SCIENZA E RICERCA

Materia oscura primordiale?

Uno dei problemi più grandi della moderna cosmologia riguarda l’enigmatica materia oscura, che si ritiene costituisca circa l’85 percento di tutta la materia presente nell’Universo. Nonostante gli scienziati ignorino la sua natura, uno studio della Johns Hopkins University, pubblicato ad inizio agosto su ​Physical Review Letters​, introduce un’ipotesi suggestiva sulla sua origine e suggerisce come rivelarla con le future osservazioni spaziali.

“Questo lavoro permette di stabilire una nuova relazione tra fisica delle particelle e astronomia”, spiega Tommi Tenkanen, ricercatore post-doc presso il Dipartimento di fisica e astronomia della Johns Hopkins University e autore dello studio. “Se la materia oscura consiste di particelle primordiali, esse potrebbero influire sul modo in cui le galassie sono distribuite nello spazio. Potremmo perciò partire da questo presupposto per tentare di svelare la natura di queste particelle e trarre delle conclusioni sull’epoca della loro formazione”.

Anche se non esistono elementi riconducibili alla sua origine, gli astronomi hanno comunque mostrato indirettamente che la materia oscura esiste, grazie ai suoi effetti gravitazionali che esercita sulla materia ordinaria, e che è determinante per la formazione delle galassie e degli ammassi di galassie.

Inoltre, secondo il modello standard della cosmologia, si ritiene che la materia oscura sia una componente residua del Big Bang, ossia della “grande esplosione iniziale” che diede origine all’Universo 13,8 miliardi di anni fa creando spazio, tempo, materia ed energia. Tuttavia, gli esperimenti condotti finora sulla ricerca di particelle esotiche che possano essere correlate in qualche modo alla materia oscura non hanno fornito risultati incoraggianti.

“Se ammettiamo che la materia oscura sia davvero un residuo del Big Bang, allora i fisici delle particelle avrebbero già dovuto registrare un segnale diretto nei loro esperimenti”, dice Tenkanen.

Ad ogni modo, grazie alla formulazione di un semplice modello matematico, l’autore ipotizza che la materia oscura possa essere stata prodotta durante un’epoca primordiale, nota come inflazione cosmica, in cui lo spazio si stava espandendo molto rapidamente subito dopo il Big Bang. Questo processo avrebbe generato innumerevoli tipi di particelle, dette “scalari”, di cui solo una è stata osservata sperimentalmente al CERN di Ginevra (il famoso bosone di Higgs).

“Non sappiamo che cosa sia effettivamente la materia oscura, ma nell’ambito del nostro modello essa potrebbe avere a che fare con una forma di ‘particella-scalare’, aggiunge Tenkanen. “In più, non c’è bisogno di assumere altre forme di interazione tra materia oscura e ordinaria alternative alla gravità”.

In altre parole, le particelle di materia oscura sarebbero state prodotte a seguito di fluttuazioni quantistiche durante l'inflazione cosmica di un campo scalare, un po' come quello di Higgs, che potrebbe perciò essere responsabile della quantità di materia oscura osservata.

Dunque, grazie alla formulazione di un modello matematico, il più semplice possibile, forse non al meglio vagliato da altri teorici nel passato, ora potremmo essere in grado di spiegare l’origine della materia oscura. Tuttavia, rimane ancora da verificare sperimentalmente se l’inflazione cosmica, nonostante spieghi bene tutta una serie di problemi cosmologici, sia stata davvero quel processo fisico iniziale che ha dato forma e volume al nostro Universo.

Infine, l’autore suggerisce una via per tentare di testare l’origine della materia oscura andando a cercare evidenze della sua presenza nelle eventuali tracce rimaste impresse sul modo in cui la materia ordinaria è distribuita nello spazio.

“Se da un lato la materia oscura rimane troppo elusiva per gli esperimenti di fisica delle particelle, dall’altro potrebbe rivelare la sua presenza nelle future osservazioni astronomiche”, conclude Tenkanen. “Ne sapremo di più quando nel 2022 verrà lanciata la missione Euclid. Sono curioso di vedere come il satellite dell’ESA sarà in grado di fornire nuovi indizi sulla materia oscura e capire se i suoi dati potranno spingerci verso l’esplorazione delle epoche primordiali della storia cosmica”.

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