SOCIETÀ
Se una mandorla fa siccità
"Prega per l'acqua", così recita un cartello appeso durante una fiera agricola in California. Foto: Reuters/David McNew
Mai la mandorla è stata oggetto di tante polemiche come nelle ultime settimane in California. Il Golden State è ormai da quattro anni nella morsa di una siccità micidiale e quindi tutti, dai politici locali ai media nazionali, sono alla disperata ricerca di un qualche capro espiatorio. E l’apparentemente innocua, inconsapevole mandorla, che, ricca di nutrienti, fa tanto bene alla salute degli essere umani, si è trovata improvvisamente nell’occhio del ciclone. Pare infatti che coltivare una sola mandorla costi alla California un gallone d’acqua (circa quattro litri) e che oggi la produzione totale di mandorle californiane, che costituiscono l’80% di quelle in circolazione per il Pianeta, necessiti di più acqua di quella assorbita dall’intera città di Los Angeles, ovvero circa il 10% della fornitura annua complessiva disponibile a questo Stato. Una crisi destinata a intensificarsi ancora se si pensa che il consumo di mandorle è in aumento vertiginoso, proprio perché le loro proprietà nutritive sono sempre più apprezzate dai salutisti di mezzo mondo. Solo negli Stati Uniti, questo è salito del 225% dal 2005 a oggi.
Tra gli altri colpevoli vi sono naturalmente le mucche, o, per la precisione, la coltivazione di alfa-alfa e altri foraggi destinati a dar loro da mangiare e che richiedono di ancor più acqua delle mandorle. Questo per dire che, nonostante a inizio aprile il governatore Jerry Brown abbia imposto a tutte le famiglie e imprese californiane di ridurre il proprio consumo d’acqua del 25%, e nonostante non ci sia dubbio che gli sprechi individuali permangono - in particolare nelle aree desertiche dell’interno dello Stato dove ogni casa vanta il proprio giardinetto tosato di fresco e ogni località il proprio campo da golf perfettamente irrigato - è in realtà l’agricoltura, per ora esclusa dal provvedimento d’emergenza, a rappresentare il problema più grosso oggi, giacché essa risucchia l’80% delle risorse acquifere statali.
Brown - il quale ha dichiarato: “Siamo in una nuova era. L’idea del vostro piccolo giardinetto di erba verde che viene annaffiato tutti i giorni è cosa del passato” – ha annunciato anche una serie di iniziative per convertire alcune delle aree urbane che oggi necessitano di essere irrigate, ad esempio le aiuole, in ambienti dal design più adatto a uno stato di siccità permanente, e per motivare i residenti dello stato a sostituire i propri elettrodomestici con nuovi modelli più efficienti e che usano meno acqua. Secondo gli esperti, questa seconda parte dell’annuncio di Brown, e non l’obbligo di ridurre i consumi di acqua del 25%, è in realtà la più importante, anche se la meno pubblicizzata dai media. “Vi sono in essa varie proposte che possono davvero aiutarci non solo a rispondere a questa siccità, ma anche a metterci in una posizione migliore per affrontare la prossima”, ha dichiarato al New YorkerHeather Cooley, che dirige il programma sull’acqua del Pacific Institute, un think tank ambientalista a Oakland nella California settentrionale.
Per quanto riguarda l’agricoltura, non è facile determinare cosa sia meglio tagliare. Giacché le mandorle hanno di questi tempi un enorme valore economico, e quindi il ritorno finanziario su quel gallone d’acqua utilizzato per produrne anche solo una è particolarmente elevato, non è necessariamente saggio, o possibile, proibirne la coltivazione da parte degli agricoltori californiani. Più sensato cercare di limitare la coltivazione di foraggi, che è però il frutto di una lunga tradizione lattiero-casearia, tra l’altro di impronta biologica, in California. Un settore questo sempre più a rischio, assieme ai relativi posti di lavoro, proprio per via della siccità. Pare che per produrre 450 grammi di burro ci vogliano oltre 2.000 galloni d’acqua.
Alla fine dei conti, gli esperti concordano che la cosa più importante, e naturalmente più difficile, da fare in futuro è rivedere le complesse e antiquate norme che regolano il consumo d’acqua in California - eredità dell’ormai lontano Far West - le quali colpiscono città e campagna in maniera differente e discriminano anche tra fattoria e fattoria a seconda delle circostanze. Se gli agricoltori, in generale, godono infatti di una corsia preferenziale rispetto a tutti gli altri residenti, essi possono però contare su diversi gradi di precedenza a seconda di che diritti legali essi hanno acquisito nel tempo, un sistema organizzato su base strettamente cronologica e che avvantaggia innanzitutto i discendenti odierni dei primi pionieri che hanno colonizzato questa regione. I più fortunati possono quindi accedere all’acqua, anche in un periodo di siccità come questo, sempre allo stesso costo calmierato, quello in cui lo Stato incorre per distribuirla, se non addirittura gratuitamente quando la possono estrarre da pozzi scavati nei propri terreni, attività che in California non è per nulla regolata.
In sostanza, non esiste, ma bisognerebbe sviluppare, un mercato dell’acqua più trasparente, che aiuti a gestirla come quella risorsa scarsa e preziosa che è nei fatti. Lasciare ad esempio che il suo prezzo vari a seconda della domanda e dell’offerta effettiva può aiutare a incentivare i privati a risparmiare in tempo di siccità e gli agricoltori a spostarsi volontariamente e gradualmente verso quelle coltivazioni che necessitano di minor irrigazione. Una mossa di questo genere, naturalmente, dovrebbe però simultaneamente tenere conto del fatto che, come in ogni meccanismo strettamente di mercato, i residenti più poveri sarebbero anche i primi a essere colpiti negativamente.
Che la si guardi in un modo o nell’altro, che il colpevole siano le mandorle, le mucche o i giardinetti fioriti, e indipendentemente dalle misure che si possono adottare per tamponarla, l’emergenza acqua in California solleva un dubbio in particolare: può questo Stato - che vanta la settima economia più grande al mondo, una popolazione, più che raddoppiata dagli anni Sessanta, che oggi conta quasi 40 milioni di persone, e due delle aree metropolitane, Los Angeles e San Francisco, più importanti al mondo per quanto riguarda settori come la tecnologia, lo spettacolo e la cultura - continuare a crescere come ha fatto negli ultimi decenni? La risposta non è necessariamente un no tassativo. Ma un ripensamento e un aggiustamento del corso intrapreso in passato è senz’altro necessario ed estremamente urgente. “Il nostro destino non è di essere semplicemente una terra di fantasia – ha dichiarato al New York TimesKevin Starr, professore di Storia presso la University of Southern California – Per quanto amiamo la bella vita in California, a un certo punto dobbiamo fare i conti con Madre Natura, con il nostro ambiente arido”.
Valentina Pasquali