SCIENZA E RICERCA

Tra realtà e fantasia: come si cerca la vita "extraterrestre"

L’uomo è  da sempre animato da una grande curiosità, che lo ha condotto ai confini del pianeta, alla scoperta di luoghi sempre nuovi. Col passare del tempo, si è spinto ancora più oltre, provando ad espandere i propri orizzonti nello sconfinato spazio al di là della Terra. Così, attraverso telescopi, sonde e altri strumenti sempre più avanzati, siamo riusciti a raggiungere ed esplorare diversi pianeti all’interno del sistema solare, e anche ad osservarne alcuni che ruotano attorno ad altre stelle.

Tra le altre cose, gli studiosi hanno sperato e sperano ancora di trovare forme di vita nello spazio: l’immaginario collettivo, sempre vivo grazie ad innumerevoli libri e film di fantascienza, ritiene possibile che sugli altri pianeti vivano creature strane, aliene, pronte a conquistare il nostro mondo o ad entrare in comunicazione con noi. In realtà, gli studiosi non hanno ancora trovato vita fuori dalla Terra, neppure microrganismi, perciò queste creature dall’intelligenza sovrumana continuano ad esistere soltanto nella nostra immaginazione.

Eppure, il desiderio di sapere se c’è qualcun altro oltre a noi nell’universo non si è placato, e le ricerche proseguono da decenni. La scienza che studia la possibilità che altrove nel cosmo ci siano altre forme di vita è l’astrobiologia: come afferma Andrea Bernagozzi, ricercatore presso l’osservatorio astronomico della regione autonoma della Valle d’Aosta e al planetario di Lignano, l’astrobiologia è una scienza molto particolare. Questo perché essa non ha un oggetto ben definito, ma va alla ricerca di qualcosa che è al di fuori della sfera della nostra esperienza. Tutto ciò che conosciamo, infatti, è la vita sulla Terra, mentre un astrobiologo ricerca tracce di vita aliena.

“Il carattere peculiare di questa disciplina – continua lo studioso – Ha favorito l’emergere di diverse discussioni di tipo filosofico. Infatti, alcuni ritengono che, poiché non ha un oggetto specifico, l’astrobiologia non sia una scienza in senso galileiano: senza qualcosa su cui indagare, conoscere attraverso il metodo oggettivo e rigoroso che caratterizza ogni scienza risulta complesso”.

Tuttavia, gli astrobiologi sono riusciti a trovare un punto ben definito da cui partire: per ricercare la vita nello spazio hanno iniziato dall’analisi delle condizioni che hanno favorito lo sviluppo delle forme viventi a noi note, cioè quelle presenti sul nostro pianeta. In un articolo pubblicato su The Conversation, si mette in evidenza proprio questo aspetto: la ricerca di altre forme di vita è paragonata al gioco del nascondino, così da spiegare in modo diretto e comprensibile anche ai più giovani come gli astrobiologi procedano nei loro studi. Si parte dai nascondigli più ovvi, cercando altrove ciò che è alla base della vita sul nostro pianeta.

“Cominciare dalla vita così come la conosciamo – afferma Bernagozzi – è spesso percepito come un atto di arroganza, una tendenza antropocentrica che dà per scontato che in tutto l’universo ci siano creature simili a noi. Al contrario, dobbiamo pensare a questo punto di partenza come ad un atto di umiltà: so di non sapere, sono consapevole di non conoscere  altre forme di vita, perciò parto da ciò di cui sono al corrente. Da qui posso ampliare i miei orizzonti, la mia sfera conoscitiva può espandersi, ma ciò avviene con metodo, partendo da un punto preciso che poi può condurmi sempre più in là”.

Come racconta il ricercatore, Marte è il pianeta su cui gli studiosi si sono maggiormente concentrati per la ricerca di altre forme di vita. Questo perché il pianeta rosso è facilmente raggiungibile, è roccioso come il nostro pianeta, possiede un’atmosfera e si trova ad una distanza dal Sole tale da far pensare che possa esserci vita. Su Marte sono state mandate tantissime sonde, a partire dalle famose Vikings, inviate negli anni settanta: oltre ad acquisire immagini dettagliate del pianeta e comprendere la composizione della sua atmosfera, tali missioni miravano anche a scovare  eventuali tracce di vita aliena. E lo facevano attraverso esperimenti volti a verificare se, anche su Marte, ci fossero le condizioni alla base della  vita sulla Terra: uno dei tentativi delle missioni, per esempio, è stato partire dal processo che tiene in vita le piante sulla Terra, cioè la fotosintesi, per verificare se su Marte ci fossero tracce dello stesso fenomeno.

“Ci si è soffermati sulla ricerca di microrganismi – afferma Bernagozzi – perché, se Marte fosse stato abitato da creature di più grandi dimensioni, le nostre sonde l’avrebbero rilevato facilmente. Non sono state trovate forme di vita vere e proprie, ma gli studiosi continuano a cercare”.

Eppure, la vita sugli altri pianeti può essere anche molto diversa da come noi la conosciamo, anche se immaginare qualcosa di radicalmente differente da noi è molto difficile. Il ricercatore spiega come questa difficoltà sia percepita anche dagli stessi astronomi: lo studioso Fred Hoyle, per esempio, ha scritto un romanzo di fantascienza intitolato La nuvola nera, in cui immagina che gli astronomi scoprano una nebulosa di gas, che in realtà è un vero e proprio essere vivente, completamente diverso dalle forme di vita presenti sulla terra.

“Nel suo romanzo – afferma Bernagozzi – Hoyle descrive la difficoltà di riconoscere esseri viventi del tutto diversi da quelli che abitano la Terra: sono alieni nel senso letterale del termine, totalmente altro da noi. Ciò genera una difficoltà di tipo filosofico: se la vita sugli altri pianeti può essere completamente diversa da quella che conosciamo, come facciamo a sapere di non averla già trovata ed avuta fin dall’inizio sotto gli occhi? Questo, però, possiamo solo immaginarlo, andando al di là dei confini della scienza ed entrando nel mondo della fantasia”.

I passi avanti negli studi sull’astrobiologia sono stati molti, e spesso le conclusioni che si sono raggiunte hanno mutato profondamente le convinzioni degli scienziati. Per esempio, come rivela lo studioso, si era sempre ipotizzato che su Giove, Saturno, Urano e Nettuno non potesse esserci la vita: questo perché si riteneva che non avessero una condizione fondamentale per il suo sviluppo, cioè l’acqua allo stato liquido, in quanto si trovano ad una distanza molto elevata dal Sole.

“Eppure – dichiara Bernagozzi – Sui corpi che orbitano attorno a questi pianeti, in particolare a Giove e Saturno, sono state fatte scoperte davvero sorprendenti. Europa, luna di Giove, ha una superficie ghiacciata che sembra galleggiare sopra un oceano di acqua allo stato liquido: una quantità d’acqua più elevata di tutti gli oceani terrestri messi insieme”.

Il ricercatore si sofferma anche su Encelado, luna di Saturno. Qui, l’acqua si è addirittura vista: infatti, dalla superficie del satellite fuoriescono dei veri e propri geyser, di cui è stato possibile studiare la composizione chimica. L’analisi ha portato ad una conclusione inattesa: questi geyser sarebbero costituiti da atomi e molecole, come ad esempio il fosforo, che qui sulla terra sono il presupposto per la vita.

“Com’è possibile – si chiede Bernagozzi – che su lune così poco vaste – Encelado è grande 500 chilometri, cioè circa mezza Italia -, e così distanti dal Sole ci sia acqua allo stato liquido? Ci sono altri processi che generano calore e che non dipendono dal Sole, come le interazioni mareali. Encelado ed Europa, orbitando intorno a Saturno e Giove insieme ad altri satelliti, sono coinvolte in un vero e proprio tiro alla fune gravitazionale, e sono così letteralmente scosse, shackerate. È questa l’energia che rende possibile la generazione di calore, e quindi di acqua allo stato liquido. Nessuno lo avrebbe mai pensato, eppure si è compreso che questo fenomeno non è insolito, anche su altri pianeti molto lontani dal Sole e da sempre ritenuti inospitali”.

Le ricerche, inoltre, si stanno spingendo anche al di fuori del sistema solare. Negli ultimi trent’anni sono stati scoperti migliaia di pianeti attorno ad altre stelle, ma non tutte sono osservabili; le stelle sono miliardi, e altrettanti potrebbero essere i pianeti a cui ancora non abbiamo accesso. Strumenti all’avanguardia, come il telescopio James Web, mirano proprio ad osservare i corpi al di fuori del sistema solare.

“Tuttavia in questo ambito siamo solo all’inizio”, afferma Bernagozzi. “Prima, l’astrobiologia si è chiesta se esistessero altri pianeti attorno ad altre stelle. Abbiamo già scoperto che non solo esistono, ma che sono abbondantissimi. Ora, invece, ci si domanda quali di questi pianeti abbiano condizioni tali da consentire lo sviluppo della vita. Solo dopo aver risposto a questa domanda si potrà cercare di comprendere quali forme di vita siano presenti su questi pianeti così distanti dal nostro”.

Dunque, nonostante la vaghezza del proprio oggetto, anche l’astrobiologia ha un metodo: si parte da ciò che si conosce per poi spingersi sempre più oltre, in un processo che mira ad ampliare il più possibile la nostra esperienza.

“Sappiamo poco o nulla – conclude Bernagozzi – Ma una cosa è chiara: la realtà supera sempre la fantasia: si immaginano le cose più bizzarre e incredibili, ma nella realtà le scoperte possono essere ancora più sorprendenti”.

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