SCIENZA E RICERCA

Il destino dell’universo dipende dall’energia oscura

Ha osservato attraverso lo studio delle supernovae che non solo l’universo si espande, come aveva già dimostrato Edwin Hubble quasi un secolo fa, ma che questa espansione sta accelerando: per questo nel 2011 Adam Guy Riess (Washington, 16 dicembre 1969) ha vinto il premio Nobel per la fisica assieme a Saul Perlmutter e Brian P. Schmidt. Incontriamo l’astrofisico americano, che oggi insegna e continua a studiare il cosmo alla Johns Hopkins University e allo Space Telescope Science Institute, entrambi a Baltimora, mentre è a Padova per il ciclo di lezioni in occasione degli 800 anni dell’ateneo. Riess è disponibile e informale, chiaro e diretto nelle risposte e curioso sulla storia e sulla governance dell’università che lo ospita. Il momento in cui tradisce maggiore emozione è quando chiede una foto assieme al busto di Galileo, nella basilica di Palazzo Bo.

Buongiorno professor Riess. Ha già visto che qui, a pochi metri da noi, c’è anche la cattedra di Galileo? Che impressione le ha fatto?

“Oh certo, è stato davvero stimolante. Mi ha colpito in particolare che l’abbiano costruita per lui i suoi studenti: dovevano proprio amarlo e apprezzare la conoscenza che trasmetteva loro! Del resto si tratta di Galileo, probabilmente il più importante scienziato di tutti i tempi”.

Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Una delle osservazioni che resero celebre Galileo riguardava proprio le supernovae, che sono state fondamentali anche per le sue ricerche. Perché questi fenomeni sono così importanti in astronomia?

“Il loro studio nel tempo ha avuto differenti scopi. All’epoca di Galileo c’era la grande questione di dove si trovassero, se nell’atmosfera oppure oltre, e si capì che era utile misurare la parallasse per capire la distanza. Oggi sappiamo che si tratta di oggetti molto lontani e per determinare la loro distanza di solito misuriamo la loro luminosità; la cosa più importante però e che le supernovae sono utili per misurare l’espansione dell’universo: ci dicono la velocità alla quale si espande ora e alcune – la cui luce ha viaggiato per miliardi di anni prima di giungere a noi – anche la velocità con la quale si espandeva in passato. Sono quindi uno dei migliori strumenti a nostra disposizione per capire come questa velocità è cambiata nel tempo”.

Lei con i suoi studi ha mostrato che l’universo non solo è in espansione, ma anche che la velocità di questa espansione sta accelerando. Può spiegarci come mai questo accade?

“Non si sa con sicurezza ma probabilmente ciò è dovuto all’energia oscura (dark energy), un tipo di energia presente nell’universo e alla quale secondo la teoria della relatività generale di Einstein sarebbe associata una specie di gravità negativa, dunque una forza respingente. Perché questa energia esista, quanta ce ne sia e se ci sia stata sempre sono questioni ancora aperte. Sono inoltre possibili anche altre spiegazioni: si tratta al momento di un campo di ricerca molto attivo”.

Come possiamo immaginare la materia e l’energia oscura?

“Insieme sono importantissime, rappresentano circa il 95-96% dell’universo, ma sono anche incredibilmente deboli, non possiamo quindi vedere i loro effetti se non guardando all’universo nel suo complesso. Per quanto riguarda la materia oscura essa esercita una forza di gravità molto debole: non dobbiamo pensare ad essa come a un pallone da basket o a un sasso, ma piuttosto come a flussi di particelle a bassa densità che permeano l’universo. Anche l’energia oscura ha una bassissima intensità: per questo per gli astronomi è così difficile osservarla con i telescopi”.

Chiunque può vincere il Nobel, non devi necessariamente essere Albert Einstein.

In questa stanza sono presenti in questo momento materia ed energia oscura?

“Oh sicuramente, ma ad esempio il livello di energia oscura è così basso da non poterci nemmeno accendere una lampadina. Quanto alle particelle di materia oscura è difficile anche trovarle, visto che non interagiscono molto. Anche per questo si tratta una grande sfida per i fisici che cercano di isolarle: ci stanno lavorando ma è molto difficile”.

Qual è il futuro dell’universo?  Continuerà ad espandersi all’infinito fino a divenire sempre più freddo?

“Prevederlo dipende proprio dal modo in cui riusciremo a capire come si comporterà l’energia oscura: se rimarrà costante, diminuirà o aumenterà. Se, come è più probabile, rimarrà costante, allora l’universo continuerà ad espandersi e i corpi celesti diverranno sempre più lontani e freddi, visto che anche la luce avrà difficoltà a raggiungerli. È però anche possibile che la quantità di energia oscura cambi e che l’universo collassi: per questo è così importante continuare a studiarla”.

Lei ha vinto il Nobel a 41 anni: qual è l’impatto di un riconoscimento così prestigioso sulla carriera di un giovane scienziato?

“Per me è stato soprattutto uno stimolo, il riconoscimento del fatto che lavoravo su cose in qualche modo interessanti o fondamentali. Nella mia visione chiunque può vincere il Nobel: certo occorre duro lavoro e un po’ di fortuna, ma non devi necessariamente essere Albert Einstein. È come quando inizi a tirare un filo: può essere isolato o puoi trovarti a disfare un intero maglione; anche nella scienza siamo affascinati da questi ‘fili’ da tirare, che a volte possono portarci a capire qualcosa in più dell’universo”.

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