SCIENZA E RICERCA

Nei sogni una possibilità di comunicare con chi dorme (non solo nei film)

Nel momento del sonno prendiamo una pausa dalle attività della nostra vita. Un luogo-rifugio in cui recuperare le energie e allontanarci dalle pressioni dello stato di veglia, ma anche una necessità fisiologica che abbiamo in comune, declinata in diverse modalità, con l’intero regno animale, compresi gli insetti.

Ma quando dormiamo il nostro cervello è tutt’altro che inattivo: l’attività elettrica si intensifica nelle fasi di sonno profondo e la ricerca scientifica ha dimostrato l’esistenza di un legame molto importante con i processi di consolidamento della memoria. Un meccanismo che consente di rielaborare e selezionare le informazioni acquisite durante il giorno, fissando le nozioni e le esperienze più significative ed eliminando quelle non essenziali, per fare spazio a successivi nuovi ricordi.

Il sonno è però un territorio ancora non del tutto esplorato e ha nella dimensione onirica uno dei suoi misteri più affascinanti. Non sempre ricordiamo i sogni ma, quando accade, cerchiamo di interpretarli e ci chiediamo se abbiano un legame con le emozioni che proviamo di giorno, con gli impegni e le responsabilità della nostra giornata o con le paure e le speranze che si annidano dentro di noi. Al tempo stesso però i sogni sono quasi inafferrabili e bastano pochi istanti per vederli sfuggire, senza più darci la possibilità di rintracciare dettagli e particolari. 

Nel corso della storia il modo in cui l'umanità si è rapportata con il mondo onirico è profondamente cambiato e se Greci e Romani ne facevano il luogo di rivelazioni e profezie, il ribaltamento operato alla fine del XIX secolo da Sigmund Freud con L’interpretazione dei sogni è stato netto. Secondo questa prospettiva in quello che vediamo mentre dormiamo ci sono sì messaggi rilevanti, ma riguardano il nostro passato e non più la chiave per conoscere il futuro. 

Finora abbiamo pensato che entrare dentro i sogni degli altri fosse possibile solo nei film. In Inception, pellicola realizzata nel 2010 da Christopher Nolan e vincitrice di quattro premi Oscar, il protagonista è specializzato nell’estrarre i segreti dalla mente delle persone infiltrandosi nei loro sogni. Qualche anno prima Waking Life, film d’animazione del 2001, attraverso le vicende di un ragazzo che non riesce più a svegliarsi dal suo stato di sogno, ci aveva proiettato all’interno della particolare esperienza del sognatore lucido che può interagrire in tempo reale con gli avvenimenti che riempiono il suo spazio onirico.

Scena di Waking Life con il dialogo sui sogni lucidi

Fin qui il mondo dei film e la capacità dei registi di immaginare situazioni che vadano oltre l'ordinaria quotidianità. Ma uno studio condotto da quattro gruppi di ricerca di Stati Uniti, Francia, Germania e Paesi Bassi ha dimostrato che è realmente possibile entrare in contatto con le persone che stanno dormendo, arrivando in alcuni casi ad ottenere addirittura delle soluzioni a semplici quesiti di matematica. I risultati della ricerca sono stati pubblicati in questi giorni sulla rivista Current Biology in un articolo intitolato Real-time dialogue between experimenters and dreamers during REM sleep e aprono adesso la strada ad ulteriori sviluppi, sia nell'ambito della ricerca di base, sia in termini clinici.

Per comunicare con i 36 partecipanti coinvolti nell’esperimento i ricercatori hanno utilizzato diverse tecniche, dalle domande vocali alle luci lampeggianti, e sono riusciti a dimostrare per la prima volta che l’interazione con un soggetto che sta dormendo non si riduce a reazioni minime, ma può arrivare a una trasmissione di informazioni molto più ampia e complessa. I sogni ci trasportano per un breve periodo in una differente realtà, possono essere ambientati in luoghi che non sono riconducibili a quelli da noi abitualmente vissuti e possono essere popolati da persone che non abbiamo mai visto prima. Può quindi sorprendere che mentre siamo immersi in un'esperienza così diversa da quella dello stato di veglia siamo in grado di percepire delle domande che arrivano dal "mondo reale" e magari anche rispondere in modo corretto. Chiedere quanto fa 8 meno 6 non significa di certo proporre la risoluzione di un esercizio matematico complesso ma se la domanda è posta a chi è immerso nel sonno è tutta un'altra storia. I tentativi di interazione degli studiosi nei confronti dei sognatori sono stati 158: il 18% è andato a buon fine (attraverso una risposta corretta fornita attraverso il movimento degli occhi o la contrazione dei muscoli facciali), mentre il 60% delle domande è rimasto senza risposta, nel 17% la risposta non è stata chiara e nel 3% dei casi è stata errata. Secondo i ricercatori, questi numeri dimostrano che una comunicazione a doppio senso è possibile, anche se non è facile. 
 

Un aspetto fondamentale è stato aver addestrato i volontari a riconoscere il momento in cui stavano sognando: è la condizione del sogno lucido, quando si ha coscienza del fatto che si sta dormendo e l'esperienza onirica è percepita consapevolmente come tale. E' uno stato che la maggior parte delle persone sperimenta solo raramente e che consente di controllare alcuni dei contenuti o degli eventi vissuti nel sogno. La sua base neurobiologica è sconosciuta, ma le prove indicano il coinvolgimento della corteccia prefrontale anteriore (aPFC) e della corteccia parietale. 

Solo alcuni dei 36 volontari erano dei sognatori lucidi, mentre gli altri sono stati allenati a diventarlo con metodi diversi a seconda dei laboratori di riferimento. I risultati sono quindi particolarmente interessanti perché rappresentano il frutto di differenti approcci, tra Stati Uniti ed Europa.

Il Donders Institute for Brain, Cognition, and Behaviour di Nijmegen, in Olanda, è tra le realtà che hanno portato avanti la ricerca grazie alle attività del laboratorio specializzato nel sonno e della memoria, il Donders Sleep & Memory Lab. Del team che ha lavorato a questo speficifico progetto fa parte anche Anastasia Mangiaruga che è una delle autrici dello studio. A lei abbiamo chiesto di spiegarci più nel dettaglio le caratteristiche dei sogni lucidi, le modalità con cui si è cercato di addestrare i volontari a interagire con gli studiosi durante il sonno e come i risultati ottenuti potranno essere alla base di possibili applicazioni future. 

L'intervista completa ad Anastasia Mangiaruga, tra le autrici dello studio che ha dimostrato la possibilità di una comunicazione a doppio senso e in tempo reale con le persone che stanno sognando. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

"Lo studio - introduce la ricercatrice Anastasia Mangiaruga - faceva parte di un lavoro più ampio che viene portato avanti da ormai qualche anno dal professor Martin Dresler presso il Donders Sleep & Memory Lab olandese e che mira a capire come indurre il sogno lucido, cioè quello stato in cui la persona, durante il sonno, si rende conto di stare sognando. L’obiettivo è comprendere anche i correlati neurali del sogno lucido e come provare a controllare questo fenomeno che in realtà è abbastanza raro".

L'addestramento dei volontari e la combinazione di procedure per indurre il sogno lucido 

"I nostri soggetti sperimentali - entra nel dettaglio Anastasia Mangiaruga - venivano invitati a dormire per dei sonnellini mattutini in laboratorio, collegati con il poligrafo, che è il macchinario che utilizziamo per controllare l’attività elettroencefalografica e quella neurale nella persona, e poi veniva chiesto loro di mettersi comodi a pensare ai propri sogni, mentre noi lanciavamo una sorta di training di meditazione e, in contemporanea, anche degli stimoli, sia uditivi che visivi. Questi stimoli somministrati durante la veglia, ad esempio una luce intermittente o un suono, venivano poi riproposti nel periodo del sonno e dovevamo verificare che i volontari li riconoscessero. L’intento era quindi provare a ricordare alla persona che nel momento in cui veniva esposta allo stesso stimolo, doveva diventare lucida e consapevole di stare sognando.

Il passo successivo all’interno di questo stesso progetto è stato andare a somministrare, insieme a questo training, anche delle domande sotto forma di semplici calcoli matematici, a cui i soggetti sperimentali andavano a rispondere attraverso dei movimenti oculari: nella ricerca sul sogno lucido questo tipo di segnalazione è considerata il gold standard e avevamo così insegnato ai volontari anche a produrre questi movimenti oculari orizzontali molto veloci affinché potessero indicarci che in quel momento stavano sognando e che ne erano consapevoli".

Quattro gruppi di ricerca indipendenti: approcci diversi per validare un risultato comune

"La ricerca è stata condotta da quattro gruppi indipendenti che hanno deciso di collaborare insieme quando sono venuti a sapere che tutti stavano provando a comunicare con dei sognatori lucidi. Il gruppo americano collaborava già in modo diretto con noi - approfondisce l'autrice dello studio pubblicato su Current Biology - quindi abbiamo deciso di portare avanti in contemporanea la stessa procedura, per avvalorare la validazione del medesimo approccio. Il team francese ha invece utilizzato anche degli stimoli tattili, oltre a domande e stimoli sonori: loro stavano testando in particolare un paziente narcolettico con l’obiettivo di indurlo a diventare lucido e iniziare a controllare il sogno. Il sogno lucido non è un fenomeno patologico. E’ un’esperienza che non tutti riescono ad avere nell’arco della vita, ma ci sono anche persone che provano questo stato frequentemente e non si è ancora capito con certezza se dipende da fattori specifici o pattern di sonno che permettono di entrare in uno stato di controllo del sogno. Ci sono però delle condizioni come la narcolessia in cui il sogno lucido si presenta molto più spesso ed è il motivo per cui il gruppo francese, essendo costituito da neurologi che lavorano all’interno di un ospedale, ha deciso di testare un soggetto narcolettico. I colleghi del gruppo tedesco hanno usato una procedura molto simile alla nostra ma, prima del sonno notturno, andavano a insegnare anche ad utilizzare i codici morse per riconoscere le domande che venivano effettuate e comunicare con noi sperimentatori. Per quanto riguarda nello specifico la parte di studio che ho condotto insieme a Martin Dresler in Olanda abbiamo voluto provare anche a indurre il sogno lucido in persone che avevano già avuto un’esperienza di questo tipo ma che non avevano la capacità di diventare sognatori lucidi a comando. Abbiamo così messo a punto un addestramento che potesse portarli in futuro a ottenere un controllo specifico sul fenomeno".

Ci siamo quindi differenziati sotto diversi aspetti e anche in futuro proporremo sia delle domande, più o meno personalizzate, sia calcoli matematici un po’ più complessi. Ogni team di ricerca ha scelto deliberatamente di cambiare i contenuti, proprio per provare a validare il metodo che abbiamo presentato nello studio.

Il sogno e la fase Rem del sonno

"Il sogno non è specifico del sonno Rem. Ormai da qualche anno - precisa la ricercatrice Anastasia Mangiaruga - sappiamo che l’attività mentale avviene nell’arco dell’intera notte e cambia a seconda dello stadio di sonno in cui svegliamo la persona. E’ proprio grazie a queste procedure di risvegli programmati che è stato possibile scoprire l’esistenza dell’attività onirica anche nel sonno non Rem. Il sonno Rem ha però delle caratteristiche elettrofisiologiche che sono molto simili a quelle della veglia ed è contraddistinto da una maggiore visibilità di quegli stessi movimenti oculari che utilizziamo come gold standard nelle ricerche sul sogno lucido. Si ritiene che nella fase Rem sia più facile ricordare i sogni quando ci sono dei risvegli spontanei. Nel caso dei risvegli programmati il successo del ricordo onirico è invece simile.

Per quanto riguarda il sogno lucido ci sono delle prove che sia possibile anche in altri stadi del sonno, ma queste prove derivano da studi molto datati in cui i criteri stessi di identificazione degli stadi del sonno erano molto diversi da quelli attuali".

Prospettive future

"Il sogno lucido nella ricerca di base viene studiato per indagare i correlati neurali della consapevolezza e della coscienza. E’ un ambito che ovviamente ha anche risvolti più di tipo filosofico e arriva a porre delle domande a cui non è possibile rispondere facendo affidamento su metodologie specifiche. Nel campo della psicologia cognitiva e delle neuroscienze cognitive si prova invece ad indagare l’emergere di un controllo volitivo, di un pensiero metacognitivo sul contenuto onirico. Studiamo i correlati neurali della metacognizione, cioè la capacità di riflettere su quello che stiamo facendo e su quello che ci circonda e a modificare di conseguenza le nostre azioni o, nel caso del sogno lucido, i contenuti del sogno stesso.

Tornando alla ricerca di base sappiamo inoltre che al momento è praticamente impossibile avere esperienza diretta del contenuto onirico di un’altra persona: la prospettiva più importante del nostro studio - conclude Anastasia Mangiaruga - è sviluppare un metodo standardizzato che ci permetta di comunicare in tempo reale con la persona per sapere cosa sta sognando. Altre attività in cui queste conoscenze possono essere utili sono lo sviluppo di capacità di apprendimento durante il sogno lucido e si tratta di ambiti già portati avanti da altri studi. A livello clinico si sa che l’emergere di una certa consapevolezza durante il sonno, soprattutto durante i periodi di incubi, può avere una certa validità in campo psicoterapico. Sono linee di ricerca già sviluppate in passato e si spera che nel tempo possano giovare anche per gli studi sul sogno lucido".

 

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012