Credit: Augusto Casasoli - A3 - Contrasto
Dimenticate per un attimo il piccolo Nemo, protagonista del film d'animazione Disney. Mettete da parte quell’immagine per costruirne una completamente diversa: prima di tutto, i pesci pagliaccio non sono così teneri e indifesi, anzi, in particolare tra simili, sanno farsi valere mostrando anche una certa dose di aggressività. Pare infatti che la capacità di Amphiprion ocellaris di riconoscere e aggredire individui della propria specie consenta a Nemo di mantenere il controllo. Counting Nemo: anemonefish Amphiprion ocellaris identify species by number of white bars è lo studio, pubblicato sul Journal of Experimental Biology che ha trovato recentemente spazio anche su Science: “Secondo questa ricerca, i pesci pagliaccio della specie A. ocellaris sarebbero in grado di contare fino a tre, visto che riconoscono i propri simili, caratterizzati da tre barre verticali, identificando così i soggetti più inclini a minacciare i loro anemoni e l'ordine sociale”. All'interno degli anemoni, infatti, gli Amphiprion ocellaris vivono in gruppi dalla struttura sociale ben definita mantenendo, ordine, controllo e difesa dell'anemone da potenziali intrusi.
Noti e ammirati per i colori sgargianti, i pesci pagliaccio presentano diversi modelli a barre bianche laterali, ma non nascono così (e non sempre da adulti le sviluppano). Scrive Francesca Buoninconti su Il Bo Live: "Vi stupirà sapere che i pesci pagliaccio non nascono già con le barre bianche: queste fanno la loro comparsa durante la metamorfosi da larve ad adulti, quando dal mare aperto questi pesci si stabiliscono tra gli anemoni delle barriere coralline".
Secondo lo studio condotto dai ricercatori dell’Okinawa Institute of Science and Technology "gli Amphiprion ocellaris - con tre barre bianche -, nati e cresciuti in acquario, quando si trovano di fronte a un pesce intruso, attaccano più frequentemente la propria specie rispetto ad altri pesci pagliaccio”. Si legge: “Ci siamo poi chiesti se questa specie riesca a distinguere sagome di pesci con un numero diverso di barre: a tal fine, sagome con 0, 1, 2 e 3 barre sono state presentate a 120 individui di Amphiprion ocellaris. Abbiamo quindi cercato di capire se la frequenza dei comportamenti aggressivi verso la sagoma differisse in base al numero di barre".
Della capacità di contare dei pesci già qualcosa si sa. È del 2023 la ricerca sulle abilità numeriche dello zebrafish, pesce d'acqua dolce con strisce orizzontali, pubblicata su Nature Communications Biology, ma già oltre quindici anni fa, proprio dall'Università di Padova, era emerso qualcosa di interessante grazie a uno studio di Christian Agrillo del dipartimento di Psicologia generale che introduceva la necessità di osservare un’ampia gamma di specie di pesci per poterne valutare le potenziali abilità numeriche.
Ora, a guidarci nella comprensione del nuovo studio sui pesci pagliaccio è Elena Desiderà, assegnista di ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn presso il Genova Marine Centre, con interessi specifici in ecologia e conservazione marina. “Finora, la maggior parte delle capacità cognitive dei pesci sembravano essere orientate alla sopravvivenza piuttosto che al riconoscimento di membri della propria specie. Diversi studi hanno suggerito che alcune specie di pesci potrebbero avere una capacità di conteggio legata alla ricerca del cibo o alla formazione di gruppi per la difesa". Partendo da questi presupposti, cosa ci dice il nuovo studio sui pesci pagliaccio? Iniziamo dal titolo per porci la domanda giusta: i pesci pagliaccio contano le barre bianche per distinguere gli amici dai nemici?
"Si contano 28 specie di pesce pagliaccio con una grande variabilità di colorazioni, senza o con barre su fondo aranciato, rosso, nero. Sono pesci che vivono in simbiosi con una o più specie di anemoni: ci sono pesci pagliaccio più selettivi e altri che possono scegliere più di una specie di anemone, fino a dieci tipi diversi. In ogni caso, senza l'anemone i pesci pagliaccio non posso proprio stare”. Vi è dunque un'alta competizione per ottenere il proprio posto, per assicurarsi una casa, sia tra individui della stessa specie che tra specie diverse: “I ricercatori sottolineano un aspetto interessante: alcune specie riescono a coabitare, ma questo non è il caso del pesce pagliaccio preso in esame”, per l’Amphiprion ocellaris le cose non possono andare così: la coabitazione è esclusa e, di più, “all’interno dell’anemone questa specie crea colonie con vere e proprie gerarchie di controllo sociale basate sulla taglia: le femmine sono le più grandi, poi ci sono i maschi di taglia intermedia, infine gli immaturi che sono i più piccoli. Tra questi individui avvengono interazioni fondate su comportamenti aggressivi: le femmine contro tutti, i maschi adulti se la prendono con i più piccoli e gli immaturi subiscono. Gli autori dello studio hanno cercato di comprendere le dinamiche alla base di queste interazioni. Si tratta di una selezione fondamentale per la sopravvivenza di questi pesci perché, va ribadito, l’anemone è una risorsa chiave”.
“Sono stati fatti due esperimenti partendo da individui nati e cresciuti in cattività sistemati in vasche sperimentali diverse – continua Desiderà -. I risultati dell’esperimento su base individuale ci dicono che l’Amphiprion ocellaris si mostra significativamente più aggressivo con pesci della sua stessa specie, dunque quelli con tre barre verticali. Nel secondo esperimento sono state prese in considerazione varie colonie, ognuna con tre individui di diversa taglia: come per il primo esperimento i pesci sono stati fatti acclimatare, poi si sono osservate le interazioni per valutarne dapprima l’aggressività intraspecifica in ogni colonia. Successivamente sono stati introdotti delle sagome di pesci in pasta polimerica con un diverso numero di barre, per valutare la frequenza delle interazioni degli individui della colonia con questi modellini. Anche qui si sono notate maggiori interazioni con la sagoma con tre barre, che rispecchiava la specie di appartenenza del pesce pagliaccio preso in esame”.
Dunque, i risultati ci dicono che “l’Amphiprion ocellaris utilizza il numero di barre bianche come segnale visivo per indentificare e attaccare i concorrenti che potrebbero utilizzare lo stesso anemone”, si legge nello studio. “Lo consideriamo un comportamento importante per una difesa efficiente”, spiegano gli autori. Gli stessi concludono lo studio chiedendosi se questa capacità di riconoscere un conspecifico sia innata o acquisita.
Concludendo, un’indagine di questo tipo può essere un punto di partenza per altre ricerche o approfondimenti? "Potrebbe avere una applicazione in campo etologico, di studio della personalità - spiega Desiderà -, approfondimento complesso ma possibile. Sempre a livello etologico si potrebbe associare a un'indagine sul rischio di estinzione: dopo Alla ricerca di Nemo tutti i bambini volevano un pesce pagliaccio nell'acquario e questo ha alimentato il traffico illegale di questa specie. Infine, l'Amphiprion ocellaris non lo fa, ma cosa succederebbe se si prendessero in esame specie che coabitano? Quali le interazioni tra conspecifici e individui di altre specie? Sarei curiosa di scoprirlo".