UNIVERSITÀ E SCUOLA

Università, la carica dei Brics

Cinque università russe fra le migliori cento nel mondo entro il 2020: questo è l’obiettivo dichiarato nel maggio 2012 da Vladimir Putin. Già nel luglio seguente il ministro dell’Educazione della Federazione russa annunciava che 15 università avrebbero ricevuto sovvenzioni particolari, così da migliorare la propria posizione nelle classifiche mondiali. Una manovra che individua nel ranking uno strumento fondamentale per l’affermazione del valore delle istituzioni per l’educazione terziaria, e che innesca una revisione profonda del sistema universitario russo. Per raggiungere i propri obiettivi, il governo ha deciso di spostare i finanziamenti da università considerate secondarie verso i migliori atenei del paese, per poi premiarli ulteriormente e dare così vita a università d’eccellenza in grado di competere a livello internazionale. 

Il 2020 – con le sue Olimpiadi - però non è poi così lontano, e di strada da fare ce n’è ancora molta: non ancora in grado, quindi, di confrontarsi con le università statunitensi, britanniche ed europee, sembra che la Russia intenda farlo a breve con gli altri paesi BRICS – Brasile, India, Cina e Sud Africa – per mezzo di un nuovo strumento di ranking, fortemente voluto dal governo. È infatti in programma per il prossimo dicembre l’uscita del nuovo QS University Ranking: BRICS, affidato al lavoro congiunto della società russa Interfax e dell’inglese Quacquarelli Symonds (QS). L’intenzione è quella di fare uscire una versione pilota della classifica, sulla cui base lavorare per un eventuale perfezionamento metodologico. Il motivo di una “versione beta” sta nella necessaria calibrazione degli strumenti da utilizzare per elaborare il ranking BRICS, necessariamente diversa rispetto a quella elaborata per il ranking globale.

La versione pilota del ranking BRICS che uscirà a dicembre si basa su otto diversi indicatori: alcuni di questi elaborati appositamente, altri invece mutuati da quelli del global ranking ma bilanciati diversamente. Rispetto al ranking mondiale, assumono meno peso la reputazione accademica (valutata da una commissione di esperti internazionali), il rapporto fra il numero dei docenti e quello degli studenti e il numero di citazioni per ogni articolo scientifico pubblicato. Assume invece maggiore importanza l’opinione dei datori di lavoro rispetto alla qualità del laureati, mentre la percentuale di docenti e studenti internazionali all’interno di ogni singolo ateneo non varia rispetto al ranking globale. I due nuovi indicatori sviluppati appositamente per i paesi BRICS sono invece “numero di pubblicazioni per docente” e “percentuale di docenti con il titolo di dottore di ricerca”, a premiare la preparazione, l’aggiornamento e la produttività nel campo della ricerca, oltre che della didattica.

L’intento dichiarato di questa operazione è dare la possibilità a questi paesi di emergere grazie a una maggiore visibilità a livello internazionale, che a oggi il ranking mondiale QS non è in grado di fornire. Infatti sono solo tre le università dei paesi BRICS a comparirvi nel 2013, e tutte cinesi: la Peking University al 46°  posto, la Tsinghua University al 48° e la Fudan University all’88°. La prima università russa compare al 120° gradino della classifica (Lomonosov Moscow State University), la prima brasiliana è la Universidade de Sao Paulo al 127°, quella sudafricana è al 145° (University of Cape Town). Per vedere un ateneo indiano dobbiamo scendere fino alla 220° posizione, dove s’attesta l’Indian Institute of Technology Delhi (IITD). Proprio in India, spinto dallo sconfortante risultato, il ministro per lo sviluppo delle risorse umane ha espressamente chiesto alle università del suo paese di essere istruite sul modo più corretto di compilare i questionari per i ranking internazionali (The Hindu), imputando la scarsità del punteggio ottenuto più a una impreparazione amministrativa che all’inefficienza del sistema educativo.

Considerando che il QS World University Rankings di quest’anno copre 800 università in tutto il mondo, risulta lampante la mancanza di competitività dei paesi BRICS nel campo dell’educazione superiore: di questi paesi, che assieme forniscono più del 40% della popolazione mondiale, vi compaiono solo 83 università, a malapena il 10% del numero complessivo di istituzioni rappresentate nella classifica. Nonostante l’esiguità della performance, questi numeri mettono anche in luce i progressi rispetto ai risultati del 2009, quando i BRICS avevano solo 44 università nel ranking globale, le quali rappresentavano circa il 7% del totale. A livello di educazione terziaria, fra i paesi BRICS la Cina rimane comunque dominante, con 25 università nelle prime 800 al mondo, seguita da Brasile (22), Russia (18), India (11) e Sud Africa (7).

All’Italia invece basterebbe forse la serena accettazione di un upgrade da PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) a BRICS per tornare a sorridere: perché, con i suoi 59 milioni di abitanti, nel ranking mondiale ha più università della grande Cina (26).

Chiara Mezzalira

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