SOCIETÀ
Voci dall'Ucraina
Foto: Reuters/Konstantin Chernichkin
“A volte voglio solo urlare e piangere”. Anna Gots è una giovane ucraina che vive a Bruxelles da ormai due anni. “Penso sempre ai miei familiari e amici che vivono a Kiev, nel cuore della protesta. Per ora riesco a mantenermi in contatto con loro tramite mail o per telefono, ma sta diventando sempre più difficile visto che è già successo che internet e la linea telefonica fossero sospese”. Una testimonianza raccolta solo poche ore prima dell'accelerazione degli eventi: prima l'annunciata tregua tra il presidente Yanukovich e l'opposizione, poi la liberazione dell’ex premier Yulia Tymoshenko. Infine la destituzione di Yanukovich votata dal Parlamento e la sua fuga.
Dal 30 novembre dello scorso anno, quando la Berkut (l’unità speciale di polizia alle dipendenze del ministero degli Affari interni) caricava la folla, fino all'esplosione del 18 febbraio, sono passati tre mesi ininterrotti di proteste, innescate dal blocco del processo di avvicinamento all'Unione europea e costate solo nell’ultima settimana quasi 100 morti.
Le proteste di piazza Maidan non sono però rimaste circoscritte alla sola capitale ucraina. Maria Buzok vive a Leopoli, nell’Ucraina occidentale e ha partecipato alle manifestazioni, anche a Kiev. “Lavoro per il Consiglio comunale di Leopoli e ho partecipato a uno sciopero nazionale. Ci siamo ritrovati tutti davanti agli uffici a manifestare cantando il nostro inno nazionale per appoggiare le proteste. Una rivoluzione, durante la quale ci sono state numerose dimostrazioni pacifiche in tutto lo stato. La parte occidentale è sicuramente la più attiva, ma ci sono stati dei tentativi anche nell'est e nel sud dell’Ucraina”. Lo conferma un altro manifestante, O.Y., che aggiunge: “La protesta non è mai stata solo un affare di Kiev, molti dei manifestanti provengono anche da altre citta: è una questione nazionale”.
Come è accaduto già diverse volte nella storia recente, basti pensare alla Turchia con #occupygezi, la primavera araba o il movimento verde in Iran, la protesta passa anche sui social network. Nei primi giorni di proteste si diffonde l’hashtag #euromaidan, attorno al quale sono fiorite pagine Facebook che segnalavano in tempo reale quello che accadeva in piazza Maidan.
“L’informazione in rete è molto più affidabile di quella televisiva, specialmente quella dei canali progoverno che non danno notizie vere” dice Maria. ”Non mi fido al 100% delle notizie che vedo, leggo o sento – racconta H.P. – ma abbiamo dei canali più affidabili come hromadske.tv (televisione online che trasmette dal 21 novembre 2013, Ndr). Cerco di controllare le informazioni da diverse fonti, ma tendono a copiarsi l’un l’altro ed è difficile restare obiettivi.” Anna sembra credere molto nel potere di questa protesta: “Penso sia forte abbastanza per cambiare la mentalità del mio popolo, per farlo risvegliare e rivendicare i propri diritti, anche se appoggio solo la protesta pacifica e condanno con forza ogni violenza”. Le immagini di una Kiev in fiamme, in un clima da guerra civile, hanno fatto rapidamente il giro di media e social network. H.P. che racconta di essere “stata molto coinvolta agli inizi della protesta, poi non più. A essere onesta ho paura”. “Ad un certo punto si è scatenato il panico e molte persone sono corse nei supermercati per fare provviste temendo il peggio”, continua O.Y.
Foto: Reuters/Baz Ratner
È una voce fuori dal coro V.G., originario di Kharkiv, che vive in Germania da qualche tempo ed è scettico sulla veridicità delle notizie che trapelano dall'Ucraina. “Le notizie in Europa arrivano già tradotte, già manipolate ed è quindi difficile per chi non vive nel mio Paese avere un'immagine completa della situazione. E riuscire a rimanere obiettivi se si è sottoposti a un continuo bombardamento di informazioni – continua – Probabilmente dalla Tv o dai post su Facebook di alcuni studenti ci si può fare una certa idea degli eventi che stanno accadendo, ma non rappresentano l'opinione dell'intera popolazione, dopotutto in Ucraina ci vivono 46 milioni di persone”.
Ma quali sono le richieste del popolo ucraino? In un video, diventato virale in poco tempo, una ragazza afferma che gli ucraini vogliono essere liberi perché “il tempo dell’Unione Sovietica è ormai finito”. “Vogliamo un cambiamento dei governanti della nostra nazione. Questo può essere raggiunto solo con un cambiamento nella costituzione e con le elezioni presidenziali”, peraltro già convocate per il 25 maggio. “A patto di trovare i responsabili delle violenze perpetrate a Kiev e sanzionarli” è l’opinione di O.Y. “Difficile prevedere cosa potrà accadere nelle prossime ore, nei prossimi giorni, ma spero sinceramente ci si avvii verso una soluzione ragionevole già alla fine del mese. Speriamo che la primavera sia una vera primavera per la nostra nazione”.
In molti si raccomandano di non lasciarsi prendere dall'entusiasmo, come Anna Gots, che ricorda che “la Russia ancora non è scesa in campo. Tutto è cambiato troppo in fretta”.
Qualcuno avrebbe potuto pensare a Yulia Tymoshenko come la protagonista di questi giorni. Rilasciata dopo quasi tre anni di carcere, ha fatto una breve apparizione a Maidan per esprimere il suo rispetto e la sua gratitudine al popolo ucraino. Ma il suo coinvolgimento nella ricostruzione politica provoca reazioni negative: “Ho visto una donna stanca, esausta. Non mi sembra possa essere una guida per il futuro” dice H.P. E ancor più dura è Anna Smailikova: “Non posso dire che lei non abbia talento, però ora sono felice di vedere che la maggior parte dei miei amici e colleghi non si fida di più di lei. L'abbiamo vista in azione come premier dopo la rivoluzione arancione e la nostra economia è quasi crollata”.
Aspettando le elezioni annunciate per il 25 maggio, la vita a Kiev torna a una normalità solo apparente, perché la strada verso la stabilità socio-politica ancora è lunga. A partire dal ruolo che potrà svolgere l’estrema destra di Svoboda (il Partito della libertà) e di Praviy Sector (Settore Destro), i protagonisti degli scontri più duri di Maidan. Entrambi su posizioni ultranazionaliste, fanaticamente antirussi e non certo europeisti.
Il voto sulla formazione del nuovo governo è stato intanto posticipato a giovedì 27 febbraio per dare più tempo alle consultazioni. Il presidente ad interim Turchynov dovrà però affrontare il problema delle zone orientali meridionali del Paese e della Crimea, dove si parla russo e dove si era formata la maggioranza che aveva eletto "democraticamente" Yanukovic nel 2010.
Erika Bettin