SOCIETÀ

Elon Musk e Twitter: storia chiusa o da riscrivere?

Tempo fa ci chiedevamo che fine avrebbe fatto il Twitter di Elon Musk. Dopo meno di tre mesi abbiamo già una probabile risposta: le idee del miliardario potrebbero non avere alcun impatto sul social, se si esclude il crollo in borsa del titolo. Musk infatti si è ritirato dall'accordo che prevedeva l'acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari nonostante incomba su di lui il rischio di dover pagare una multa molto alta per essersi tirato indietro. In realtà in tempi non sospetti molti addetti ai lavori non erano riusciti a spiegarsi le ragioni di un interesse così deciso verso il social cinguettante, che ormai da anni si trova in una situazione di crisi, sia per quanto riguarda gli utenti attivi sia per gli utili. Musk aveva dichiarato di voler comprare Twitter per poter garantire la libertà di espressione almeno su un social, ma questa motivazione così sbandierata non aveva convinto quasi nessuno. Alcuni addetti ai lavori, per la verità pochi, si erano spinti a escludere che un accordo del genere potesse vedere la luce, e avevano continuato a manifestare molte perplessità anche quando sembrava ormai cosa fatta. Questo dietrofront, non così improvviso come si potrebbe pensare, conferma quello che questi professionisti hanno continuato a sostenere nonostante i fatti sembrassero suggerire il contrario: intervistiamo uno di loro, cioè Vincenzo Cosenza, consulente di marketing e autore di vincos.it, che più volte nella sua newsletter ha affrontato l'argomento.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Barbara Paknazar

Dando per scontato che la questione dei bot sia solo un pretesto (Matt Levine ha scritto su Bloomberg che "Musk non è più interessato a fingere di voler acquistare Twitter") rimane da chiedersi perché avrebbe dato il via a tutto questo. "Secondo me - dice Cosenza - l'interesse iniziale era un po' frutto di una delle sue boutade. Del resto lui è un grande appassionato di Twitter, lo usa spesso anche se forse in maniera maldestra, quindi magari a un certo punto ha pensato di poter salvare in qualche modo questo social. Poi l'oggettino gli è sfuggito di mano, perché l'operazione non è facilissima per un privato, seppure con il patrimonio e le disponibilità di Elon Musk, e quindi si e si è ritrovato ad avere un oggetto che costava troppo, ha dovuto chiedere dei prestiti ingenti mentre nel frattempo il social perdeva valore. Alla fine con queste tempistiche si è trovato a dover pagare un prezzo molto più elevato rispetto al valore in borsa di Twitter, così ha provato a fare marcia indietro".

Un pessimo affare, dunque, tanto più se si pensa che insieme a Twitter in borsa è crollato anche il titolo Tesla. Con la sua decisione quindi Musk ha apparentemente fatto del male anche a sé stesso. Attorno a lui però si è sviluppata una narrativa che lo vede sempre un passo avanti agli altri: un imprenditore che non ha paura di rischiare, e che anche quando sembra andare a fondo in realtà ha già pronto un piano B. Anche in questo caso quindi si è diffusa una voce che vedrebbe l'intera operazione come un piano ben congegnato per arrivare a tutt'altro, cioè ad affiliarsi alla Digital World Acquisition Corp, cioè la società che vuole quotare in borsa il social di Donald Trump, e che è stata la vera vincitrice, per quanto passiva, di tutta questa vicenda perché ha visto un rialzo di oltre il 27%. Teniamo presente che, se così fosse, Musk potrebbe andare incontro all'accusa di insider trading, il reato per cui una persona cerca di influenzare i mercati sfruttando la sua posizione interna. È un reato che in America è preso molto sul serio (si rischiano anche 11 anni di carcere) ed è improbabile che il miliardario, seppure così spregiudicato, voglia arrivare a tanto, anche se c'è da dire che già in altre occasioni ha rischiato in questo senso.

Anche secondo Cosenza del resto è una voce a cui non dare credito, anche perché ora come ora affiliarsi all'immagine di Trump potrebbe costituire un danno reputazionale e Musk lo sa. Secondo Cosenza, inoltre, il social di Trump non è destinato ad andare molto lontano, perché è stato concepito in maniera frettolosa e con un'ideologia di fondo che di solito non fa troppo bene ai social. "Ora l'obiettivo di Musk - dice Cosenza - è quello di uscire da questa situazione con Twitter, perché si è reso conto di aver fatto il passo più lungo della gamba".
In quest'ottica potrebbe essere possibile un dietrofront sul dietrofront, quindi le due parti potrebbero arrivare a un accordo per una cifra minore. "Tutto è possibile - commenta Cosenza - ma in questo momento Musk di fatto ha comunicato di non avere intenzione di andare avanti con l'accordo, perché Twitter ne avrebbe violato i termini non fornendo le informazioni corrette sugli spam account esistenti sulla piattaforma. In realtà, però, uscirne in questo modo non è così facile, nel senso che c'è comunque un vincolo importante per chi per chi fa la proposta iniziale, nonché penali molto alte. Il suo obiettivo, quindi, potrebbe essere proprio quello di acquistare Twitter a un prezzo inferiore: uscirne ora gli costerebbe troppo e non è detto che voglia sobbarcarsi anni di cause legali dal risultato incerto."


Le sue ultime esternazioni potrebbero quindi costituire un bluff, ma è un gioco pericoloso, perché non è detto che, anche se lui volesse, Twitter sarebbe disposto a scendere a patti.

A proposito di cause legali, Bret Taylor, il presidente di Twitter, ha dichiarato che intendono proprio procedere con un'azione legale per far rispettare l'accordo già firmato. Stiamo parlando di una penale di un miliardo di dollari, che per il patrimonio di Musk non sarebbe una tragedia, ma sicuramente dovrebbe trovare un modo per tamponare le perdite, e non sarebbe immediato, quindi è probabile che in prima battuta farebbe di tutto per evitare la sanzione. Secondo Cosenza però questa non è una via percorribile, perché per evitare la penale in caso di rinuncia sarebbe dovuto sopravvenire un impedimento che rendesse impossibile la chiusura dell'accordo. La presenza di bot e account spam non sarebbe una motivazione sufficiente, tanto più che Twitter comunica trimestralmente questi dati alla Sec (Securities and Exchange Commission - Commissione per i Titoli e gli Scambi). Certo, possono esserci degli errori, ma non di un'entità tale da giustificare il voltafaccia.

Tornando alla domanda che ci eravamo fatti ad aprile scorso, cioè cosa ne sarebbe stato di Twitter con la presenza di Musk, ci troviamo viceversa a chiederci cosa ne sarebbe del social se il miliardario alla fine si ritirasse davvero: "Twitter - risponde Cosenza - ha già subito un duro colpo a causa di Mask, e non parliamo solo della perdita del valore in borsa, ma anche della perdita di alcuni talenti all'interno della società. Si respira quindi un clima di sfiducia e il futuro è davvero molto più incerto rispetto al passato. Twitter è un'azienda che fa fatica a produrre utili in maniera continuativa, che non riesce a mettere a fuoco il suo futuro perché da un lato vorrebbe assomigliare agli altri luoghi social e dall'altro invece vorrebbe continuare a puntare sui messaggi brevi che sono la sua caratteristica distintiva, quindi fa fatica a trovare un'identità in un mondo, quello dei social, che cambia costantemente. C'è bisogno secondo me di un amministratore forte, che sappia davvero prendere in mano l'azienda e definire bene qual è il suo modello di business per portarla quanto meno a prosperare, tenendo presente che parliamo sempre di una nicchia di 300 milioni di persone".

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012