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Calcio: nel 2019 l'Italia è tutta rosa

Mondiali di calcio: oggi 25 giugno (ore 18 su RaiUno) l'Italia si gioca l'accesso ai quarti di finale contro la Cina.
"Ma come, i Mondiali ci sono solo negli anni pari, e siamo nel 2019" si stupirà qualche malinformato al bar sport.
Vero ma non preciso: i mondiali di calcio maschili si svolgono ogni quattro anni, negli anni pari, ma il 2019 è l'anno dei mondiali di calcio femminile che si disputano in Francia. Ora, visto il successo delle azzurre con tanto di 5-0 rifilato alla Giamaica, quasi tutti lo sanno, ma all'inizio la questione veniva ricordata solo alla fine di qualche sparuto tg.

Gli ottavi di finale sono un bel successo, visto che l'obiettivo dichiarato della squadra azzurra era quello di superare la fase eliminatoria: ce l'hanno fatta, e sono arrivate prime. Vedremo come andranno avanti, ma l'iniezione di fiducia e gli ascolti record (più di tre milioni di spettatori) sono senza dubbio un segnale positivo, molto importante per una squadra che vanta solo poche giocatrici abituate alle gare internazionali e che hanno cominciato ad allenarsi sei giorni a settimana solo quando hanno compiuto vent'anni.
Per le donne che giocano a calcio in Italia, infatti, un piano B è obbligatorio: Barbara Bonansea, per esempio, deve conciliare gli allenamenti con lo studio dell'economia, anche se con la sua Juventus ha vinto sia il campionato che la Coppa Italia e anche se ha permesso all'Italia di proseguire il suo viaggio mondiale con una doppietta contro l'Australia, che ha fruttato 3.093.000 spettatori su Rai 2.

Del resto è prevedibile, se si pensa che il budget per la nazionale femminile è di 4,2 milioni di euro, mentre quello destinato alla squadra maschile è di 28 milioni di euro (che non hanno comunque permesso la qualificazione agli ultimi mondiali in Russia solo sette mesi prima che la nazionale femminile si qualificasse per questi Mondiali di Francia 2019).

Ma il calcio femminile non è bistrattato solo in Italia ma anche in altri paesi, come per esempio il Brasile: il suo bomber, Marta Vieira da Silva (17 gol in cinque edizioni dei Mondiali, più di Miroslav Klose che detiene il record, per fare un esempio) dopo che la squadra è stata eliminata dalle padrone di casa si è avvicinata alle telecamere per portare il suo messaggio: "Abbiamo bisogno di essere valorizzate: il calcio femminile dipende da voi affinché possa sopravvivere. Non ci sarà una Marta per sempre, voglio che sia dato più valore alle cose."

Nonostante, numeri alla mano, Marta sia la miglior marcatrice di sempre, il suo stipendio è di soli 340 mila euro a stagione. La calciatrice più pagata è invece Ada Hegerberg, norvegese, che prende 400.000 euro a stagione e che quest'anno ha deciso di non partecipare ai Mondiali per protestare contro il gender pay gap, le differenze di stipendio, a parità di mansioni, tra uomini e donne.
Senza paragonare queste ragazze a Cristiano Ronaldo (31 milioni di euro a stagione), il connazionale di Marta Gerson Santos da Silva alla Fiorentina ha guadagnato più di un milione di euro nell'ultima stagione, per 3 gol segnati (Marta invece è stata cinque volte Pallone d'oro, anzi Fifa Women’s World Player of the Year perché solo nel 2018 è stato istituito un pallone d'oro "ufficiale" femminile, vinto da Hegeberg).
Non se la passano meglio nemmeno le americane: pur essendo al primo posto nel ranking Fifa/Coca-Cola, hanno fatto causa alla U.S Soccer per la disparità di stipendio rispetto ai colleghi maschi, che tra l'altro non se la cavano altrettanto bene a livello sportivo.

E senza parlare degli stipendi, il montepremi di questo mondiale femminile è di 30 milioni di dollari: sembrerebbe anche una bella cifra, peccato che per i Mondiali del Qatar del 2022 la Fifa di milioni ne ha stanziati 440. Certo, nessuno pretende che le cifre siano le stesse del calcio maschile, indubbiamente più seguito. Le femministe protestano a ragione per la mancanza di proporzionalità (nessuna ha preteso lo stipendio di Cristiano Ronaldo per Marta, per la cronaca), ma i portatori di cromosoma Y potrebbero liquidarle dicendo che hanno la soglia del fastidio molto bassa. Ciò che è incontrovertibile, invece, è quello che lamenta la maggior parte delle donne, più o meno appassionate di calcio, cioè è il pregiudizio che serpeggia prima e dopo ogni fischio, e non solo da parte degli uomini, anzi: ciò che finora ha destato più polemiche è stata l'affermazione di Mona Eltahawy, opinionista del New York Times, che ha rimproverato le giocatrici americane di aver letteralmente asfaltato le rivali tailandesi, esultando a ogni gol come avrebbe fatto un uomo.

"The Americans won 13-0 and celebrated every goal as if it were the first goal scored in the history of humanity. No one expected Thailand to defeat the world champions, but the way the American team celebrated the humiliation of a team with even less pay and resources was a master class in what we have come to call liberal feminism: if the men can humiliate opponents, then so can we!"

 

The Americans won 13-0 and celebrated every goal as if it were the first goal scored in the history of humanity Mona Eltahawy

Il problema non è tanto lamentarsi dell'umiliazione impartita: ogni tanto, anche se forse meno spesso, voci di questo genere si levano in qualsiasi sport anche nel settore maschile, quasi che l'obiettivo non sia l'eccellenza sportiva, ma piuttosto il "vincere, ma non troppo". Il fatto è che Eltahawy stessa la trasforma in una polemica sessista: gli uomini umiliano, le donne no.
Ci mancherebbe, le donne devono essere gentili. E usare la crema idratante in spogliatoio dopo la doccia (magari da qualche parte è rimasta quella sponsorizzata tempo fa dai giocatori del Milan). E, dopo la partita, che non si sognino di andarsi a bere una birra in compagnia, che a casa c'è la cena da preparare e i bambini da mettere a letto.

Certo, Eltahawy non ha detto questo, ma molti si sentiranno giustificati dalle sue parole quando formuleranno questi pensieri. Di contro c'è invece la tendenza, anche maschile, a esaltare la grazia e la classe delle calciatrici, come se più che una partita di calcio fosse una gara di ginnastica ritmica.
Per gli amici di questi individui politicamente troppo corretti, è sconsigliabile dichiarare di non provare interesse per il calcio femminile: si rischia di essere fustigati sul posto. Va da sé, lo stesso trattamento non sarebbe riservato a una donna che ammette candidamente di non interessarsi alla ginnastica artistica maschile: si sa, quello è uno sport da donne! In questo ambiente ipocritamente woman-friendly l'ergastolo andrebbe invece riservato a tutti coloro che rilevano che alcuni gol della Nazionale femminile, per esempio il secondo contro l'Australia, sono stati piuttosto fortunosi: solo i gol maschili possono essere fortunosi, perché si sa che le donne pianificano tutto, compresi i gol in fase di recupero.

Ma allora cosa dovrebbe fare un uomo per non essere sgradito durante i mondiali femminili? La verità è che sembra dannatamente difficile accontentare tutti, e forse lo è davvero. Sicuramente però si potrebbe iniziare da qualcosa di banale, come togliere il termine "femminile" dall'equazione. Chi non ha mai seguito il calcio, per esempio, può continuare così, senza guardare quello femminile solo perché sta diventando quasi mainstream o, peggio, sperando che nell'esultanza del momento qualcuna si tolga la maglietta. Si potrebbe provare anche a guardare la partita contro la Cina immaginando che la stiano giocando quelli che non si sono qualificati ai mondiali in Russia: se le azzurre giocheranno bene, sarebbe carino vedere qualche carosello per le strade (impossibile, quasi utopico, ma sperare è lecito). Se invece giocheranno male, se diventasse più interessante il derby tra Poggibonsi e Gualdo Tadino lo si può dire, esattamente come lo si farebbe in una "normale" partita maschile: in questo caso magari si rischia di essere gambizzati, ma l'onestà intellettuale non ha prezzo.

 

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