SCIENZA E RICERCA

Dopo l’uragano Irma, uno studio sul ripristino delle dune in Florida

"I gradienti latitudinali nelle comunità vegetali sono stati ampiamente studiati, tuttavia come questi modelli ecologici fondamentali influenzino il recupero degli ecosistemi dopo eventi meteorologici estremi rimane in gran parte sconosciuto". Nella prima linea delle dune costiere, il primo cordone dunale più vicino al mare, si è cercato di capire come un'erba chiave nella formazione delle dune stesse (Uniola paniculata), la diversità della vegetazione e la copertura vegetativa varino lungo un gradiente latitudinale durante il recupero dalla devastazione dell'uragano. Foredune-forming grass and plant diversity show contrasting responses along the southeastern United States coast after hurricane disturbance è uno studio appena pubblicato sul Journal of Vegetation Science. Su Il Bo Live l'intervista al primo autore Davide De Battisti, ricercatore al dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, nel gruppo di lavoro di Biologia marina coordinato da Laura Airoldi, precedentemente dottore di ricerca al dipartimento di Bioscienze dell'Università di Swansea nel Regno Unito. "Ambienti di transizione tra mare e terra, le dune sono fondamentali per la protezione della costa - spiega De Battisti -. La prima linea è una difesa contro l'erosione e può anche proteggere dall'ingresso del cuneo salino. Sono il primo fronte di impatto contro uragani e tempeste: un cordone dunale ben sviluppato riesce a proteggere le infrastrutture che stanno dietro".

L'uragano Irma del 2017 devastò i Caraibi per poi abbattersi sulla costa sud-orientale degli Stati Uniti, in particolare sulla Florida. "In quel periodo mi trovavo a Swansea nel Regno Unito a fare il dottorato e il mio supervisor John Griffin, che aveva contatti negli Stati Uniti, sapendo che io mi occupavo di dune, mi propose di avviare uno studio sulle dune degli Stati Uniti proprio per valutare impatto e ripresa dopo l'uragano: Griffin decise di attivare una grant speciale, che serve proprio per studiare questi eventi improvvisi, e con quei fondi iniziammo il lavoro andando sul posto, appoggiati da Christine Angelini dell'Università della Florida. L'idear era di osservare come la vegetazione riuscisse a recuperare, valutando tanti siti lungo la costa per avere una visione più ampia: prima recupera la vegetazione, che accumula e stabilizza il sedimento, e man mano si riforma la duna. In Florida vi sono strutture che si affacciano sul mare e sono state distrutte dall’uragano e strutture costruite dietro le dune che sono state risparmiate. Negli Stati Uniti vi sono molte coste e dune, infrastrutture vicino al mare e tanti uragani che stanno aumentando nel tempo: diventa dunque fondamentale comprendere gli impatti e studiare il recupero a seguito di questi eventi. Analizzare la vegetazione è importante perché questa è alla base del ripristino della duna a livello complessivo. Fino ad ora sono state studiate le foundation species, specie responsabili della crescita della duna: la Ammophila arenaria da noi, la Uniola paniculata nel sud-est degli Stati Uniti e più a nord la Ammophila breviligulata. I modelli di geomorphology e sviluppo sono parametrizzati su queste specie. Lavorando sul campo, negli Stati Uniti, noi ci siamo resi conto della grande varietà di specie, che da sud a nord cambiavano notevolmente, e ci siamo chiesti: questa biodiversità è importante? O lo è solo la specie principale responsabile della costruzione della duna?". Lo studio trae origine da questi interrogativi: "Abbiamo campionato tutta la vegetazione fino a raggiungere un risultato e abbiamo capito che, in generale, la vegetazione recupera molto velocemente, ma la modalità dipende dalle specie che ci sono" e dalla loro distribuzione, il gradiente latitudinale.

I gradienti latitudinali nelle comunità vegetali sono riconosciuti da tempo, sin dalle osservazioni di von Humboldt all'inizio del XIX secolo, e rimangono argomento di studio. Sebbene siano stati considerati principalmente su scale di grandi dimensioni (migliaia di chilometri), anche gradienti più brevi (centinaia di chilometri) possono mostrare cambiamenti significativi nelle condizioni climatiche e nella struttura, funzione e diversità della comunità. I gradienti latitudinali sono spesso considerati modelli macroecologici statici, tuttavia questi possono essere più dinamici a livello locale delle comunità, variando con la stagione o durante il recupero degli ecosistemi a seguito di perturbazioni che, con il cambiamento climatico, stanno aumentando in termini di incidenza e intensità. È dunque opportuno indagare i gradienti latitudinali nelle comunità vegetali nel contesto della dinamica di disturbo e recupero degli ecosistemi.

"In generale dai poli all'equatore aumenta la ricchezza di specie, però alcune si sono adattate ad ambienti più freddi e quindi, verso latitudini più basse, non si trovano a proprio agio: è il caso della Uniola paniculata, che è presente negli Stati Uniti ma non cresce bene nel sud della Florida, dove si riproduce meno. Dunque, lungo questo gradiente latitudinale, siamo riusciti a osservare la ricchezza di specie che aumenta verso sud ma, al contrario, la Uniola paniculata, specie più importante per il recupero della duna, ha un gradiente spostato verso nord. Che cosa significa esattamente? "Significa che la biodiversità è importante" perché la poca presenza di Uniola paniculata nel sud degli Stati Uniti è compensata da tante altre specie.

Dopo Irma, nel giro di un anno e mezzo, la vegetazione è ricresciuta in maniera considerevole nel numero di specie reclutate e nella copertura totale della duna (parliamo sempre di primo cordone dunale, foredune, in molti casi letteralmente devastato dall'impatto dell'uragano). "Purtroppo non abbiamo potuto confrontare il prima e il dopo l'uragano, perché non avevamo i dati relativi al periodo precedente l'evento, ma abbiamo osservato le condizioni che si sono presentate al nostro arrivo confrontandole, appunto, con il recupero successivo". E sul recupero rapido e ottimale, De Battisti aggiunge: "Per restaurare appieno un ambiente è necessario tenere in considerazione il punto di gradiente di latitudine: a seconda di dove ci si trova il recupero avviene con modalità e specie diverse. Alcuni siti sono stati esclusi dal nostro studio perché sono stati presto restaurati attraverso operazioni di ripascimento e la piantumazione della Uniola paniculata: vi è un punto a sud, dove è stato fatto il trapianto, ma nel giro di poco questa era stata sostituita da altre specie”. 

Si può pensare di adattare uno studio di questo tipo a un'area come quella della Laguna di Venezia? "Sicuramente. In Laguna non c'è Uniola paniculata, troviamo invece la Ammophila arenaria, oggi chiamata Calamagrostis arenaria. Negli Stati Uniti, dal South Carolina in su, vi è la Ammophila breviligulata, specie diversa ma dello stesso genere della nostra. In generale, tra Europa e Stati Uniti, ci sono tante specie simili dello stesso genere o addirittura della stessa specie. Nel 2022 abbiamo fatto una serie di campionamenti tra Ca' Roman, in Laguna, il Parco di San Rossore, in Toscana, mia terra d'origine, e alcuni siti statunitensi. Dobbiamo ancora analizzarli in maniera approfondita ma alcuni dati sono già evidenti: se in Laguna vi è molta Ammophila arenaria, nel sito in Toscana praticamente non se ne trova. Numero di specie diverse, tipi di dune con caratteristiche diverse: piante come la Ammophila arenaria e la Uniola paniculata tendono a generare dune alte e ripide che permettono di difendere bene la costa dalle tempeste, mentre con altre specie, che per esempio nel sud degli Stati Uniti crescono sparse e basse, le dune non crescono in altezza, restano più allargate: queste ultime difendono la costa con più difficoltà ma recuperano più velocemente".

A proposito di ripristino, "nei manuali di restaurazione degli Stati Uniti c'è scritto di usare più specie, si sta andando in questa direzione perché la biodiversità è importante, ma non è una indicazione legata alla protezione della costa per la quale invece è necessario valutare dove ci si trova: in una determinata area può non avere senso piantare una certa specie, bisogna valutare quella più adatta. Si tratta di una riflessione che riguarda anche costi e benefici".

Che prospettive può avere uno studio come questo? "Non abbiamo ricevuto i fondi per continuare a lavorarci, ma sarebbe davvero interessante tornare per eseguire nuovi campionamenti: la debolezza, se così possiamo chiamarla, è data dal fatto che qui ci si focalizza sul recupero della vegetazione e non su parametri geomorfologici della duna. Sarebbe interessante osservare se e come questi parametri, che richiedono più tempo, hanno recuperato, anche se nel frattempo ci sono stati altri uragani che potrebbero averli in qualche modo alterati. Dal punto di vista scientifico è importante localizzare: lo stesso ecosistema in luoghi differenti non è detto che recuperi nello stesso modo, non per forza a causa dello stress o di eventi estremi, ma più semplicemente perché a seconda della posizione le traiettorie di recupero possono essere molto diverse".

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