SCIENZA E RICERCA

La grande corsa per andare oltre LHC

Bruno Touschek, il padre della “via italiana alle alte energie”, non amava la “teppaglia adronica”, i neutroni e i protoni che sono particelle composte da quark e quando sbattono con gran violenza gli uni contro gli altri, diceva, producono un mare di detriti in cui è difficile trovare la rara gemma che cerchi. Meglio, molto meglio, per fare buona fisica delle particelle far collidere gli uni contro gli altri gli “eleganti leptoni”, gli elettroni e i loro partner speculari di antimateria, i positroni, che essendo particelle elementari lasciano dietro di loro poche ma chiarissime tracce.

La filosofia del padre di AdA, l’Anello di Accumulazione realizzato a Frascati all’inizio degli anni Sessanta, è più che mai attuale. E la vogliono riprendere in Cina per costruire il successore di LHC, il Large Hadron Collider che, grazie alla “teppaglia adronica” ha scoperto al CERN di Ginevra nel 2012 il “bosone di Higgs”, la particella a lungo cercata che ha completato il quadro del Modello Standard delle Alte Energie. 

Ma il Modello Standard dice molto sulla fisica delle alte energie, ma non dice tutto. Ci sono molti conti che non tornano. Non prevede che i neutrini abbiano massa, che invece per quanto piccola una massa ce l’hanno. Non dice nulla sulla “materia oscura”, che costituisce la gran parte della massa dell’universo ma la cui natura è ignota, ma certamente costituita da particelle che non rientrano nel Modello Standard. Ecco perché i fisici stanno cercando il “successore di LHC”. In realtà non è questo l’unico motivo. Per esempio si vuole sapere di più proprio sul “bosone di Higgs”. Ma insomma, come testimonia chi ha partecipato, lo scorso agosto, alla International Conference on High Energy Physics (ICHEP) di Chicago, è partita la corsa a costruire l’acceleratore che dovrà andare oltre le performance attuali e future del Large Hadron Collider. Impresa non semplice, perché si tratta di battere la macchina più potente mai costruita dall’uomo.

In campo, per tentare l’impresa, c’è la Cina. A dimostrazione che il gigante asiatico sta puntando sempre più a raggiungere e magari a superare i migliori al mondo non solo nel campo dello sviluppo tecnologico e della scienza applicata, ma anche nel campo della scienza di base. A guidarla, l’impresa, è Wang Yifang, il direttore dell’Istituto di Fisica delle Alte Energie di Pechino che sta puntando a realizzare in Cina un acceleratore che segua l’intuizione di Bruno Touschek e faccia sbattere gli uni contro gli altri gli eleganti leptoni. 

L’acceleratore e-p (elettroni-positroni) cinese dovrebbe vedere la luce nel 2028 con una circonferenza di 50 o100 chilometri e un’energia compresa tra 0,24 e o,35 TeV (un TeV è mille miliardi di elettronvolt). Tuttavia Wang Yifang non rinuncia certo né alla collaborazione internazionale né alla “teppaglia adronica”. Così intende utilizzare il medesimo tunnel per accelerare, entro il 2030, anche protoni e raggiungere energie compresa tra 70-100 TeV (nel caso di un tunnel da 50 km) o addirittura 100-140 TeV (nel caso di un tunnel da 100 km). Questa energia, per intenderci, sarebbe all’incirca dieci volte superiore a quella che raggiungerà LHC al massimo della sua potenza.  

Ma la Cina non è l’unica in corsa. C’è anche il Giappone deciso ad andare oltre l’acceleratore del CERN per studiare in maniera più raffinata il bosone di Higgs e altre particelle. I nipponici stanno cercando di organizzare una collaborazione internazionale per costruire non un acceleratore a ciambella come il prototipo AdA, ma un acceleratore lineare lungo 31 chilometri. La macchina dovrebbe essere pronta per il 2030. Ma prima dovrà superare le perplessità della commissione del MEXT, il mMinistero dell’educazione, cultura, sport, scienza e tecnologia che ritiene troppo rischioso investire molto soldi per ottenere risultati accessibili nel prossimo futuro anche a LHC. Meglio aspettare la fine del ciclo di lavoro della macchina europea, prima di decidere. Ma LHC terminerà il suo ciclo di vita dopo il 2030. 

Dunque il progetto giapponese potrebbe entrare in una lunga fase di stand-by e forse non vedere mai la luce, anche perché lì a Ginevra non intendono restare con le mani in mano. Anzi, in campo ci sono due progetti. Il primo prevede la costruzione di un nuovo acceleratore di protoni, ma con una circonferenza non di 27 chilometri, qual è quella di LHC, ma di 100 chilometri. Un’impresa che dovrebbe concludersi tra il 2035 e il 2040, ma che sembra avere un serio limite nei costi. Ecco perché Fabiola Gianotti, l’italiana che dal primo gennaio di quest’anno dirige il CERN, ha messo in campo un’altra proposta: smantelliamo LHC, utilizziamo lo stesso tunnel da 27 chilometri ma costruiamo un acceleratore con magneti superconduttori molto più potenti di quelli in forze a LHC, in grado di raggiungere un’energia di “soli” 20 TeV, ma che assicurerebbe la possibilità di esplorare una zona del mondo microscopico e di trovare “nuova fisica” al costo di appena 5 miliardi di euro, che può essere coperto con il budget ordinario del CERN. 

Non sappiamo dove sarà costruito il “successore di LHC”: in Cina, in Giappone o in Europa? In realtà non sappiamo neppure se sarà costruito. Ma un fatto è certo. La macchina, qualora venisse realizzata, non sarà ospitata dagli Stati Uniti d’America. In fatto di fisica delle alte energie il paese leader al mondo nella ricerca scientifica è come se si fosse tirato indietro. Partecipa sì, ma alle imprese altrui.

La corsa al “successore di LHC” riflette la nuova geografia della ricerca, che ha visto la recente crescita spettacolare dell’Asia. E vede gli Stati Uniti in una posizione che sembra difensiva.   

Non è proprio così, riporta Elizabeth Gibney su Nature. Al Fermi National Accelerator Laboratory di Batavia, in Illinois, puntano a diventare leader al mondo nel campo della fisica dei neutrini. Ma anche in questo caso dovranno affrontare la concorrenza agguerritissima di Giappone e Cina, oltre che, per una volta, anche dell’Italia che, nel più grande laboratorio sotterraneo del mondo, sotto il Gran Sasso, fa da tempo “fisica del neutrino” tra le più raffinate al mondo.     

Pietro Greco

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