UNIVERSITÀ E SCUOLA

Supplenze e precariato, la via francese

Una scuola senza più precariato: è questa, tra le altre, la promessa del governo Renzi. Negli altri paesi però come si fa? Diamo uno sguardo al sistema francese, a cui sembrano essersi in parte ispirati i nostri politici nel piano di riforma appena presentato. Oltralpe infatti non solo sono inseriti nel ruolo i professori titolari di cattedra, ma addirittura anche i supplenti. Si tratta soprattutto di docenti giovani e con meno punti in graduatoria, che ogni anno all’apertura delle scuole prendono regolarmente servizio assieme agli altri colleghi, ci siano o no delle esigenze attuali. Sono i cosiddetti titulaires sur zone de remplacement o TZR, spesso definiti pomposamente come “l’esercito di riserva” del sistema educativo francese, e vivono in un sistema che costituirebbe il sogno di molti loro colleghi italiani, abituati ogni anno a barcamenarsi tra diversi istituti allo scopo di mettere un numero di ore sufficiente per raggranellare uno stipendio.

Un sistema, quello francese, che invece riduce al minimo il ricorso al precariato. Eppure anche qui i problemi non mancano. In primo luogo i TZR in 48 ore devono essere disponibili per effettuare qualsiasi sostituzione richiesta per la loro materia, si tratti di un liceo o di un istituto professionale, in una distanza che può arrivare fino a 60 chilometri dalla “base” a cui sono stati assegnati (l’établissement de rattachement o RAD). Fattore che non soltanto costituisce un disagio, ma rende anche impossibile una programmazione efficace delle attività. Uno dei problemi infatti è cosa far fare ai TZR durante l’attesa. Secondo la legge devono svolgere regolarmente il loro orario, che va dalle 15 alle 18 ore, con un’attività “di natura pedagogica” presso l’istituto al quale sono stati assegnati.  Più facile a dirsi, visto che spesso delle attività formative non sono organizzate né dal ministero, né dagli istituti. Del resto, i docenti potrebbero essere costretti a interromperle in qualsiasi momento. Tutto viene quindi lasciato alla buona volontà dei singoli, che spesso si impegnano in attività volontarie come seminari, sostegno scolastico e gite. Anche qui, con la spada di Damocle di una chiamata che può arrivare in qualsiasi momento.

Questo porta a un secondo aspetto: spesso, scrive Delphine Roucaute su Le Monde, i “docenti sostitutivi” si sentono considerati come appartenenti la serie B dell’insegnamento, sia dai colleghi che dalle famiglie degli allievi. Lo stesso ministero, dopo due mesi di inattività, smette di prenderli in considerazione nelle sue rilevazioni statistiche. Frequentemente si tratta solo della fase iniziale della carriera degli insegnanti: un modo di raccogliere punti in attesa che si liberino delle cattedre, in un’attesa che però può durare anche anni. A volte però è possibile ritrovarsi TZR anche più in là nel proprio percorso professionale, quando lo impongano esigenze didattiche o organizzative, come ad esempio la soppressione di un istituto scolastico o di una o più sezioni all’interno di una scuola.

Quanti sono i TZR? Tanti, anche se è difficile dare numeri precisi. Secondo le statistiche nazionali, gli “insegnanti senza allievi” sono attualmente 94.552 nelle scuole pubbliche, vale a dire il 12,3% degli effettivi. Di questi però non tutti sono impegnati nelle sostituzioni; il Syndicat National des Enseignements – SNES ad esempio stima in circa 21.000 il numero dei supplenti di ruolo solo nella scuola secondaria, corrispondente al 5,5% dei docenti. Il sistema attuale è difeso in primo luogo proprio dai sindacati perché, a loro detta, rispetta il principio secondo il quale il servizio scolastico deve essere assicurato dallo stato per mezzo dei suoi funzionari. Eppure anche qui sono presenti disservizi, a causa di un sistema certamente più garantista dei diritti dei docenti e degli scolari, ma anche più rigido. Ad esempio non si riesce ad evitare che parte delle assenze degli insegnanti continuino a non essere sostituite. Il problema maggiore infatti è rappresentato dalle assenze più brevi, da uno fino a una quindicina di giorni, che spesso continuano ad essere gestite dai colleghi. Per quelle più lunghe il grado di efficienza, secondo il ministero, dovrebbe attestarsi ben oltre il 90%. Numeri contestati dai rappresentanti dei genitori e degli allievi, che parlano di oltre due milioni e mezzo di ore di assenza non rimpiazzate ogni anno. Il problema è ravvisato da molti soprattutto nei tagli al personale, apportati negli ultimi anni soprattutto dagli ultimi governi di destra. Anche così però – e al di là delle dichiarazioni del presidente Hollande, che ha annunciato nuove assunzioni – continuano ad esservi molti docenti sotto o addirittura non utilizzati, mentre diverse le cattedre continuano a restare scoperte. L’Italia è avvisata: riuscirà a far meglio?

Daniele Mont D’Arpizio

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