SCIENZA E RICERCA

La corsa contro il tempo per evitare l’estinzione del rinoceronte bianco settentrionale

Oggi esistono cinque specie di rinoceronti, due africane e tre asiatiche, tutte appartenenti alla famiglia delle Rhinocerotidae. Del rinoceronte bianco africano, la specie dalle dimensioni più grandi e con i comportamenti sociali più spiccati tra tutti i rinocerontidi, esistono due sottospecie: quella meridionale (Ceratotherium simum simum) è rappresentata oggi, grazie a un progetto di conservazione di grande successo, da circa 20.000 individui; quella settentrionale (Ceratotherium simum cottoni), al contrario, è in pessime condizioni di conservazione.

Ad oggi, infatti, sopravvivono solo due individui di rinoceronte bianco settentrionale: sono Najin e Fatu, mamma e figlia, nate e cresciute in cattività nello zoo di Dvůr Králové, in Repubblica Ceca, e attualmente ospitate presso la riserva di Ol Pejeta, in Kenya, protette da un gruppo di rangers dedicati alla loro sicurezza. Per via di problemi riproduttivi, nessuna delle due rinoceronti è in grado di rimanere incinta e portare a termine una gravidanza: quando si verifica questa situazione, in cui gli ultimi individui di una specie non sono più in grado di riprodursi, si parla di estinzione funzionale.

La sottospecie, descritta scientificamente dal naturalista britannico Richard Lydekker nel 1908, contava, secondo alcune stime, 2-3.000 individui in natura intorno agli anni 1920, e ancora 1.000-1.500 negli anni ’70. Il declino è stato rapido e ha avuto diverse cause, tutte accomunate da un unico fattore: gli umani. I rinoceronti bianchi settentrionali sono stati infatti vittime di bracconaggio, soprattutto per via del loro corno, prezioso per l’avorio e per le presunte proprietà medicinali (sempre smentite dagli studi scientifici), ma anche per la pratica della caccia sportiva; inoltre, le guerre che hanno imperversato negli areali di questa sottospecie e la riduzione del suo habitat a causa dell’estensione delle attività umane hanno contribuito al rapido e drammatico declino della popolazione rimanente.

BioRescue: la sfida della riproduzione assistita per salvare la specie dall’estinzione

Ma, nonostante la situazione sia critica e le speranze flebili, per il rinoceronte bianco settentrionale non è ancora tutto perduto. Avviato nel 2015, il progetto internazionale BioRescue ha elaborato un piano d’azione complesso e ambizioso per evitare che questa sottospecie si estingua.

L’obiettivo del progetto è sviluppare un programma di fecondazione assistita che, attraverso biotecnologie specifiche all’avanguardia, permetta di creare embrioni geneticamente puri di rinoceronte bianco settentrionale da impiantare in femmine di rinoceronte bianco meridionale e far nascere nuovi cuccioli di questa sottospecie. Il passaggio successivo richiede che Najin e Fatu, le due ultime esemplari viventi, crescano i cuccioli, insegnando loro i comportamenti e la “cultura” tipica del loro gruppo. L’obiettivo finale è quello di ricostituire una piccola popolazione da rilasciare in natura, sperando che, nel tempo, si ingrandisca e ripopoli le regioni che, fino a pochi decenni fa, ne avevano ospitato gli antenati.

Come si può immaginare, gli ostacoli di un progetto tanto articolato sono molti: li ricordano i protagonisti di BioRescue in un evento di presentazione del progetto organizzato a Padova da Barbara De Mori, docente di bioetica all’università di Padova e partner del progetto, all’interno del quale si occupa della valutazione etica delle varie fasi d’intervento.

Thomas Hildebrandt, docente di medicina riproduttiva della fauna selvatica alla Freie Universität Berlin, nel progetto si è occupato dell’estrazione degli ovociti delle due femmine grazie a una tecnica da lui brevettata che prevede di raggiungere le ovaie dell’animale attraverso il retto. Per lo studioso, il recupero delle cellule sessuali degli animali è stato solo il primo, anche se fondamentale passo per l’avanzamento del progetto.

A partire dal lavoro di Hildebrandt, è stato possibile fecondare in laboratorio gli ovociti ottenuti con gli spermatozoi crioconservati dei dodici esemplari maschi, ormai tutti deceduti (l’ultimo maschio di rinoceronte bianco settentrionale, Sudan, morì nel 2018), da cui erano stati estratti dei campioni. Ad oggi, grazie a questo procedimento, realizzato dall’azienda Avantea, specializzata nella riproduzione assistita soprattutto in ambito zootecnico, sono stati ottenuti 37 embrioni impiantabili.

Un primo tentativo di impianto su una femmina di rinoceronte bianco meridionale era stato effettuato nel 2023. Ben riuscita dal punto di vista tecnico, purtroppo la gravidanza non era andata a buon fine a causa della morte improvvisa di Curra, la “madre surrogata”, non sopravvissuta a un’infezione batterica causata dall’allagamento del santuario in Kenya dove l’animale viveva. Le piogge anomale che hanno causato l’allagamento sono probabilmente legate al cambiamento climatico. Effettuata l’autopsia, era stato trovato un feto di circa due mesi, completamente formato, e le analisi avevano confermato che fosse effettivamente il frutto dello sviluppo dell’embrione impiantato.

Oggi, i ricercatori puntano a ripetere il tentativo, dopo aver selezionato una nuova madre surrogata: secondo quanto affermato durante l’evento, l’impianto dovrebbe avvenire nei prossimi mesi.

Cellule staminali per aumentare la variabilità genetica

Nel frattempo, i ricercatori sono impegnati a risolvere almeno un altro rischio che grava sulla tutela di questa sottospecie: la ridottissima variabilità genetica, che costituisce, inevitabilmente, un punto debole per la riuscita del progetto di ripopolamento. A tal proposito, come hanno spiegato durante la conferenza Vera Zywitza, ricercatrice al Centro per la medicina molecolare Max-Delbrück di Berlino, e Katsuhiko Hayashi, docente all’università di Osaka ed esperto mondiale nella ricerca sulle cellule staminali, il progetto BioRescue sta investendo in una vera e propria frontiera della ricerca.

Partendo da cellule somatiche (cioè, non provenienti dalla linea germinale) prelevate da campioni di tessuti di esemplari non più in vita conservati in diversi zoo e istituti, si sta lavorando per “riprogrammarle” in modo da riportarle alla loro condizione iniziale, precedente alla specializzazione funzionale che avviene durante lo sviluppo: quella di cellule staminali pluripotenti. Il vantaggio di riprogrammare queste cellule è potenzialmente enorme: le cellule staminali, infatti, potrebbero essere indotte a svilupparsi in gameti (ovuli o spermatozoi), conducendo dunque alla produzione di embrioni con una certa soglia di diversità genetica rispetto alle cellule germinali ad oggi disponibili. Il procedimento è già stato realizzato con successo da Hayashi, che ha creato due topi sani e fertili utilizzando ovociti e spermatozoi generati a partire da cellule somatiche di individui maschili. Ora, si sta studiando per capire come adeguare questa tecnica alla biologia di un animale di grande taglia come il rinoceronte.

Responsabilità futura

Come afferma Hidelbrandt, BioRescue sta mostrando non soltanto le grandi potenzialità della tecnologia applicata alla conservazione delle specie viventi, ma sta anche rendendo evidente quanto sia costoso – in termini di risorse economiche, temporali e umane – e difficile porre riparo a quel che abbiamo danneggiato o distrutto. Per questo, un’eredità che il progetto si ripropone di lasciare dietro di sé, oltre allo sperabile successo nel salvare i rinoceronti bianchi settentrionali dall’estinzione, è di spiegare alle nuove generazioni la fragilità e l’importanza della vita che ci circonda, e insegnare loro ad essere molto più responsabili di quanto siamo stati noi in passato. “Dobbiamo assumerci la responsabilità della situazione attuale, interamente causata dalle azioni umane: questo ci impone di utilizzare tutte le tecnologie disponibili per cercare di evitare l’esito peggiore – l’estinzione”, afferma Barbara De Mori. “Questo significa anche avere responsabilità verso il futuro, e fare tutto ciò che è in nostro potere per raggiungere l’esito migliore possibile”.


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