UNIVERSITÀ E SCUOLA

L’Italia invecchia senza studiare

Siamo vecchi, vecchi, vecchi. L’Eurostat ha recentemente pubblicato la nuova edizione del rapporto Being young in Europe today, un insieme di ricerche e statistiche suddivise in sette diverse macro aree (popolazione, famiglia e società, salute, istruzione, accesso e partecipazione al mercato del lavoro, condizioni di vita, mondo digitale), con l’obiettivo di fotografare l’attuale condizione dei giovani europei. Dai dati 2013 emerge che l’Italia è il Paese con la minor quota di bambini e giovani sul totale della popolazione. L’età media del paese è 44,4 anni rispetto ai 41,9 della media europea. A occupare una posizione più bassa in classifica soltanto la Germania, con 45,3 anni (che non a caso invita i profughi, giovani e scolarizzati, a installarsi lì). Gli italiani sono quartultimi in Europa anche per l’età in cui lasciano la casa dei genitori: quasi a 30 anni rispetto ai 26,1 della media europea, mentre i giovani scandinavi raggiungono l’autonomia già poco più che ventenni.  Sempre nel 2013, il tasso di occupazione europeo di persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni era attestato al 46%, che diventava il 71% considerando i contratti di lavoro offerti esclusivamente ai laureati, rispetto al 26% di chi fosse in possesso di titoli di studio inferiori. L’Italia, penultima in classifica, registrava un tasso al di sotto del 20%. Problematica contrapposta è la disoccupazione di lunga data superiore a un anno, che colpisce duramente la coesione sociale e ostacola la crescita economica. La Grecia spicca con il 30% dei giovani disoccupati, seguita da Croazia (25%) e Spagna (22%).  Continua a essere molto diffuso il fenomeno dei NEETs (Not engaged in Education, Employment or Training), che raggruppa in sé tutte le persone non impegnate in attività di studio, lavoro o formazione e che vede in Italia, Bulgaria e Grecia i paesi con le percentuali più elevate, tutte superiori al 20%. Stando alla strategia decennale Europa 2020 e agli obiettivi individuati dalla commissione europea per rilanciare l’economia dell’Unione attraverso il potenziamento di occupazione, istruzione e integrazione sociale nei singoli Paesi, il percorso di adeguamento dell’Italia appare ancora estremamente lungo e complesso. 

Purtroppo, sono ancora molti i giovani che lasciano il sistema scolastico senza le competenze necessarie per un’integrazione positiva nel mercato del lavoro. L’abbandono scolastico prematuro riguarda tutti quei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni che, in possesso del solo diploma di istruzione secondaria di primo grado, scelgono di non continuare alcun percorso formativo. Obiettivo dell’Europa è quello di portare al di sotto del 10%, entro il 2020, il numero di giovani che lascino prematuramente l’istruzione. Già nel 2013, 11 Stati membri avevano raggiunto o superato questa direttiva, con gli abbandoni scolastici che hanno interessato all’incirca il 12% dei giovani rispetto al 15% del 2008, registrando tassi inferiori al 6% in paesi come Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca e Polonia, e raggiungendo invece percentuali più elevate in Spagna (24%), Malta (21%) e Portogallo (19%). Al contrario, le linee guida europee per il 2020 prevedono che almeno il 40% della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni avrà completato un ciclo d’istruzione terziaria conseguendo un diploma di laurea triennale o magistrale, traguardo che, sempre nel 2013, è stato raggiunto dal 41% delle donne e il 31% degli uomini. Un ruolo chiave nella promozione del dialogo interculturale in Europa è affidato alla capacità di apprendere e parlare lingue straniere, in grado di agevolare gli spostamenti dei giovani tra i vari paesi dell’Unione e aumentare le loro possibilità occupazionali al di fuori del proprio stato d’origine. A questo proposito, nel novembre 2011 il Consiglio europeo ha presentato un nuovo piano sulla mobilità degli studenti, ipotizzando che entro il 2020 almeno il 20% dei diplomati alle scuole superiori dovrebbe aver trascorso un  periodo di studio o formazione all’estero, della durata minima di tre mesi. Nel 2012 i più alti tassi di mobilità studentesca si sono registrati in Lussemburgo (72%) e a Cipro (52%), seguiti da Slovacchia (14%), Irlanda (13%) e Malta (11%). Decisamente più basse le percentuali provenienti dal Regno Unito (1%), Spagna (2%) e Italia (3%). Nella maggior parte dei paesi si sono registrati alcuni miglioramenti negli ultimi cinque anni grazie alla valorizzazione del programma Erasmus, che garantisce agli studenti un periodo di permanenza all’estero riconosciuto dalla propria università una volta rientrati. Ciononostante, solo 250.000 ragazzi vi hanno partecipato tra il 2012 e il 2013, meno dell'1% di tutti gli studenti europei iscritti all’università.

Gioia Baggio

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012