UNIVERSITÀ E SCUOLA

TFA: ottimi risultati a Padova ma permane la confusione

I candidati di Padova ai TFA, i percorsi formativi per accedere all’insegnamento, sono al vertice della classifica di rendimento tra tutti coloro che hanno sostenuto la selezione negli Atenei italiani. È quanto risulta dalla graduatoria elaborata da Roars, sito di informazione sulla ricerca e l’attualità accademica. Roars ha elaborato gli esiti complessivi dei test di selezione per i TFA (tirocini formativi attivi) tenutisi nelle Università italiane per tutte le classi di concorso. I candidati che hanno sostenuto l’esame a Padova hanno ottenuto il secondo miglior risultato assoluto, dopo Udine, in termini di studenti ammessi al tirocinio. Al di là delle polemiche suscitate, le selezioni per i TFA hanno costituito un interessante strumento di valutazione nazionale della preparazione dei laureati, che si sono trovati a rispondere ai medesimi quesiti sulla stessa materia, indipendentemente dalla sede universitaria in cui sostenessero l’esame. Secondo Roars, i candidati di Padova conseguono nel 77,78 % dei casi la presenza nel miglior quartile, ossia nel 25% di Atenei con risultati di eccellenza in ogni classe di concorso. Il risultato padovano si inquadra in una buona performance complessiva delle Università del Nordest: nella graduatoria generale, dopo Udine e Padova si segnalano il quarto posto di Ca’ Foscari e l’ottavo di Trento.

I dati, peraltro, emergono da una situazione a dir poco caotica, in cui l’improvvisazione del MIUR è risultata palese. Inaugurati quest’anno dal ministero dell’Istruzione come nuova modalità di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, i TFA dovevano costituire una forma di selezione equa per diventare insegnanti; l’intero processo selettivo, però, è stato oggetto di forti proteste. I lunghi percorsi previsti dai TFA (60 crediti, 475 ore di tirocinio presso le scuole) non garantiscono un incarico di insegnamento, ma solo la possibilità di ottenere l’abilitazione in attesa che venga indetto il concorso per le cattedre. 

La vicenda che ha suscitato le maggiori, e giustificate, proteste è stata quella delle numerose inesattezze nei quiz ministeriali sottoposti ai candidati. Emersi gli errori, il ministro ha dovuto scusarsi e ha ordinato una verifica per tutti i questionari, in seguito alla quale i risultati sono stati oggetto di una nuova valutazione. Si è deciso di non annullare le prove ma di compiere una sanatoria, ammettendo tutti i candidati bocciati in prima istanza i cui test, dopo la verifica, risultavano sufficienti, peraltro penalizzando in questo modo chi aveva risposto correttamente al maggior numero di domande. Per Cinzia Sada, delegata dell’Università di Padova per i giovani ricercatori e componente di commissione TFA, “gli errori nei questionari erano palesi: alcuni quesiti erano formulati in modo ambiguo e potevano fuorviare i candidati. Bisogna dire che il ministero ha saputo riparare con efficacia e la seconda valutazione è stata molto rapida. Peggio hanno fatto nell’organizzazione generale: mancavano istruzioni univoche per le commissioni, e ad oggi non sappiamo ancora quanti saranno gli ammessi di diritto in quanto ex iscritti alle Siss“. Riserve anche sui criteri per il “peso” dell’anzianità di servizio: “il bando ha chiaramente privilegiato i supplenti storici, gratificati con punteggi molto alti, a discapito di tanti neolaureati che hanno svolto prove brillanti”. Tra i molti correttivi richiesti, almeno uno, in futuro, sembra assicurato: il ministero ha annunciato che dal prossimo anno per i docenti non abilitati con tre anni di servizio sarà possibile accedere a TFA differenziati, che non prevederanno né una procedura selettiva né il tirocinio nelle scuole, ma permetteranno di accedere direttamente alla formazione in aula e all’esame di abilitazione. 

 

Martino Periti

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