SCIENZA E RICERCA
Il legame tra esposizione al particolato e declino degli insetti
Cambiamenti climatici, deforestazione, inquinamento luminoso, uso massiccio di erbicidi e pesticidi in agricoltura, intensificazione dell’uso del suolo per scopi agricoli ed edilizi. Questi fattori, di cui spesso si parla quando si ragiona sul declino degli ecosistemi e sulle conseguenze per la salute del pianeta, impattano negativamente anche su un aspetto che è stato a lungo sottovalutato: il crescente tasso di estinzione che riguarda gli invertebrati, e in particolare, negli ambienti terrestri, gli insetti.
A tenere accesi i riflettori su questo declino silenzioso ha contributo in modo importante uno speciale, composto da 12 studi scientifici, pubblicato nel 2021 sulla rivista PNAS. Questa meta ricerca, a cui hanno collaborato 56 scienziati, ha rilevato che molte popolazioni di insetti stanno già diminuendo dell'1-2% all’anno, un trend allarmante se considerato su una scala temporale di alcuni decenni e che potrebbe avere conseguenze fortemente negative sulla sopravvivenza di innumerevoli altre specie, sull'impollinazione delle piante e sul riciclo dei nutrienti nel terreno.
Sappiamo da tempo che l'impiego di prodotti chimici e il consumo di suolo sono tra le principali cause che mettono a rischio la vita degli insetti. A questo si aggiunge però anche l'inquinamento dell'aria, il cui ruolo è stato indagato più di recente e ha portato a scoprire come alcune sostanze immesse in atmosfera possano interferire sul successo riproduttivo e sulla ricerca di cibo.
In questa direzione va uno studio, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, che ha condotto diversi esperimenti per comprendere cosa accede a un insetto quando le sue antenne sono contaminate da particolato proveniente dall'industria, dai trasporti, dagli incendi boschivi e da altre fonti di inquinamento.
The consequences of sub-lethal levels of ambient particulate matter pollution exposure for insects are unclear. Wang et al. show that accumulation of particulate matter on housefly antennae severely compromises their olfactory function.@UniMelbhttps://t.co/FfrxVDyhdm
— Nature Communications (@NatureComms) July 13, 2023
Il gruppo di ricercatori, composto da scienziati delle università di Melbourne, della Beijing Forestry University e dell'università della California Davis, è partito dalla constatazione che nonostante il particolato potrebbe essere ancora più pericoloso di altri inquinanti atmosferici comuni (come il biossido di azoto e l'ozono), i suoi effetti ecotossicologici su molti tipi di organismi, compresi gli insetti, e sugli ecosistemi più in generale rimangono relativamente poco chiari.
Il particolato atmosferico è un insieme complesso di particelle solide e liquide sospese in aria la cui pericolosità dipende sia dalla composizione chimica che dalla dimensione delle particelle: quelle più piccole, dal diametro inferiore a 2,5 µm, sono particolarmente insidiose sia per gli effetti sulla salute, sia per il fatto che sono caratterizzate da lunghi tempi di permanenza in atmosfera e possono essere trasportate anche a lunghe distanze dal luogo di emissione.
Per indagare gli effetti dei particolato sugli insetti i ricercatori hanno utilizzato le mosche domestiche, esponendole per dodici ore a diversi livelli di inquinamento atmosferico a Pechino. Dopo questa breve esposizione le mosche sono state inserire in un "labirinto" di tubi a forma di Y che si biforcava in due bracci, di cui uno caratterizzato da un odore di cibo o feromoni sessuali.
L'esperimento ha mostrato che le mosche soggette all'azione del particolato selezionavano un braccio a caso, mentre quelle "incontaminate" in genere riuscivano a seguire il segnale olfattivo. Da qui l'indicazione che l'esposizione al particolato interferisce con la capacità delle antenne di captare gli odori chiave per la sopravvivenza, come la presenza di cibo o quella di un potenziale partner.
I test neurali hanno in seguito confermato che la contaminazione dell'antenna riduce significativamente la forza dei segnali elettrici relativi agli odori inviati al cervello delle mosche, compromettendo la loro capacità di rilevare anche quelli associati alla sfera dell'alimentazione o della riproduzione.
Le antenne degli insetti sono infatti dotate di recettori olfattivi che rilevano le molecole di odore emanate da una fonte di cibo, un potenziale compagno o i siti più adatti per deporre le uova. La presenza di particolato sulle antenne agisce però come una barriera fisica che impedisce il contatto tra i recettori dell'odore e le molecole presenti nell'aria. "È importante sottolineare che l'effetto è stato evidente dopo un periodo di esposizione molto più breve sia della durata della vita adulta delle mosche domestiche sia della durata della maggior parte degli episodi di inquinamento a Pechino, quindi i nostri dati sottovalutano il vero impatto del PM sugli insetti a Pechino e nelle regioni circostanti", scrivono i ricercatori all'interno del paper.
Circa il 40 per cento della massa continentale della Terra è esposta a concentrazioni di particelle inquinanti nell'aria superiori alla media annuale raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità e, come ha sottolineato il professor Mark Elgar, ricercatore dell'Università di Melbourne e coautore dello studio, anche gli insetti che vivono in aree remote e relativamente incontaminate possono essere influenzati dall'accumulo di particolato sulle loro antenne dal momento che queste particelle viaggiano fino a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di emissione. In questi casi il tasso di accumulo dipende da molteplici fattori tra cui la frequenza, la durata, la concentrazione degli episodi di inquinamento atmosferico, la composizione chimica del particolato e l'interazione tra particolato e diverse specie di insetti.
Da questo punto di vista, spiega inoltre un comunicato dell'università di Melbourne, la ricerca nelle aree colpite da incendi boschivi nelle zone rurali del Victoria (stato australiano che nel 2009 fu devastato da uno dei roghi più tragici della sua storia) ha dimostrato che le antenne di diversi insetti, tra cui api, vespe, falene e specie di mosche, sono contaminate da particelle di fumo, anche a distanze considerevoli dal fronte dell'incendio. Proprio gli incendi boschivi, insieme alle attività agricole e industriale e al settore dei trasporti, sono tra le principali sorgenti di particolato.
A minacciare gli insetti è una pluralità di fattori, collegati in gran parte all'inquinamento e ai cambiamenti climatici. Una revisione pubblicata nel 2019 sulla rivista Biological Conservation ha rivelato che oltre il 40% delle specie di insetti è in declino e potrebbe andare incontro all’estinzione nel corso dei prossimi decenni, con conseguenze molto gravi per gli ecosistemi.
"Oltre ad essere creature affascinanti, molti insetti svolgono un ruolo fondamentale nell'impollinazione delle piante, comprese quasi tutte le colture da cui facciamo affidamento per il cibo, e nell'abbattimento del materiale in decomposizione e nel riciclaggio dei nutrienti", ricorda il professor Mark Elgar. Tutelarli spetta a tutti noi.