UNIVERSITÀ E SCUOLA

A volte ritornano: la dottrina-zombie del mismatch

La teoria del disallineamento tra formazione universitaria e mercato del lavoro può essere verificata ed è quello che ha fatto l’Economic Policy Institute, un centro di ricerca americano, in uno studio recente. Secondo la teoria economica, se ci fosse un problema di “disallineamento” fra competenze dei giovani e richieste delle aziende ci dovrebbero essere dei settori in cui non si trova personale, quindi i salari dovrebbero aumentare. È quanto sta succedendo? No, negli Stati Uniti i salari sono rimasti stabili o sono, più spesso, diminuiti, con l’eccezione della finanza, dove sono leggermente cresciuti per le capacità di lobbying delle banche, non per le buone condizioni del comparto.

In generale, permane un livello di disoccupazione più elevato di quello pre-crisi (2007) in tutta l’economia. Non esiste alcun settore in cui ci siano più offerte di lavoro di quante siano le domande e, al contrario, nei settori a minor qualificazione (costruzioni, ristoranti fast food) ci sono spesso più di dieci lavoratori candidati per ogni posto disponibile.

Un altro segnale dell’esistenza o meno di un mismatch è la quantità di straordinari nei settori dove non ci sono lavoratori disponibili con le qualifiche adatte: le aziende, per soddisfare la domanda, ovviamente farebbero lavorare di più i dipendenti già in servizio. Anche questo non sta accadendo: con l’eccezione delle professioni legali e delle costruzioni, le ore lavorate nel 2012 rimanevano inferiori a quelle del 2007.

La conclusione del premio Nobel Paul Krugman è questa: This is very much a zombie doctrine — that is, a doctrine that should be dead by now, having been repeatedly refuted by evidence, but just keeps on shambling along”

In Italia, però, si parla molto di questa dottrina-zombie del disallineamento fra competenze dei neolaureati e “richieste” delle aziende, che è sostanzialmente un modo per colpevolizzare i giovani: “Se siete disoccupati è colpa vostra, non avete studiato quello che serviva”.

È vero che ci sono forti differenze tra le discipline: secondo AlmaLaurea, “la quasi totalità dei laureati del gruppo scientifico (89%) risulta occupata a tre anni dalla laurea; decisamente apprezzabili anche gli esiti occupazionali dei laureati di educazione fisica (la quota di occupati è pari al 89%) e ingegneria (84%). Al contrario, percentuali più contenute di occupati si riscontrano soprattutto tra i laureati dei gruppi giuridico e geobiologico (rispettivamente 70 e 68%) e letterario (67%)”. Queste differenze, però, non sono frutto del destino: le professioni più legate a servizi gestiti dallo Stato, come l’insegnamento o la tutela del territorio, soffrono della mancanza di ricambio in questi settori causato da politiche miopi e autodistruttive. È una scelta politica dei governi se non si assumono i geologi (e poi si esibiscono lacrime di coccodrillo quando ci sono le frane). 

Quanto ai laureati in giurisprudenza, l’Italia ha circa 250.000 avvocati contro i 175.000 della Gran Bretagna, seguita da Germania (155.679) e Spagna a 125.208. La Francia ha un numero molto più basso di avvocati: circa 55.000. Questo è chiaramente un settore sovraffollato, anche se le lauree in giurisprudenza danno accesso a una serie di altre professioni nel settore pubblico (dove il turn-over è bloccato) e nel settore privato (le aziende hanno sempre più bisogno di uffici legali robusti per la difesa del marchio).

Nonostante queste differenze settoriali, AlmaLaurea ci conferma che in Italia tutti i laureati godono di vantaggi occupazionali rispetto a tutti i diplomati “sia nell’arco della vita lavorativa sia e ancor più, nelle fasi congiunturali negative come quella che stiamo vivendo”. In altre parole, la crisi accentua le disuguaglianze tra i lavoratori dipendenti: tutti peggiorano la propria condizione in termini di salario e di possibilità di impiego ma alcuni si difendono meglio. I laureati sono in condizioni di vantaggio perché, come spiegava l’economista Lester Thurow già 40 anni fa, quando le imprese devono pagare un “premio salariale” molto piccolo per assumere un laureato al posto di un diplomato scelgono il primo, considerato potenzialmente più in grado di apprendere rapidamente in azienda ciò che serve per rendere al massimo. Il tasso di disoccupazione in Italia per chi ha solo la licenza media è il 15,4%, oltre il doppio di quello dei laureati (7,3%).

Questa situazione dovrebbe ovviamente invogliare i diciannovenni a iscriversi all’università e i ventiduenni a proseguire gli studi verso la laurea magistrale, ma non è così: da un decennio circa le immatricolazioni calano (il tasso di passaggio scuola-università, per l’Italia è meno del 50%, di 11 punti inferiore a quello medio europeo) e diminuiscono anche i passaggi dalla laurea triennale a quella magistrale (il 47% nel 2012). Le ragioni, purtroppo, non sono un mistero: la prima sta nell’immagine pubblica dell’università, con giornali e televisioni che presentano sistematicamente gli atenei come luogo di corruzione, organismi feudali e inutili. Il debole giornalismo italiano  dimostra di non riuscire a distinguere gli episodi di cattiva governance, o addirittura di corruzione, dal funzionamento complessivo di un sistema che sforna circa 300.000 laureati l’anno. L’effetto di questa campagna è diffidenza, disaffezione, rinuncia a proseguire gli studi.

Non si deve però dimenticare un altro fattore decisivo: la carenza di fondi per il diritto allo studio. L’Italia è in fondo alle classifiche europee per il sostegno all’istruzione universitaria e perfino molti degli aventi diritto non riescono a ottenere le magre borse stanziate dalle regioni. In una crisi prolungata il costo degli studi, per gli studenti e per le famiglie, può essere proibitivo, soprattutto se cumulato all’incertezza sugli sbocchi lavorativi. 

Quindi, non diamo la colpa al mismatch se le prospettive occupazionali dei laureati sono difficili: esse dipendono dall’andamento generale dell’economia e dalle scelte dei governi piuttosto che dagli “errori” nell’orientamento scolastico. (2-fine)

Fabrizio Tonello

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