguigna, venduto in Giappone dal 2021. O di un’insalata meno amara e con valori nutrizionali più elevati in vendita negli Stati Uniti dal 2023. Sono invece ancora in fase di ricerca e sviluppo una patata da fecola geneticamente modificata in Svezia, un grano con basso contenuto di glutine in Spagna e un sorgo resistente alla striga (erbe infestanti) in Africa.

Oggi l’Europa sembra voler andare nella direzione di sfruttare i benefici offerti dall’applicazione delle TEA o NGT applicate all’agricoltura, lavorando a una regolamentazione meno restrittiva rispetto a quella in vigore per gli OGM. Da quando è entrata in vigore nel 2001, nessuna nuova varietà di OGM è stata approvata per la coltivazione in Europa. Solo Spagna e Portogallo coltivano mais OGM, mentre l’Europa importa da altri Paesi circa 300 varietà di OGM per lo più destinate ai mangimi animali.

L’Europa sta lavorando a una nuova regolamentazione

Il lavoro per instradare il nuovo iter legislativo sulle NGT è iniziato a novembre 2020 con la richiesta del Consiglio Europeo di effettuare uno studio, pubblicato nell’aprile 2021, sugli avanzamenti biotecnologici degli ultimi anni e sulla capacità (o meno) della direttiva del 2001 sugli OGM di regolamentarli. Parallelamente alla pubblicazione dello studio, sono avvenute le consultazioni con gli Stati membri, con i portatori di interesse e le valutazioni di rischio dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, pubblicate a fine 2022.

A luglio 2023 la Commissione ha presentato la sua proposta di regolamentazione e il 7 febbraio 2024 il Parlamento europeo ha votato in favore della proposta che prevede di semplificare le procedure per la coltivazione di piante il cui genoma è stato modificato con Crispr o altre NGT: dimostrando che sono equivalenti a quelle “naturali”, potranno rientrare nella categoria NGT di tipo 1 ed essere esentate dalle complicate procedure di controllo che si applicano agli OGM e che rendono quasi impossibile la loro coltivazione in Europa.

Laddove questa equivalenza non venisse dimostrata, perché ad esempio si è intervenuti con tecniche mono precise, le piante geneticamente modificate rientrerebbero nella categoria NGT di tipo 2 e continuerebbero a essere soggette alla pesante regolamentazione in vigore per gli OGM.

“L’obiettivo è rendere il sistema alimentare più sostenibile e resiliente, sviluppando varietà migliorate di piante che siano resistenti al clima, ai patogeni e che diano rese più alte o che richiedano un minor uso di fertilizzanti e pesticidisi legge sul sito del Parlamento europeo.

Come si possono usare le NGT

Il Ris8imo sviluppato dal gruppo di Brambilla e Fornara per esempio mira rendere la pianta più resistente all’attacco di un patogeno: in linea di principio, questo potrebbe garantire una maggiore produzione di riso e un minor ricorso all’uso di fungicidi o anticrittogamici.

Un altro progetto gestito da un gruppo dell’università di Berkeley, in California dove la ricerca sugli OGM è possibile già da molti anni, ha modificato una varietà di riso rendendo più efficiente l’uso che fa dell’acqua, agendo sulle sequenze genetiche che controllano l’attività di un gene coinvolto nella fotosintesi.

Per quanto controintuitivo possa sembrare, l’editing genomico potrebbe anche aiutare a riportare in uso varietà agricole ormai dismesse da decenni o secoli. Un lavoro pubblicato di recente su Nature ha mappato il genoma e i tratti di oltre 800 varietà di grano, collezionate nella prima metà del Novecento da un professore dell’università di Cambridge, Arthur Ernest Watkins, con l’aiuto delle compagnie commerciali dell’impero britannico.

Oggi sono conservate nel John Innes Center di Norwich, in Inghilterra, dove il genetista Simon Griffiths, che ha condotto lo studio, ha scoperto che custodivano il doppio della diversità genetica del grano attualmente coltivato nel mondo. Il lavoro, durato più di un decennio, è riuscito a identificare i geni di queste varietà antiche associati a tratti come resistenza a suoli impoveriti o attacchi parassitari, e valori nutrizionali più elevati.

Per “recuperare” questi tratti e farli comparire nel grano di oggi, normalmente servirebbero anni, forse decenni, di incroci e selezione. Invece di attendere la comparsa casuale delle mutazioni da selezionare, biotecnologie come Crispr permetterebbero di assistere l’evoluzione di queste varietà (per questo sono state chiamate Tecnologie di Evoluzione Assistita), modificando in modo mirato i geni di interesse, informati dalle conoscenze raccolte da studi come quello di Griffiths. Le varietà desiderate si otterrebbero così in tempi molto più brevi, probabilmente nel giro di pochi anni.

Altri utilizzi delle tecniche di editing genetico possono far sviluppare alle piante altre caratteristiche, come per esempio la resistenza a erbicidi e pesticidi, solitamente utilizzati nei campi per evitare aggressioni di patogeni o altri organismi indesiderati, che mettono a repentaglio la resa. È il caso delle varietà di soia e mais modificati geneticamente per essere resistenti a erbicidi contenenti glifosato, che ormai sono arrivate a dominare il mercato internazionale.

Uno studio del 2016 ha provato a capire quali conseguenze la diffusione di queste colture OGM abbia avuto sulla quantità di uso di erbicidi contenenti glifosato, in un periodo che andava dal 1998 al 2011. I risultati non sono unidirezionali: chi coltivava soia OGM resistente al glifosato usava la stessa quantità o più erbicida di chi non la coltivava, mentre chi coltivava mais OGM usava meno erbicida e meno insetticida di chi non lo coltivava.

L’impiego di questi prodotti a difesa della resa ha naturalmente conseguenze sulla biodiversità del campo. Questo e ogni altra forma di impatto, anche indiretto, sulla biodiversità va valutata attentamente, caso per caso, ed è uno dei punti in discussione della nuova regolamentazione europea sulle NGT.

Il percorso delle regolamentazione europea è ancora lungo

Il testo approvato dal Parlamento europeo il 7 febbraio scorso ha già incluso emendamenti che affrontano questioni importanti, come vietare di sviluppare tratti come la resistenza agli erbicidi (emendamento 18), vietare di brevettare piante NGT (emendamento 23), individuare criteri di tracciabilità lungo tutta la filiera. Applicando pienamente il principio di precauzione, tipico della legislazione europea, include la possibilità di ritirare un prodotto dal mercato laddove venissero dimostrati rischi per la salute o per l’ambiente.

Il testo però potrà venire modificato ulteriormente e molti altri punti devono ancora venire discussi, come l’eventualità di uso di NGT nell’agricoltura biologica, tradizionalmente contraria. Tuttavia segni di apertura sono stati mostrati, anche in Italia, da associazioni agricole considerate solitamente conservatrici nei confronti dell’innovazione tecnologica.

È probabile che le discussioni sulla nuova regolamentazione non rientrino nel vivo prima della seconda metà del 2025, quando la presidenza di turno del Consiglio Europeo spetterà alla Danimarca, Paese favorevole alle NGT, mentre non lo sono l’Ungheria e la Polonia, a cui spetteranno rispettivamente le presidenze della seconda metà del 2024 e della prima metà del 2025.

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