Ogni anno l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli pubblica una relazione in cui analizza la portata del gioco d’azzardo in Italia. La pandemia inevitabilmente ha influito anche su questo aspetto, cambiando lo stile di vita di tutti noi e quindi modificando anche le abitudini dei giocatori d’azzardo patologici.
Il Libro Blu del 2020 (qui disponibile grazie ad Avviso Pubblico), così si chiama la pubblicazione dell’Agenzia, mette in luce come nel 2020 ci sia stato un piccolo calo per quanto riguarda i consumi sul gioco d’azzardo. Rimane però chiaro come comunque la “raccolta”, cioè l’ammontare complessivo delle puntate effettuate dalla collettività dei giocatori, sia di 1.760 euro pro-capite. Nonostante un calo del 20% delle giocate il volume di cui stiamo parlando nel 2020 si è attestato sul valore di 88,38 miliardi di euro.
Quella del gioco d’azzardo legale è una tematica cruciale sia dal punto di vista etico che, come vediamo, economico. Indubbiamente lo Stato guadagna dalle singole giocate dei cittadini, ma i costi “sommersi” del gioco d’azzardo sono ingenti e spesso non considerati.
Un libro, scritto da Giulia Migneco e Claudio Forleo e pubblicato per Altraeconomia, analizza proprio il sistema del gioco d’azzardo, da come lo Stato lo affronti dal punto di vista legislativo, ai costi socio-economici, da come le mafie ci lucrino anche in questo settore al confronto con altri Paesi europei. Il libro “La pandemia da azzardo. Il gioco ai tempi del Covid: rischi, pericoli e proposte di riforma” offre uno spaccato del nostro Paese, luogo in cui le giocate d’azzardo sono aumentate dell’800% in 20 anni, arrivando a superare i 110 miliardi di euro nel solo 2019. Una crescita che non ha eguali in Europa.
Per capire come l’azzardo sia tutt’altro che un gioco abbiamo intervistato Giulia Migneco, co-autrice del libro.
“ Il volume del gioco d'azzardo in Italia nel 2020 si è attestato sul valore di 88,38 miliardi di euro
- Giulia Migneco di che volume di denaro stiamo parlando quando parliamo di gioco d'azzardo in Italia?
Parlare di giochi d'azzardo in Italia oggi vuol dire a parlare di un volume di affari superiore ai 110 miliardi di euro. Questo è un dato del 2019, perché il dato del 2020 è un po’ ridotto rispetto considerando anche che abbiamo avuto una chiusura di oltre cinque mesi di tutte le sale da gioco. Anche il dato del 2020 però ci costringe a fare una riflessione importante, perché nonostante la chiusura delle sale da gioco appunto di oltre cinque mesi abbiamo avuto un giocato superiore agli 88 miliardi. Il dato ancora più spaventoso è che di questi 88 miliardi più di 49 miliardi sono stati giocati sull'online, quindi vuol dire che, come gli specialisti del settore immaginavano, c'è stato un aumento importante del giocato online.
Andiamo un po’ a ritroso però e vediamo se l'Italia è sempre stata un Paese dove si è giocato così tanto. Se guardiamo i numeri del 2006, solo per fare un esempio, parliamo di un giocato di 34,7 miliardi. Se pensiamo che nel 2010 quel dato arriva agli oltre 61 miliardi e che nel 2019 arriviamo agli altri 110 miliardi vediamo che questo trend ci fa capire come ci sia stato un cambiamento all'interno del nostro Paese. Questo è dovuto sia alla promozione del gioco, sia a un incremento delle sale da gioco, delle sale scommesse e delle numerose slot machine che ad un certo punto abbiamo avuto su tutto il territorio a livello nazionale.
- È importante chiarire subito che stiamo parlando di un volume di denaro emerso, cioè proprio quello legale.
Si, esattamente, parliamo di gioco legale. Tutti i numeri che ho appena citato sono i numeri che l'agenzia delle dogane e monopoli rivela. Consideriamo però che il gioco d'azzardo è ancora oggi un illecito penale, perché il gioco d'azzardo è vietato dal nostro ordinamento giuridico. Salvo proroghe che negli ultimi 20 anni sono diventate sempre più numerose e che hanno portato appunto all'incremento di numerose forme dal gioco. Ma tutto quello che è il giocato illegale, e quindi i numeri di un gioco che le mafie continuano a gestire, noi non li conosciamo, abbiamo solo delle stime. Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho parla di circa 20 miliardi di gioco illegale ogni anno, ma abbiamo appunto soltanto delle stime.
“ Ancora oggi il gioco d'azzardo è un illecito penale perché vietato dal nostro ordinamento giuridico
- Giulia Migneco, sulla questione delle mafie ci tornerei in seguito. Adesso, ritornando all'analisi quantitativa, vorrei approfondire un costo che spesso non viene analizzato quando si parla di gioco d'azzardo. Potremmo chiamarlo anche in questo caso “un costo sommerso” per lo Stato che è quello socio-sanitario. Per farla breve: quanto costa allo Stato un giocatore d'azzardo patologico?
Purtroppo anche qui non abbiamo numeri che possiamo diffondere ma abbiamo soltanto delle stime. Si stima che ogni giocatore costi allo stato più di 100 euro al mese ma i costi sono molto più elevati sicuramente rispetto a quelli che conosciamo perché da un lato ci sono i costi sanitari, che appunto ogni regione è costretta a dover gestire, e dall'altro ci sono anche i costi sociali perché la dipendenza dal gioco d'azzardo, come altre dipendenze naturalmente, coinvolge un numero di persone molto superiore al giocatore stesso. C'è il costo sanitario che lo Stato, ma quindi anche le regioni in quanto i gestori della salute pubblica, devono gestire, e che significa quindi mettere in campo delle risorse, ma ci sono anche tutti i costi sociali che conosciamo e tutti i costi economici che ne derivano da una situazione di questo tipo.
Considerate pure che noi non conosciamo ancora i numeri dei Sert che in Italia si occupano di gioco d'azzardo e quanti sono i giocatori patologici che vengono curati. Pensiamo realmente a quanto lo Stato investe poi a sua volta in questo settore. Se da un lato ha sicuramente un'entrata erariale che è superiore ai 10 miliardi, pensiamo anche poi quanti sono realmente i costi che neanche lo Stato stesso conosce.
- Giulia Migneco, hai parlato di regioni: esistono dei territori in Italia che possono dirsi “immuni” al gioco d'azzardo?
No, non esistono territori immuni e non ci sono mai stati. Questo è un po’ come il fenomeno delle infiltrazioni mafiose, anche il gioco d'azzardo è arrivato ovunque e in tutti i luoghi d'Italia è molto diffuso. Nel libro blu dell'agenzia delle dogane, che ogni anno viene diffuso, troviamo i numeri regionali del gioco d'azzardo è spesso le regioni del sud hanno dei numeri più bassi di giocato rispetto alle regioni del nord. Questo è un dato che deve farci riflettere perché è possibile che dove i numeri sono più bassi ci sia una propensione al gioco illecito più elevata. Quindi non c'è un territorio che possa considerarsi immune.
- Banalmente: che cosa c'entrano le mafie con il gioco d'azzardo?
Le mafie sono il motivo per cui lo Stato ha deciso di “legalizzare”, anche se abbiamo detto appunto che il gioco d’azzardo è illegale. L’idea dello Stato di espandersi in questo settore è proprio per contrastare quelle che erano le infiltrazioni mafiose nel settore del gioco d'azzardo. Come dicevo prima numerose inchieste hanno dimostrato che tutte le mafie gestiscono parte del settore sia legale che illegale del gioco d'azzardo. Le mafie come sappiamo oggi sono mafie di affari e cioè sono mafie che investono consistenti capitali e lo fanno anche nel gioco legale. Lo fanno acquisendo, o intestando a loro fiduciari, sale destinate al gioco o inserendo per esempio dei prestanome all'interno delle compagini societarie, oppure anche gestendo quello che è tuttora il controllo delle slot machine in alcuni territori. Anche la commissione antimafia dice che ci sono alcuni territori in cui il controllo delle slot machine è in mano alle organizzazioni mafiose. Poi i loro volumi di affari diciamo risultano moltiplicati dal sistematico ricorso a piattaforme di gioco, che sono allocate all'estero in posti che, come sappiamo, hanno anche una normativa diversa e quindi consentono l'evasione fiscale di consistenti somme di denaro mediante la creazione appunto dei sistemi paralleli e a quelli legali. Sistemi che non sono tracciabili che sono del tutto clandestini rispetto al giocatore autorizzato dallo Stato.
- La prefazione del vostro libro “La pandemia d'azzardo” è stata fatta proprio da Federico Cafiero de Raho, che il procuratore nazionale antimafia. In questa prefazione lui fa un elenco di che cosa ha fatto lo Stato in materia di gioco d'azzardo, proprio un elenco legislativo. Secondo voi, e secondo te, questi interventi sono abbastanza oppure quali azioni bisognerebbe mettere in campo, o dovrebbe mettere in campo uno Stato per ridurre il problema?
Il procuratore de Raho fa una serie di riferimenti importanti ad alcuni sicuramente incentrati su vittorie dello Stato raggiunte in questi anni. Noi abbiamo supportato l'azione dello stato quando è stata decisa, nel 2015-2016, quella che era la riduzione del numero delle slot machine sul nostro territorio. Questo è sicuramente un risultato importante, adesso cerchiamo spesso di dire che non dobbiamo tornare indietro perché adesso invece si vuole in qualche modo rimettere sul mercato un numero elevato di slot e invece noi dobbiamo tenere duro su quello che è stato il raggiungimento di quell'obiettivo.
Un altro obiettivo sicuramente raggiunto è quello del divieto di pubblicità. Finalmente dal 2019 non sentiamo più pubblicità sul gioco d'azzardo, quindi la classica pubblicità che è un po’ entrata dentro tutte le case, il famoso “ti piace vincere facile?”. Ora non ce l'abbiamo più è questo sicuramente è un risultato importantissimo che lo Stato ha raggiunto con grandi difficoltà, perché le polemiche sono state tantissime e ancora lo sono tuttora dopo due anni. Il raggiungimento di quell'obiettivo non bisogna darlo per scontato e bisogna tenere duro sul non tornare indietro. Però, come sottolinea il procuratore nazionale antimafia nella prefazione, manca ancora un approccio multidisciplinare su per comprendere un fenomeno che è davvero complesso e che coinvolge, come abbiamo visto, oltre all'ambito sanitario gli uffici delle politiche sociali e le forze dell'ordine e tutto il mondo del terzo settore. Bisogna mettersi ancora più insieme soprattutto per arrivare al primo obiettivo, di cui da anni parliamo modo ma che non abbiamo ancora raggiunto, che è una legge quadro di riordino nazionale del settore che aiuterebbe sicuramente le regioni ma che gli esercenti ad avere un quadro più specifico su questa normativa che appunto è ancora invece molto frammentata e addirittura varia da regione a regione. Ne parliamo dal 2017 e grandi risultati oltre a bandierine sventolate dai vari partiti non ne abbiamo visti.