CULTURA

Il giovane Casorati, sognatore visionario

Le volumetrie nitide, pulite e sobrie; assoluta limpidezza plastica e rigorosa armonia di forme e spazi. Perfetta, al limite dell’inquietudine, l’opera di Felice Casorati, dopo il primo dopoguerra. Un maestro del realismo magico, del recupero del classico. Dispensava sapere tecnico e compositivo nella propria scuola, teneva le distanze da una certa pittura frivola; di Boccioni non parlava mai (ma nemmeno Boccioni di lui), anche se, quasi coetaneo, come lui viveva e dipingeva a Padova: “Due vite parallele a Padova, presto diversificate a velocità diverse”, osserva Sergio Marinelli nel saggio incluso nel catalogo della mostra padovana “Il giovane Casorati” (ai Musei civici agli Eremitani fino al 10 gennaio 2016). Una figura ieratica e solitaria, silenziosa ed ermetica.

Eppure, c’era un tempo in cui Felice, neolaureato in giurisprudenza, dipingeva stelle a migliaia in cieli enormi e magici, a sovrastare barche e persone, minuscole di fronte all’immenso e fatato. C’era un tempo in cui scriveva all’amica Tersilia: “Sono diventato un visionario, un sognatore e non dipingo più che le immagini che vedo nei sogni: le notti stellate, gli esseri invisibili, gli spiriti puri, le allucinazioni… Tutto voglio purché non sia di questa vita meschina, goffa, puerile. Tutto, purché sia fuori dalle cose vere, dalla natura materiale… ma sia soltanto soffio, sorriso, luce, tenebra”. La “dolce amica” Tersilia Guadagnini, più grande di lui e conosciuta a Roma, confidente con cui intrattenne un intenso rapporto epistolare; nel 1907 con tenerezza la dipingeva di arancio e colori caldi, le guance rosse e gli occhi brillanti, i capelli pettinati all’insù, “Lei di tutti i giorni, vestita di rosa… - le scarpette basse come pantofole. E lei sorride spesso dimentica delle lagrime di ieri”, le scriveva da Napoli.

Felice Casorati Ritratto di Tersilla Guadagnini Villata, 1907

L’anno prima Casorati si era laureato a Padova; nel tableau dei laureati del 1906 la sua foto ferma un giovanotto baffuto e alla moda, il colletto altissimo e inamidato, i capelli folti pettinati all’indietro; il papiro irrideva il Felice “imbrattatele” e inseguitore di “leggiadre sartine”. Abitava a quel tempo a Padova con la sua famiglia, in via Santa Sofia, dove aveva anche ricavato uno studio pieno di cavalletti, olii e pastelli, di tele che aveva cominciato a riempire dopo che il padre gli aveva regalato la prima scatola di colori; nel 1902 aveva iniziato a frequentare le lezioni di Giovanni Vianello, artista di spicco nella Padova dei primi anni del Novecento. Viveva una spensierata vita universitaria con gli amici, Felice, in una città che sperimentava un risveglio artistico, architettonico e urbanistico, che rompeva l’inerzia ottocentesca e che con Casorati nutriva artisticamente anche Umberto Boccioni e Ugo Valeri (riuniti nella mostra del 1904 “I sette peccati”). Un mondo borghese, quello del giovane Casorati, composto di madri e sorelle, “modelle sempre disponibili, quindi predilette, per gli esercizi quotidiani. I disegni raccontano ricerche espressive, di studi di pose, di osservazione prolungata e di abilità istintiva” racconta Anna Maria Chiara Donini nel suo saggio Felice Casorati prima di Casorati. È infatti con il “Ritratto della sorella Elvira” che nel 1907 Casorati venne selezionato per la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia: la donna elegante e impettita, la veletta che a fasciarle il viso, in profilo perfetto, vestita di nero sul nero pece dello sfondo, materia cupa che disegna in rilievo la figura aristocratica secondo un linguaggio classico, in aperta controtendenza con i “moderni” ritratti femminili intrisi di sensualità. È dopo questo quadro che Casorati si convince a “fare il pittore”.

A sinistra: Felice Casorati, Ritratto della madre, 1908; a destra: Felice Casorati, Ritratto di signora (Ritratto della sorella Elvira), 1907

Visita i musei, dove conosce il lavoro degli artisti internazionali, fa esperienza a Napoli, si trasferisce prima a Verona, poi a Torino. Dipinge Le vecchie comari napoletane (1908), raccolta di scialli scuri, mani nodose, mezzi sorrisi e capi reclinati, e Bambine sul prato (1909), bianche sovrimpressioni sul verde cupo delle foglie e dell’erba, la pelle chiara e le guance morbide. Gioca con i colori e le pose, la direzione degli sguardi lungo la tavolata di Persone (1910), buca di azzurro la tela con gli occhi di una de Le due bambine (1912). E poi vengono le stelle, i cieli, il blu, il bianco, la china, l’incanto. E poi la guerra. E il “giovane Casorati” diventa Casorati.

Chiara Mezzalira

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