SOCIETÀ

Un formato europeo per i dati di biblioteche, musei e archivi

È stata approvata dal Parlamento europeo il 26 giugno 2013 la direttiva europea 2013/37/UE sulle norme di utilizzo del patrimonio informativo del settore pubblico, intese a rafforzare l’accesso alle informazioni degli enti pubblici anche con l’utilizzo di nuove applicazioni. La nuova direttiva, rivolta principalmente alle istituzioni di conservazione come biblioteche, archivi e musei, modifica la precedente 2003/98/CE, recepita in Italia con il decreto legislativo 24 gennaio 2006 n. 36 e introduce un netto cambio di rotta. 

Si tratta di un cambiamento nelle normative generali di approccio ai dati del settore pubblico che modifica radicalmente la prospettiva rispetto al passato. La prescrizione imposta dal legislatore europeo obbliga infatti gli stati membri a consentire l’accesso ai documenti e il loro riutilizzo, a differenza di quanto accadeva fino ad oggi con la vecchia direttiva che lasciava facoltà di scelta al singolo stato. La nuova direttiva deve essere recepita dagli stati membri entro il 18 luglio 2015, ma in Italia si sono succeduti recentemente alcuni provvedimenti normativi che ne hanno anticipato i contenuti, entro un insieme organico di decreti che hanno toccato gli aspetti della pubblicità e trasparenza dei dati della pubblica amministrazione. 

La nuova direttiva è da considerarsi necessario strumento di armonizzazione minima nel contesto dell'Unione europea, utile a liberare grandi quantità di dati da tutti i paesi in particolare nel settore della cultura che, in Europa, vede una presenza e un ruolo pubblici assolutamente preminenti. Norme diverse adottate dai vari stati membri ostacolano infatti tutt'ora l'accessibilità e l’offerta transfrontaliera di prodotti e servizi. Conseguire una coerenza normativa faciliterà la gestione a livello di Unione determinando il tipo di dati pubblici disponibili per il riutilizzo sul mercato interno dell’informazione e permettendo sia la comparazione di insiemi di dati che la creazione di applicazioni paneuropee basate su di essi. La commissaria Kroes – promotrice della direttiva appena 16 mesi prima - ha sottolineto il grande valore dell’informazione proveniente dal settore pubblico, che con le opportune aperture diviene strumento fondamentale di rilancio dell’economia e di creazione di nuovi posti di lavoro. 

L’obiettivo è ambizioso: agevolare una totale condivisione del patrimonio culturale europeo con la creazione di prodotti e servizi a contenuto informativo estesi all’intera Unione e basati su documenti e dati del settore pubblico. Fondamentale quindi l’apertura dei dati nelle tre istituzioni cardine di questa direttiva e della conservazione del nostro patrimonio culturale: biblioteche, musei e archivi.

La direttiva si compone di quattro articoli e 37 considerando che nell’insieme stabiliscono scopi e obiettivi delineandone le potenzialità in termini di “apertura” all’informazione e al mercato. Con le modifiche apportate alla vecchia norma si istituiscono nuovi diritti sui dati pubblici, sancendo il generale principio di riutilizzabilità degli stessi  nel rispetto della proprietà intellettuale e della privacy e introducendo il principio di disponibilità dei dati/documenti, in qualsiasi formato o lingua. 

Di grande interesse per biblioteche musei e archivi i considerando 14 e 15, dove si specificano le condizioni propizie allo sviluppo di servizi su scala europea. “Le biblioteche, i musei e gli archivi detengono una notevole quantità di preziose risorse di informazione del settore pubblico, in particolare dal momento che i progetti di digitalizzazione hanno moltiplicato la quantità di materiale digitale di dominio pubblico. Tali raccolte del patrimonio culturale e i relativi metadati possono costituire una base per i prodotti e servizi a contenuto digitale e hanno un enorme potenziale per il riutilizzo innovativo in settori quali la formazione e il turismo”. I considerando 30 e 31 prevedono progetti di digitalizzazione delle biblioteche in partenariato con  soggetti privati per accelerare i tempi di accesso al patrimonio culturale da parte dei cittadini e garantendo diritti di esclusiva a partner privati per periodi di tempo limitati a massimo dieci anni per i materiali di dominio pubblico.  Si toccano poi gli aspetti relativi agli eventuali corrispettivi che le biblioteche, musei, o archivi possono applicare - anche superiori ai costi marginali - per non ostacolare il normale funzionamento dei servizi; si incoraggia l’uso di licenze aperte che dovranno divenire prassi comune.

Vengono poste anche alcune limitazioni al riutilizzo dei dati, lasciando fuori - per le ovvie questioni legate ai diritti e alla normativa in tema di proprietà intellettuale - le istituzioni delle “arti dello spettacolo”, come i teatri, le orchestre e i relativi archivi.  L’equilibrio fra diritto di accesso e tutele posto dalla direttiva è bilanciato per non generare conflitti su un terreno scivoloso come quello che concerne documenti su cui terzi detengono diritti di proprietà intellettuale.

Nel considerando 20 vi è infine un interessante richiamo alla direttiva 2 del 2007, nota come Inspire (2007/2/EC del 14 marzo 2007, recepita in Italia con D.Lgs. 32/2010), focalizzata sulle politiche che possono avere un impatto diretto o indiretto sull'ambiente e basata sull’interoperabilità delle infrastrutture di dati spaziali e territoriali creati dagli stati membri. La coerenza con i principi di Inspire, che disciplinano i requisiti di compatibilità e fruibilità dei dati territoriali, è un passo fondamentale verso forme di interoperabilità, intese come uniformità a livello di formati, granularità e metadatazione, che possano garantire il pieno potenziale dei riutilizzo di dati geografici utili per le politiche ambientali o in settori come l’agricoltura, i trasporti e l’energia.

Antonella De Robbio

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