CULTURA

Usi e abusi del “genere”

Pubblichiamo in anteprima le prime pagine della Lecture inaugurale di Joan W. Scott al VI Congresso della Società italiana delle storiche, che si tiene tra Padova e Venezia dal 14 al 16 febbraio 2013.

Nel corso degli ultimi anni avevo iniziato a perdere interesse per il “genere”. Innanzi tutto perché mi sembrava una questione risolta, una parola entrata a far parte di un vocabolario comune. Le vivaci contestazioni di coloro che ritenevano un tradimento dei principi femministi il passaggio da una “storia delle donne” a una “storia di genere” sembravano ormai risolte (seppure non ovunque allo stesso modo); le accese discussioni sull’intraducibilità del termine gender avevano ceduto il passo al suo frequente utilizzo in inglese o, come neologismo, in altre lingue; e la sua accoglienza favorevole da parte di organizzazioni nazionali e internazionali come categoria sotto la quale raccogliere statistiche sulla condizione delle donne, spesso in confronto a quella degli uomini, era il segno sia della sua capacità di produrre cambiamento, sia delle sue possibilità di impiego. Inoltre, stavo per giungere alla conclusione che il “genere”, in quanto termine accettato, non poteva più svolgere la funzione di destabilizzare i presupposti della relazione tra sesso biologico e ruoli culturalmente costruiti per le donne e gli uomini, funzione che aveva svolto negli anni Settanta quando le femministe americane e inglesi si appropriarono del termine utilizzato da sessuologi e psichiatri come John Money e Robert Stoller. Quando l’American Historical Review organizzò un forum per il ventesimo anniversario della pubblicazione del mio saggio Gender: a useful category of historical analysis, ero al tempo stesso lusingata e annoiata: lusingata perché si trattava evidentemente di un saggio ancora utile agli storici, e annoiata perché sentivo di aver esaurito tutto quanto avere da dire sull’argomento.

Poi, la scorsa primavera il mio interesse si era riacceso a seguito di una polemica scoppiate in Francia – il paese di cui studio la storia -, che poneva al centro dell’attenzione appunto il genere. Un manuale di scienze biologiche per la scuola superiore, approvato da Ministero dell’Istruzione, includeva un capitolo sulla biologia umana, intitolato Devenir homme ou femme, che politici cattolici, i genitori e gli insegnanti giudicavano discutibile. Le prime pagine del capitolo riportavano, sotto il titolo “une grande diversité d’hommes et de femmes”, tre fotografie di coppie: due uomini, l’uno chinato teneramente verso l’altro, un uomo e una donna che si abbracciavano e due donne che si tenevano per mano. La didascalia riferiva che era facile, quando qualcuno camminava per strada, capire di quale sesso fosse, ma che cosa significava, in realtà, essere un uomo o una donna? La risposta a questa domanda provocatoria veniva fornita da una sfilza di informazioni sugli ormoni; diagrammi di organi riproduttivi; ecografie di feti; fotografie all’elettromicroscopio di geni, cromosomi, zigoti, spermatozoi e ovuli; grafici di cicli mestruali; disegni del cervello umano con le aree del piacere e del controllo contrassegnate da colori diversi; una discussione sulle differenze tra l’attività sessuale degli animali e quella degli uomini, con la precisazione che gli esseri umani potevano controllare la procreazione in modo responsabile attraverso l’uso dei metodi anticoncezionali, l’aborto e le nuove tecnologie riproduttive; una discussione sull’esistenza o meno del gene dell’omosessualità (le prove scientifiche – veniva detto ai lettori – ne avevano dimostrato l’inesistenza). Se l’identità sessuale era definita fisiologicamente, dall’opera di cromosomi e ormoni – sosteneva il testo – l’orientamento sessuale era tutt’altra cosa. In altre parole era una questione di scelte intime che potevano essere eterosessuali, omosessuali o bisessuali, e che avevano a che fare con la sfera privata, non pubblica. Ma le donne e gli uomini erano più o meno donne e uomini nel privato o nel pubblico? Che cosa ci poteva dire sulla nostra capacità di definire il significato di “donne” e di “uomini”, questa distinzione tra scelta privata e apparenza pubblica?

Usi e abusi del “genere”, Proprietà Letteraria Riservata, © 2013 Viella s.r.l. Joan W. Scott, Genere, politica, storia.  Viella, 2013

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