SOCIETÀ

L'editoriale. Piattaforme d'oro

Solitamente sono molto distratto quando ascolto le notizie di borsa, soprattutto quando si parla di piani di risanamenti aziendali da parte di grandi multinazionali. Pochi giorni fa, però, una notizia mi ha particolarmente attratto: una nota piattaforma digitale di videoconferenze californiana valeva a Wall Street sei volte il gruppo automobilistico FCA. Un segno di un cambiamento dettato dal lockdown? C’è sicuramente una logica in tutto questo ma mi faccio delle domande: su tutti i profitti fatti così velocemente in questi mesi, quante tasse si pagano e dove? Quella somma di denaro a quante persone va, che tessuto sociale feconda? Ha senso, infine, che un oligopolio abbia la possibilità di controllare aspetti così importanti della nostra vita sociale, lavorativa e universitaria? Pongo solo delle domande: non so dare risposte. Certo, ci sono stati problemi di sicurezza e di privacy ma non ho le competenze per entrare nel merito.

Mi chiedo se questa economia così veloce, tutta improntata alla facilità (di uso e di reperimento), questa rapacità e queste storie di eroi fondatori che con una singola idea diventano miliardari, non porti con sé qualche problema di narrazione, di retorica. C’è qualcosa che non va? Sono narrazioni – quelle delle fortune della Silicon Valley ­– che affascinano, certo, ma dietro mancano in un lato importante: quello etico e sociale.

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