UNIVERSITÀ E SCUOLA

Scuola, quattro miliardi di promesse

Quattro miliardi complessivi su due anni. Come annunciato dal governo, la legge di stabilità da poco arrivata in Parlamento comprende la prima tranche dello stanziamento record che dovrebbe permettere (salvo sorprese prima dell’approvazione finale) la realizzazione di uno degli obiettivi del piano “La buona scuola”, la strategia governativa per riformare l’istruzione pubblica. Primo punto, la fine (o quasi) del precariato, con l’immissione in ruolo di circa 148.000 docenti, la massima parte dei quali affollano da anni le graduatorie ad esaurimento passando di supplenza in supplenza. Un piano senza precedenti, che da un lato costituisce, con un fondo ad hoc di un miliardo nel 2015 e di 3 miliardi previsti per il 2016, un impegno finanziario mai affrontato dai passati governi, dall’altro, ammesso che anche l’anno prossimo venga superato lo scoglio della copertura economica, implica l’avvio e il coordinamento di una macchina organizzativa di estrema complessità, il che fa sorgere molti interrogativi sulla possibilità di rispettare la tabella di marcia prevista. Secondo il programma “La buona scuola”, infatti, la maxiassunzione dovrebbe essere attuata in un’unica tornata entro l’estate 2015, in tempo per rivoluzionare gli organici nazionali prima che inizi il nuovo anno scolastico.

La ragione per attuare un’operazione così ambiziosa in modo fulmineo poggia soprattutto su una delicata questione giuridica. Attualmente la normativa prevede che le assunzioni a tempo indeterminato nella scuola avvengano rispettando una proporzione di fondo: metà docenti assunti tra i vincitori di concorso, metà attinti dalle graduatorie ad esaurimento (gli elenchi degli insegnanti che avrebbero diritto all’assunzione definitiva ma sono costretti, a causa del numero debordante, ad attese lunghissime e senza nessuna garanzia). Il “piano Renzi” prevede invece una colossale deroga una tantum a questo principio: dei 148.000 nuovi insegnanti a tempo indeterminato, quelli che provengono dalle graduatorie sarebbero, secondo la stima del governo, poco più di 140.000, mentre l’altra categoria da stabilizzare, i vincitori del concorso 2012, ammonterebbe a poche migliaia di persone (calcolando sia i vincitori ancora senza posto che gli idonei, coloro cioè che hanno superato le prove ma non hanno vinto perché le cattedre bandite non erano sufficienti). Ci sono poi altre due categorie residuali che potrebbero rientrare nell’ondata di stabilizzazioni: si tratta dei laureati in scienze della formazione primaria del vecchio ordinamento quadriennale che abbiano conseguito il titolo dopo il 2010/2011 (circa 8.000, rimasti fuori dalle graduatorie ad esaurimento); e di poche centinaia di ex studenti delle SSIS, le scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario, che avevano dovuto sospendere il percorso abilitante per motivi come malattia o gravidanza e che, superato l’impedimento, si erano ritrovati con le SSIS abolite ed esclusi dalle graduatorie. Per questi due gruppi l’inserimento nella maxitornata di assunzioni avverrà, secondo il piano Renzi, solo qualora le verifiche accertino che il numero complessivo dei candidati all’assunzione sia inferiore alle stime, e sia così possibile stabilizzare anche laureati in formazione primaria ed ex SSIS nel limite dei 148.000 nuovi posti finanziati.

Risolto così nella sua quasi interezza l'annoso problema del precariato, dal 2016 il piano “La buona scuola” prevede che le assunzioni avvengano esclusivamente tramite concorso, tornando in tal modo a rispettare il principio costituzionale sul reclutamento nel pubblico impiego. La seconda parte del piano, in effetti, prevede proprio un maxiconcorso per 40.000 posti, da bandire nella primavera 2015 e le cui prove dovrebbero tenersi entro maggio 2016, in modo da assicurare la copertura di un nuovo massiccio contingente di insegnanti da immettere in ruolo nei tre anni scolastici successivi. Il concorso sarà aperto a tutti i candidati in possesso di abilitazione e ai non abilitati che si siano laureati entro il 2001/2002 (ammessi per legge a partecipare). Si calcola che al concorso potrebbero iscriversi oltre 200.000 persone: anche in questo caso, si tratterà di uno sforzo organizzativo enorme. Assunzioni e maxiconcorso, ovviamente, dovranno essere oggetto di provvedimenti legislativi ad hoc, che ne confermino dimensioni, tempi e procedure, quindi siamo ancora in una fase di grande incertezza.

Quanto alla futura formazione specifica per chi aspira ad insegnare, “La buona scuola” tratteggia un percorso basato su una laurea magistrale biennale, a numero chiuso, successiva alla laurea triennale di primo livello e con una molteplicità di indirizzi corrispondenti alle aree disciplinari prescelte. Al titolo seguirà un tirocinio semestrale nelle scuole, al termine del quale il candidato otterrà l’abilitazione. I futuri concorsi, infine, saranno aperti ai soli neoabilitati tramite il biennio formativo più il tirocinio.

Chiariti i meccanismi di selezione, resta da precisare che gli insegnanti neoassunti, per essere in linea con il progetto di riforma, dovranno accettare condizioni di lavoro in parte diverse dal passato. Delle 148.000 immissioni si calcola che circa 50.000 serviranno a coprire cattedre vacanti; più o meno altri 18.000 docenti serviranno a potenziare l’offerta formativa per arte, musica, educazione fisica; resteranno 80.000 nuovi insegnanti i quali, distribuiti tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria, costituiranno il cosiddetto “organico funzionale”. L’idea è che ogni network di scuole possa contare, accanto ai docenti tradizionali, su un secondo organico di docenti a disposizione degli istituti collegati “in rete” per svolgere le attività didattiche, organizzative o di studio che i dirigenti ritengano necessarie di volta in volta. Oltre alla disponibilità a far parte dell’organico funzionale, parte dei docenti neoassunti dovrà accettare altre regole improntate alla flessibilità: i nuovi insegnanti potranno essere assegnati a province o regioni diverse da quella di appartenenza; potranno inoltre vedersi attribuite cattedre per materie affini, ma non coincidenti con la loro classe di concorso. Fondamentale, poi, sarà l’utilizzo degli insegnanti in “organico funzionale” per coprire le supplenze, in particolare quelle brevi: l’assunto di fondo è che le sostituzioni potranno avvenire con procedure molto più semplici e rapide, attingendo a un insieme di docenti interni e quindi più efficaci nella didattica e con relazioni già avviate con gli studenti del gruppo di scuole di competenza. La figura del supplente “esterno”, dunque, si avvia a scomparire? Non proprio. Dopo la riforma, esisterà ancora una graduatoria di istituto, formata da una sola fascia di docenti in possesso di abilitazione, che verranno chiamati per le sostituzioni nei casi (si immagina pochi) in cui l’organico funzionale non dovesse bastare. 

Martino Periti

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