CULTURA

Da Londra a Padova: i viaggi del First folio di Shakespeare

Ai margini delle pagine si susseguono le annotazioni a penna. La mano scriveva “Drum” per ricordare che in scena doveva risuonare il rullo di un tamburo, annotava il turno di comparsa sul palco dei personaggi. Quell’inchiostro scorreva quattro secoli fa sui margini di un volume che veniva dunque utilizzato come prompt book per le messe in scena e che oggi rappresenta uno dei più preziosi e rari esemplari superstiti di First Folio, prima edizione completa dei lavori di William Shakespeare.

Questo volume, stampato nel 1623, pochi anni dopo la morte del drammaturgo inglese, venne ritrovato fortunosamente nel 1895 in un magazzino della Biblioteca universitaria di Padova, confuso fra molti altri testi chiusi in una cassa. Nel mezzo, più di 250 anni di un misterioso racconto da ricostruire, sul quale si sono imbastite le teorie più diverse, dal passaggio di mano fra studenti inglesi al dono di una nobildonna poetessa e scrittrice, Lady Montagu.

Lo studio più recente sulle origini del volume, presentato da Lavinia Prosdocimi nel corso del convegno internazionale “Shakespeare and Padova", prende in considerazione la possibilità che i libri ritrovati con il First Folio abbiano condiviso con il prezioso volume non solo la cassa in cui erano custoditi, ma anche il percorso che lì li condusse.

Secondo la studiosa, il testo shakespeariano sembra essere giunto nella biblioteca intorno al 1840 perché assegnato all’università in seguito alle soppressioni conventuali d’epoca napoleonica, fra il 1806 e i 1810, cui conseguì l’incameramento dei beni delle corporazioni religiose. Le sue osservazioni precise si focalizzano sulla schedatura: “È regolarmente timbrato, inventariato e schedato; l’antica scheda di catalogo riporta la segnatura SN5638, dove SN sta ad indicare la Sala Nova, un ambiente ricavato nei pressi della Sala dei Giganti di Padova, antica sede della Biblioteca Universitaria, proprio per ospitare le cessioni dei conventi soppressi. La descrizione recita: Shakespeare, tutte le opere, lingua inglese, manca il frontespizio”.

Con il trasferimento del 1912 della Biblioteca Universitaria all’attuale sede in via San Biagio, le collocazioni riferibili alla Sala Nova furono sostituite da nuove segnature che indicano lo spostamento dei volumi in successione nel magazzino. Nel catalogo, l’annotazione riguardo al First folio informa che il volume è “passato in collocazione riservata”. 

Privo del frontespizio, come già risulta dall’antica schedatura, il volume mostra oggi una rilegatura del 1960. Grazie però a preziose testimonianze è possibile risalire all’aspetto originale del volume, che doveva possedere una rilegatura in vera pelle corrispondente con ogni probabilità al rifacimento moderno. Una foto ci restituisce anche le antiche controguardie, pure mancanti. Il suo frontespizio si presenta come la variante di un’edizione del 1638 circa, momento in cui il volume doveva però trovarsi ancora in Inghilterra, perché, osserva con attenzione Prosdocimi, “la stessa mano che commenta i testi è rintracciabile anche in un prompt book edito a Londra nel 1640 e conservato nella biblioteca nazionale di Scozia”. 

Le controguardie riprodotte trasmettono altre informazioni molto preziose: quella anteriore presenta all’angolo superiore la segnatura “335”;  sul cartellino è riportato il titolo tradotto e l’indicazione della mancanza del frontespizio; segue la segnatura, in basso, “F in capsa ad levam”, collocazione che riconduce alla biblioteca benedettina di Santa Giustina a Padova. Nel catalogo di quella biblioteca si trovano infatti segnature analoghe, anche se non c’è menzione del Folio

Il percorso del nostro esemplare, dunque, passa sicuramente dal fondo dei conventi soppressi alla Sala Nova della Biblioteca Universitaria, per arrivare al magazzino della sede attuale. Proprio nella Biblioteca Universitaria, poi, sono individuabili alcuni volumi in inglese, con titolo tradotto, con la stessa rilegatura in pelle e con la medesima segnatura ricorrente: sono volumi che Prosdocimi assegna con sicurezza ad uno stesso fondo inglese, del quale però non si aveva conoscenza. Fra questi, vi è un’edizione tradotta dell’Orlando Furioso, databile al 1591 e con segnatura “334”, contigua quindi a quella del First Folio. Che si tratti di un fondo con provenienza comune è stato confermato dal ritrovamento, in un catalogo di Santa Giustina, del relativo inventario ottocentesco in lingua inglese, che include documenti databili prima della soppressione del monastero; in  appendice vengono elencati proprio i volumi collocati sotto la lettera F capsa ad levam, come il Folio. Complessivamente vi compaiono 126 edizioni di diversa datazione, da preziose cinquecentine fino ad oltre la metà del 1700. Con ogni probabilità questo corpus di libri giunse a Santa Giustina dopo la dispersione della biblioteca della Natio Anglica; una parte di questi, inoltre, mostra anche un precedente passaggio alla biblioteca dei Carmelitani Scalzi di Padova. 

Per quanto riguarda la tipologia, i “compagni di viaggio” del Folio sono per lo più di manuali pratici per mercanti e naviganti, dedicati all’arte della navigazione, a matematica, geografia, trigonometria, astronomia, o sono resoconti di viaggi ed esplorazioni. Fra di essi però compaiono anche volumi di storia della monarchia inglese, arte della guerra, testi classici, letterari e di argomento religioso. Libri e annotazioni su di essi fanno intravedere la storia inaspettata della comunità mercantile inglese a Venezia, tanto che su sei volumi si riconoscono i nomi di alcuni consoli della nazione inglese in città, fra i quali John Hobson. Ed è proprio la sua famiglia la maggiore “indiziata”, secondo Lavinia Prosdocimi, del trasferimento del First Folio a Venezia, unitamente ad altri volumi della biblioteca famigliare. Secondo un’annotazione del 1629, era John Hobson il possessore dell’Orlando Furioso del 1591 al quale si accennava in precedenza. Come il padre, anche John Hobson jr diventò console a Venezia, e lo fu pure il suo successore: la potente famiglia inglese, dunque, nel corso della seconda metà del Seicento poté ricoprire il consolato per tre generazioni. I volumi ascrivibili alla sua biblioteca, ben organizzata e con precise segnature, testimoniano l’ampiezza dei suoi interessi. 

Nel testamento del 1662 John Hobson jr lascia tutti i suoi libri “alla nazione inglese di Padova per essere ivi tenuti nella loro libreria”. Ecco che si assegna così al percorso del Folio e dei suoi “compagni viaggio” un tratto mancante che conduce il nostro testo shakespeariano dalla biblioteca dei mercanti di Venezia alla Natio Anglica di Padova, per poi essere disperso, dopo la metà del Settecento, nelle biblioteche dei Carmelitani Scalzi e dei Benedettini di Santa Giustina e arrivare in fine alla Biblioteca Universitaria di Padova.

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