SCIENZA E RICERCA

5G e sicurezza: le scelte consapevoli della politica

Mai come in questo momento la politica dev’essere consigliata, aiutata, informata dalla scienza e forse, mai come in questo periodo, lo sta facendo. Certo, destano inevitabili dubbi di interpretazione alcune decisioni ma l’equilibrio tra scienza e politica si basa anche su questo, cioè sulle libere ed informate scelte della politica. 

La pandemia in atto ci ha fatto scoprire però quanto è importante avere un gruppo di scienziati a disposizione dei governanti. In Italia ora abbiamo un Comitato tecnico-scietifico che analizza a fondo l’andamento della pandemia nel nostro territorio. Oltre al Comitato nei mesi scorsi sono nate diverse task-force, cioè gruppi di esperti chiamati da un Ministro, o sottosegretario che sia, a dare opinioni sui temi più svariati, dalla salute alle fake news. Questa ricerca degli scienziati ha fatto capire come sia importante la voce scientifica anche all’interno del parlamento. Diverse istituzioni europee però questa voce ce l’hanno, ed è istituzionalizzata e permanente. Tra queste c’è il POST britannico, cioè il  Parliamentary Office of Science and Technology.

Proprio Lorna Christie, consulente del POST, ha partecipato ad un incontro al Festival della scienza di Genova per raccontare qual è il loro lavoro e come la politica si interfacci con questo comitato di esperti. Nel suo lungo racconto è emersa anche una similitudine che riguarda un po’ tutta la politica mondiale. Alla domanda su “come i politici recepiscono le direttive date dalla scienza” Lorna Christie ha risposto che “è molto difficile capirlo, non ci sono feedback su come la politica segua le linee guida”.

Naturalmente la libertà decisionale è sacra ma molto importante è proprio avere un ponte tra scienza e politica come quello del POST.

“Ma perché la gran parte delle assise legislative dei paesi democratici hanno scelto di dotarsi di simili comitati di esperti in scienza e tecnologia?” si chiedeva Pietro Greco, caporedattore de Il Bo Live qualche tempo fa. Le risposte a questa domanda sono state cercate anche al Festival di Genova. “I motivi sono essenzialmente due - continuava Pietro Greco -: il lavoro dei parlamenti è cambiato, e oggi hanno bisogno di costante consulenza scientifica; questa consulenza deve essere alta, ovvero del massimo livello possibile”.

Proprio Pietro Greco è tra i coordinatori nazionali di un’iniziativa che vuole portare anche in Italia la scienza nel Parlamento, cioè cercare un modo per “istituzionalizzare” la scienza, cercare di informare costantemente la politica sui temi scientifici. E proprio Scienza in Parlamento è stato il gruppo che ha voluto raccontare al Festival di Genova l’esperienza britannica attraverso la voce di Lorna Christie.


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L'incontro di Genova è stato proposto proprio per affrontare uno dei temi cruciali di questi anni dal punto scientifico. Stiamo parlando del 5G, che è stato analizzato con il taglio della consulenza scientifica parlamentare (science advice), partendo dall’esperienza di altri Paesi. Il Parliamentary Office of Science and Technology britannico (POST) infatti, sul 5G ha pubblicato un research briefing che è stato presentato e commentato durante il dibattito.

Per quanto riguarda l’Italia il Parlamento nel 2018 ha avviato un’indagine conoscitiva portata avanti dalla Commissione Trasporti che è durata circa un anno ed ha prodotto come risultato finale un documento di 90 pagine approvato infine nel luglio 2020. 12 mesi di audizioni, con 26 sedute che hanno affrontato il tema del 5G e dei Big data con 50 diversi esperti provenienti da diverse realtà, sia accademiche che anche associative come Legambiente, Associazione Medici per l’Ambiente e l’Istituto Ramazzini.

Il documento si concentra in particolar modo sulle strategie di mercato, con il racconto di come gli operatori telefonici stanno preparando l’avvento del 5G che sarà composto di due parti principali: l’installazione di nuove antenne che serviranno a sfruttare le nuove frequenze, e la costruzione della rete in fibra ottica che dovrà connettere tutte le celle a cui noi ci connetteremo con i nostri dispositivi. La rete 5G infatti, dovrebbe permettere la connessione di oltre un milione di dispositivi per km quadrato.

C’è poi un focus importante che riguarda il rischio per la salute dei cittadini ed il tema della sicurezza della rete. Come dichiarato durante l’incontro da Alessandro Armando,  professore ordinario in Sistemi di Elaborazione delle Informazioni presso l'Università di Genova, il 5G pone sfide del tutto nuove per la sicurezza. ”L’infrastruttura è molto complessa  - ha dichiarato il professore - ed è importante prestare attenzione alla filiera dell’approvvigionamento, cioè capire di chi sono gli apparati e di chi saranno i software. Saranno un milione i dispositivi per km quadrato che potranno connettersi e questi scambieranno una grossissima mole di dati. Le stesse infrastrutture fisiche che dovranno gestire questi dati avranno a disposizione informazioni anche di fazioni diverse. E’ inevitabile quindi che potranno esserci delle vulnerabilità ed è questo che bisogna conoscere ed affrontare. Non ci sarà un solo fornitore e data la complessità la sicurezza al 100% non si potrà avere”. 

Il discorso razionale di Alessandro Armando pone quindi l’attenzione sulla gestione poi sia delle infrastrutture fisiche che dei software. Queste questioni però, com’è uscito anche dall’incontro al Festival della scienza di Genova, sono prettamente tecniche e di difficile comprensione per un pubblico generalista. Sono proprio i cittadini però che dovrebbero essere informati di più e meglio su cambiamenti che impatteranno inevitabilmente nelle loro vite. Manca quindi quel fattore di mediazione culturale tra i tecnici, la scienza ed il grande pubblico. Come dichiarato da Luca Carra, direttore di Scienza in rete: “Servono dei professionisti che abbiano un piede nella politica ed uno nella scienza. Ciò che manca è la parte di mediazione con i parlamentari. La grande sfida quindi è mappare le differenti visioni, non solo nel dialogo tra scienza e società ma anche all’interno della comunità scientifica stessa. Credo possa essere molto utile farlo proprio per evitare che tutto si trasformi in una bagarre”.

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