UNIVERSITÀ E SCUOLA

Il G7 University e le nuove prospettive per l’università

In occasione del 43º vertice del G7, avvenuto a Taormina il 26 e il 27 maggio 2017, in diverse città italiane sono stati organizzati eventi ad esso correlati su temi specifici; in tale contesto nei giorni 29 e 30 giugno l’università di Udine ha organizzato e ospitato l’evento “G7 University - Education for all”, promosso dalla Crui (Conferenza dei rettori italiani) con il sostegno del Miur, che il rettore Alberto Felice De Toni ha voluto inquadrare nell’ambito dell’ormai consolidato appuntamento della tarda primavera udinese, chiamato “I Magnifici Incontri”.

All’evento, che ha visto coinvolti tutti i paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), hanno partecipato poco meno di 200 delegati, molti dei quali rettori di università italiane o straniere e altri in rappresentanza di enti di ricerca, organizzazioni scientifiche, consorzi universitari, reti universitarie, organizzazioni istituzionali italiane e internazionali e associazioni di categoria, culturali e formative.

I lavori si sono svolti in maniera molto serrata ed efficace, anche grazie all’idoneità del sito prescelto per l’evento e alla grandissima efficienza della macchina organizzativa. Nella prima giornata, dopo gli interventi istituzionali di apertura, tra i quali quello del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, i lavori di sono articolati in quattro sessioni parallele che hanno sviluppato i seguenti temi:

  1. Cittadinanza globale;
  2. Formazione e sostenibilità;
  3. Università, cultura e società;
  4. Università e sviluppo economico.

Si è trattato di un evento davvero straordinario per l’elevata qualificazione dei delegati e la qualità dei loro interventi. Il metodo di lavoro, basato su poche e semplici regole, ha consentito di avere uno scambio di opinioni aperto e diretto, e ha offerto a tutti i partecipanti la possibilità di intervenire alla discussione e contribuire apportando le proprie esperienze.

Ogni sessione era presieduta da un coordinatore (Chairperson), coadiuvato da due Rapporter ai quali era anche affidato il compito di annotare e sintetizzare gli interventi per la stesura del rapporto conclusivo. I lavori di ciascuna sessione erano organizzati in due tavole rotonde successive, la prima dedicata ad analizzare “Stato dell’arte e necessità di cambiamento”, la seconda a trattare “Sfide future e proposte”. La discussione e l’approfondimento dei temi sono stati grandemente favoriti e facilitati dalla disponibilità di un documento (position paper) predisposto per ogni sessione a cura del rispettivo coordinatore e reso disponibile a tutti i partecipanti con largo anticipo. Nella seconda giornata, in sessione plenaria, sono stati illustrati e discussi i rapporti conclusivi delle singole sessioni. Sulla base di quanto emerso si è quindi proceduto alla stesura del Manifesto di Udine G7 Università (The Udine G7 University Manifesto), che è stato poi letto, discusso, emendato e approvato collegialmente.

In realtà l’espressione Education For All non è una novità, dato che il movimento Education For All (Efa) è nato all’ambito dell’Unesco nel 1990, in occasione di una Conferenza mondiale sulla formazione durante la quale si è riconosciuta la necessità di promuovere in misura concreta l’accesso alla formazione per conseguire una drastica riduzione dell’analfabetismo nel mondo. Il movimento Efa si è perciò sviluppatocon la finalità di fornire formazione primaria di qualità a tutti, bambini, giovani e adulti, nella convinzione che essa costituisca un diritto umano fondamentale e uno strumento essenziale per lo sviluppo umano.

L’evento G7 University - Education for all si è invece sviluppato su presupposti e in un’ottica molto diversi, prima di tutto perché ha riguardato la formazione superiore e non quella primaria, ma anche perché il quadro complessivo in cui oggi ci si muove è quello di un mondo globalizzato, in un contesto molto mutato rispetto a quello del 1990.

Innanzitutto le università, dopo la chiesa, sono la più antica istituzione del mondo occidentale e la loro longevità è in gran parte spiegata dal riconoscimento dell’importante ruolo da esse costantemente svolto nel tempo; infatti le università sono state, e sono tuttora, un punto di riferimento fondamentale per fondare la scienza moderna, per promuovere lo sviluppo intellettuale, per ampliare la conoscenza, per migliorare la qualità della vita e del capitale umano e per guidare i cambiamenti sociali. Forti e consapevoli del ruolo da esse sempre svolto nella società, le università sono ora pronte a giocare una nuova partita ed essere chiamate a perseguire obiettivi di intesse generale ancora più ampi. Il mondo contemporaneo presenta infatti molte nuove sfide e le università sono pronte a coglierle affrontando le principali questioni sul tappeto, quali la sostenibilità, la partecipazione democratica, la mobilità sociale, lo sviluppo economico e la cittadinanza globale. Si tratta dei temi che, dopo una discussione coinvolgente e aperta tra i suoi rappresentanti, il G7 University ha elaborato collettivamente in termini di raccomandazioni, per rafforzare l'efficacia delle università, sia nel ruolo di attore sia in quello di partner, per aumentare la qualità e lo sviluppo della società umana.

Si tratta dunque di lavorare per far crescere la dimensione della formazione superiore, come presupposto per lo sviluppo dei valori fondamentali della democrazia, dell’eguaglianza, della cittadinanza globale e dell'inclusione, alla cui crescita le università contribuiscono anche con la diffusione del metodo scientifico.

Si stima che nei prossimi anni si assisterà a una crescita esponenziale degli studenti universitari, che nel 2030 raggiungeranno i 400 milioni, soprattutto per la loro crescita in Cina e India. Perciò grande attenzione è stata posta alle misure da adottare per contrastare l’ulteriore divaricazione che tale sviluppo, concentrato in alcuni paesi, comporterebbe tra i paesi industrializzati ed emergenti da un lato e quelli più arretrati dall’altro, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero sui flussi migratori, sui conflitti sociali e perfino sulle possibili guerre. Di qui la proposta che le organizzazioni internazionali e i governi nazionali incoraggino, finanzino e sostengano le attività delle università dei paesi più avanzati affinché esse stabiliscano partnership con le istituzioni di formazione superiore nei paesi in via di sviluppo per dare vita a modalità di formazione innovative e personalizzate sulle esigenze specifiche delle università partner, nell'ambito delle iniziative di cooperazione internazionale.

La proposta aprirebbe pertanto nuovi orizzonti e comporterebbe nuovi impegni per l’università; una nuova missione e una nuova forma di public engagement per far crescere la formazione superiore anche nei paesi che mostrano le maggiori debolezze e le maggiori difficoltà.

Andrea Stella

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