SCIENZA E RICERCA

Mercato ittico: i nostri mari soffrono

All’inizio dello scorso giugno la Commissione europea ha pubblicato il report annuale sullo stato della pesca nei mari dell’Unione europea; il report ha lo scopo di analizzare lo stato degli stock ittici delle nostre acque (ovvero gli stock soggetti a pesca commerciale) e di conseguenza definire le quote e opportunità di pesca per l’anno successivo. Ci sono buone e cattive notizie. Partiamo dalle buone: come si legge nel comunicato stampa che ha preceduto l’uscita del rapporto UE nel Mare del Nord, in quello Baltico e nella parte nordest dell’oceano Atlantico più del 50% del pescato commerciale è ad un livello sostenibile. Dato particolarmente significativo se si pensa che nel 2009 la percentuale degli stock ittici definiti “sostenibili” era solo del 14%. Le brutte notizie ci riguardano invece da molto vicino. In confronto alla promettente situazione della pesca nelle zone del nord Europa quella del Mediterraneo viene definita tetra: il 93% degli stock non è pescato in maniera sostenibile. Le legislazioni europee e dei vari paesi membri seguono una politica di pesca comune (PCP) con l’obiettivo condiviso di far mantenere il cosiddetto “rendimento massimo sostenibile” (o MSY: maximum sustainable yield) per ognuno degli stock ittici sfruttati dalle proprie economie. Di cosa si tratta? Gli stock ittici non sono una risorsa illimitata ed è quindi necessario gestirla in maniera responsabile e sulla base di dati scientifici per quanto possibile certi. La situazione degli ultimi anni, e le due tendenze inverse, è molto chiara in questo istogramma che mostra il numero di stock pescati secondo il massimo livello sostenibile.

Nella parte di sinistra (A) è riassunta la situazione della parte nordest dell’oceano Atlantico e delle acque adiacenti: dal 2011 ad oggi gli stock pescati in maniera responsabile sono aumentati significativamente. Nella parte di destra (B) viene invece mostrata la situazione del Mediterraneo e del mar Nero. I dati sono stati raccolti dall’Unione europea e pubblicati in un rapporto statistico annuale (questo quello del 2014, da cui sono stati ricavati i dati per l’istogramma) sulla situazione della pesca e delle politiche che la riguardano. Nel 2002, in occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile gli stati membri dell’Unione Europea si sono impegnati ad assicurare entro il 2020 una gestione della pesca sulla base del MSY. Ogni stock ittico dovrebbe quindi in linea di massima essere pescato in modo da garantire anno dopo anno che non ne venga danneggiata la capacità di riprodursi e quindi aumentare in numero. L’obiettivo è quello di mantenere un livello di pesca sostenibile e adatto alla situazione contingente di un particolare anno e non più semplicemente pretendere di mantenere uno stock ittico sempre delle stesse dimensioni. Queste infatti possono cambiare anche per fattori diversi dalla pesca commerciale a cui è sottoposto ed è per questo quindi che è necessario ridefinirne ogni anno il livello di cattura sostenibile (detto anche TAC, ovvero Total allowable catches). 

A livello mondiale l’Unione europea è al quinto posto come pesca e acquicoltura di prodotti ittici; nonostante un lieve calo rispetto al 2009 si tratta comunque di uno dei mercati più grandi. Come è facile immaginare non tutti i paesi dell’Unione hanno un ruolo equivalente. Spagna, Danimarca e Regno Unito guidano la produzione ittica dell’Europa coprendo quasi la metà del pescato totale; l’Italia si assesta intorno al 4% circa (dati del 2011), rimanendo comunque tra i primi dieci Paesi produttori.

E per quanto riguarda il consumo? I dati di quanto pesce viene mangiato riflettono quelli della produzione? Sempre secondo il rapporto dell’UE ogni persona consuma annualmente 18,9 chilogrammi di pesce (media sulla popolazione mondiale). Se poi però si guarda al dettaglio dell’Unione europea si passa dai 56,7 chilogrammi in Portogallo, ai 25,9 in Italia ai 5,3 in Ungheria. Tra i pesci maggiormente consumati troviamo tonno, salmone, aringa, merluzzo e sardine. 

Di tutte le specie marine dei mari europei ben il 7,5 % é considerato minacciato di estinzione; oltre allo squalo, nella lista delle specie a rischio sono entrate specie anche più “ commerciali” come rombo e salmone. Questo è quanto si può capire leggendo la preoccupante Lista rossa delle specie a rischio di estinzione redatta annualmente dall’ Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). 

Chiara Forin

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012