SOCIETÀ

"Sblocca Italia”, patrimonio culturale a rischio?

“Sblocca Italia”? No, è “Rottama Italia”, perché il decreto “Sblocca Italia” è una minaccia per la democrazia e per il nostro futuro. Di più. È un terribile doppio salto mortale all’indietro, un terribile ritorno al passato micidiale, un passato in cui sviluppo era uguale a cemento.

Parole come pietre. Sono riecheggiate nel Palazzo della Ragione, a Padova, durante l’”Orazione civile per il patrimonio culturale italiano”, pronunciata da Tomaso Montanari e da Massimo Bray, intervistati da Sergio Staino. 

Montanari, annoverato fra gli intellettuali di punta nel dibattito sui beni culturali, docente di arte moderna a Napoli, studioso del barocco e scrittore, ha “battezzato” lo “Sblocca Italia” come la più feroce, la più distruttiva e regressiva manovra portata avanti dal governo Renzi. Il decreto voluto dal ministro Maurizio Lupi - ha detto Montanari e l’ha ribadito nel suo blog su ‘Il Fatto Quotidiano’ - “si propone di scardinare un intero sistema di tutele non dell’inerzia, ma della salute dei cittadini e di quella del territorio e del paesaggio. La parola d’ordine - ha aggiunto - è deregulation, una bomba ad alto potenziale di cemento e corruzione, una sorta di sistema Expo esteso all’Italia intera”.

Massimo Bray, già ministro dei beni artistici, del patrimonio culturale e del turismo durante il governo Letta, si è chiesto se è davvero necessario per "sbloccare" l’Italia travolgere e stravolgere l’ordinamento con un provvedimento legislativo urgente di cui non si è valutato l’impatto. “Sono norme - ha detto - piene di commissari. Si semplifica per deregolamentare; la macchina va rivista. Dobbiamo dire no alla politica dell’emergenza. Dire no a un decreto che farà più male della cancellazione dell’articolo 18. Siamo all’emergenza. È una grande sfida per il mondo dei comitati. Sappiamo quanto sia facile costruire, mentre decementificare è un esercizio molto impervio e lungo”. 

 Sulla stessa lunghezza d’onda anche Sergio Staino, il cartoonist  papà di Bobo ma anche architetto, che si è confermato personaggio senza peli sulla lingua e giudice inflessibile nel processo al degrado.

Montanari, Bray e Staino hanno messo sulla graticola con  Matteo Renzi, capo del governo, anche Dario Franceschini, il suo ministro alla cultura, che va ribadendo che i beni artistici sono il “petrolio d’Italia”.

Durante l’”Orazione” sono state “bocciati” due  modi di guardare alla cultura che hanno oggi molti adepti: la contrapposizione fra bene culturale e lavoro, come se il patrimonio culturale fosse roba per un’élite di sfaccendati e avesse valore solo quando dà da mangiare; e l’idea che se uno mette i soldi per il recupero di un bene poi può fare ciò che vuole. “La cultura - ha detto Bray - ha fatto la storia e ci ha dato valori e ideali. Il petrolio non ha prodotto la civiltà del Rinascimento. È un’eresia legare la cultura a un modello di produttività”.

“Sì - ha aggiunto Montanari - bisogna togliere la cultura dalla dinamica del mercato. I privati vanno fatti uscire dal settore dei beni culturali e artistici. Stanno facendo danni. A Firenze, ad esempio, agli Uffizi, fanno entrare 4.000 persone quando è stato stabilito che per motivi di sicurezza se ne possono ospitare solo mille. E l’ingresso si paga caro. Il museo viene così assimilato al lusso. Invece dovrebbe essere gratuito per tutti. Franceschini  con il suo ‘petrolio’ ci sta portando dalla parte opposta”. Per Bray è possibile costruire con cultura e turismo un benessere diffuso ma la politica deve sapere ascoltare.

“Non vogliamo costruire nessuna nuova aggregazione politica - ha precisato Staino - ma vogliamo discutere sullo Sblocca Italia nelle piazze e nei teatri. E per questo abbiamo pensato di raccontare quel che c’è di male nel decreto nel libro che abbiamo chiamato Rottama Italia, scaricabile gratuitamente dal sito della rivista Altreconomia”.

Staino, se fosse stato professore, avrebbe bocciato senza pietà Renzi in storia dell’arte. Il perché l’ha spiegato ricordando che il capo dell’esecutivo quando era sindaco di Firenze voleva aggiungere una lancetta all’orologio che da secoli campeggia sulla Torre di Arnolfo. Un orologio nato con una sola lancetta. Renzo voleva una seconda lancetta per l’orologio trecentesco per rendere l’ora più leggibile, facendo così a pugni con la storia. 

Ma con i tempi che corrono arte e territorio devono confrontarsi con la mancanza di quattrini. “Una balla colossale” ha chiosato Bray: “I soldi molto spesso ci sono ma vengono dirottati. A Bruxelles, ad esempio, ho saputo che erano stati finanziati i lavori per una pista ciclabile da Torino a Venezia. Un’idea bellissima. Non è stato fatto neanche un metro. E i soldi sono finiti chissà dove.”

Montanari, Bray e Staino nell’”Orazione” hanno invocato un altro modo di guardare alla funzione della cultura in un’Italia chiamata a cambiare verso. Perché il Paese impari a distinguere fra cemento e futuro. In fretta, perché il cemento in Italia viaggia a 8 km al secondo.

Valentino Pesci

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