UNIVERSITÀ E SCUOLA

“Dottore, dottore…”

Tempo di lauree, tempo di papiri, di bevute forzose, di travestimenti. E di canzoncine rituali dirette al neolaureato, insomma tempo di festeggiamenti licenziosi e, a volte, talmente denigratori da essere degradanti. Oggi, a placare gli animi degli studenti e degli amici più esaltati, ci pensano gli agenti della polizia municipale, che in presenza di atti incivili e deturpazioni davanti al Bo, comminano salate multe senza troppi complimenti. Ma perché questi rituali sono onnipresenti e, soprattutto, sempre uguali da decenni?

“In parte erroneamente, si è portati a vedere nei rituali di degradazione che si compiono a spese del giovane neolaureato dei legami con gli atteggiamenti goliardici”, spiega Giolo Fele, professore di sociologia dei processi culturali all’Università di Trento. “In realtà queste forme di celebrazione sono comuni a vari ambienti, quando si giunge a di un cambiamento di status. Il festeggiato, posto al centro dell’attenzione, viene messo in condizione di subire degli eccessi che sanciscono ritualmente un passaggio di vita che in sé spaventa. L’ebbrezza data dall’eccessivo consumo di bevande alcoliche, per esempio, porta il giovane a perdere il controllo, adottando un atteggiamento che è diametralmente opposto a quello che ci si aspetterebbe da una persona investita di una grande responsabilità. Come dire, la società ricorda materialmente a chi sale di status le regole del gruppo. E lo fa nel momento stesso in cui esse vengono superate. Come diceva l’antropologo francese Arnold Van Gennep, ci si trova di fronte a una situazione liminare in cui si prendono parzialmente le distanze dal proprio passato, ma si è in attesa di acquisire competenze nuove che arriveranno nel futuro.Un altro aspetto che rende così importanti questi rituali, è racchiuso nel loro essere un atto squisitamente pubblico, a cui partecipano non solo gli amici, i compagni, ma le famiglie nella loro totalità. Tutte le persone che vi prendono parte sono pertanto coinvolte direttamente in ciò che accade, non solo emotivamente”.

I festeggiamenti per le lauree, particolarmente nel Veneto dove il neodottore è spesso il primo della sua famiglia a raggiungere questo status, hanno radici in rituali antichissimi: già nell’antica Roma, durante la celebrazione dei trionfi (le parate militari con cui si onorano I generali vittoriosi) i soldati accompagnavano ai canti di lode nei confronti del loro capo dei versi osceni e triviali. Lo scopo era quello di ricordare al generale, nel momento in cui raggiungeva il massimo prestigio politico, sociale e militare, la sua umanità e debolezza. Quasi a bilanciare un’esaltazione eccessiva, una sorta di deificazione, i motti di scherno caratterizzano  molte tappe importanti della vita di un uomo, dalla laurea al matrimonio: la società ribadisce il suo affetto per chi ha successo ricordandogli quanto piccolo e debole sia destinato comunque a rimanere.

 

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