SCIENZA E RICERCA

Perché la sindone è un falso

L'idea che la Sindone di Torino potrebbe essere il vero telo funebre di Gesù, recante la sua immagine, per alcuni è chiaramente  irresistibile. Non sorprende dunque che, per un oggetto così emotivamente carico, la discussione circa l'autenticità sia ancora accesissima. In realtà, sulla Sindone è stata sino ad ora percepita dal pubblico di non specialisti solo quasi esclusivamente la voce degli 'autenticisti', che hanno prodotto un numero enorme di libri, scritti e conferenze a sostegno della loro tesi.

Eppure, i motivi per ritenere la Sindone un palese falso sono molti.

I motivi del dubbio

Le vere sindoni giudaiche del I secolo note agli archeologi - una decina - sono completamente diverse dalla Sindone di Torino. Tutte presentavano più teli, e corde per completare le sepolture; la trama dei tessuti aveva una semplice struttura 1:1 (la Sindone è a spina di pesce 3:1), la torcitura  dei fili era in senso orario, come quelli prodotti in Israele, mentre quelli con torcitura antioraria erano la norma in Grecia e in Italia. (la Sindone è antioraria)

- Inoltre, il telaio necessario per tessere un telo di quelle dimensioni e a spina di pesce entrò in uso solo nel Medioevo. L’unico tessuto noto di lino, a spina di pesce 3:1 e identico a quello della Sindone è conservato al Victoria & Albert Museum di Londra, ed è stato datato al XIV secolo.

Non esistono tracce documentate della Sindone di Torino fino al 1355, quando comparve improvvisamente in Francia, a Lirey, suscitando l'immediata opposizione dei locali vescovi, che la ritennero un evidente falso. (Tutti i documenti furono ritrovati e pubblicati, alla fine del XIX secolo, dal canonico Ulisse Chevalier).

Un memoriale del vescovo Pierre d’Arcis (1389) al papa Clemente VII  riporta infatti con parole durissime tutte le furiose polemiche immediatamente successive alla prima ostensione, e le azioni compiute dal suo predecessore, il vescovo Enrico di Poitiers, che ne bloccò le ostensioni e disse di avere anche trovato l'artista che l'aveva confezionata “dipingendola in modo astuto”.

Clemente VII infine nel 1390 pose termine alla lunga controversia con 4 bolle con le quali ne permise bensì l’ostensione, ma senza solennità, e ordinò che ogni volta, alla presenza del pubblico "si dica ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesu' Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario".

Per vari secoli, la Chiesa stessa considerò dunque la Sindone un falso, pur permettendone il crescente culto, soprattutto dopo che il telo, ormai proprietà dei Savoia, fu trasferito in Italia.  

- L'immagine della Sindone manca di quelle deformazioni geometriche da attendersi da un'interazione tra telo e corpo. Abbiamo  deciso di verificare sperimentalmente che tipo di impronta un vero corpo umano lascerebbe su di un telo stesovi sopra piatto. Un volontario maschio, barbuto, che portava una parrucca con capelli lunghi, è stato dipinto in modo uniforme con un liquido rosso viscoso, e un telo  vi è stato teso attentamente sopra. Il risultato  mostra, come atteso, che solo le parti più prominenti del corpo lasciano una traccia, che l'immagine non è sfumata, che mostra varie pieghe e che è grossolanamente deformata, soprattutto il volto. Nonostante vari lavori teorici, questo semplice esperimento pratico non viene mai effettuato dai “sindonologi”.

Il (presunto) sangue visibile sulla Sindone è troppo rosso per essere credibile. È invece ben noto che il sangue, fuoriuscito da un corpo vivo, diventa ben presto scurissimo per la degradazione dell'emoglobina.

- Del sangue ancora fluido, comunque, avrebbe dovuto lasciare tracce informi, che si sarebbero ulteriormente deformate al distacco del lenzuolo; mentre del sangue coagulato non avrebbe lasciato sul telo tracce di quel tipo. Si dovrebbe anche credere che tutte queste tracce di sangue si siano conservate così perfettamente nonostante tutti i maneggiamenti che il cadavere deve avere necessariamente subìto durante la deposizione dalla croce e il trasporto al sepolcro.

- Inoltre, è fisicamente impossibile che del sangue fuoriuscito dal cuoio capelluto coli sulla superficie esterna della capigliatura, anziché impiastricciarla tutta. I capelli, tra l'altro, in un corpo prono  ricadrebbero ai lati del viso e non potrebbero lasciare il tipo di impronta visibile sulla Sindone.

- Recentemente, uno studio sperimentale condotto secondo la tecnica della BPA (Bloodstains Pattern Analysis, analisi delle tracce ematiche) facendo gocciolare del sangue sul corpo di un volontario e su un manichino ha dimostrato la inverosimiglianza della posizione di varie tracce di sangue della Sindone. In particolare, affinché il sangue formi i rivoletti visibili sulla parte esterna degli avambracci, come nella Sindone, le braccia stesse dovrebbero essere in posizione quasi verticale. Analogamente, del sangue fuoriuscito dalla ferita al costato in un presunto sanguinamento post-mortem non produce la traccia sottile e trasversale all'altezza delle reni, visibile nell'impronta dorsale della Sindone (la c.d. cintura di sangue) ma una chiazza allargata sotto le scapole. (Borrini M. and Garlaschelli L. - A  BPA Approach to the Shroud of Turin. J Forensic Sc., 10 July 2018)

- La questione se vi sia o no presenza di vero sangue sembrerebbe poco rilevante ai fini dell'autenticità. Un falsario avrebbe potuto benissimo usare del sangue, e poi più tardi il telo potrebbe essere stato  ritoccato con del colore (e ciò sarebbe potuto accadere anche su una Sindone autentica).

Comunque, una prima commissione istituita nel 1973 dal Cardinal Pellegrino, comprendente medici legali ed esperti di analisi forensi, non rilevò sangue, ma presenza di granuli rossastri insolubili.

- Nel 1978 l’arcivescovo di Torino, Cardinal Ballestrero, permise di analizzare la Sindone per circa 120 ore a un team di scienziati americani detto STURP (Shroud of Turin Research Project) durante le quali furono eseguite innumerevoli analisi scientifiche.

Nel 1980 Walter McCrone, microscopista di fama mondiale, esaminò più di 8.000 fibre e particelle prelevate dal telo con speciali nastri adesivi, riscontrando tracce di pigmenti come l’ocra rossa, e di coloranti quali il cinabro e l'alizarina, e non trovò sangue. In seguito alle vivaci reazioni dei sindonologi dello STURP, McCrone fu estromesso a tutti gli effetti dalle attività dello STURP e dovette riconsegnare i nastri su cui aveva lavorato. Due chimici dello STURP, Heller e Adler, e l'italiano Baima Bollone, dissero in seguito di avere accertato la presenza di sangue.

Alcune delle conclusioni di McCrone, comunque, sono state recentemente confermate. Nel 2008, infatti, sono state eseguite analisi per spettrometria Raman sulla polvere raccolta nel 1978 con uno speciale aspiratore tra la Sindone e la tela di supporto. E' stata confermata  la presenza di una grande quantità di particelle di ossidi di ferro a vari gradi di idratazione (ocra), nonché di cinabro e altri pigmenti pittorici.

- Lo STURP nel 1978 raccomandò che nel futuro, con strumenti più sensibili, fosse eseguito il test più conclusivo, ovvero la datazione col metodo del Carbonio 14. Nel 1988 piccoli campioni prelevati da un angolo del telo furono inviati ai tre laboratori che, a livello internazionale, avevano la migliore esperienza in questa tecnica (Tucson, Oxford and Zurigo). Le analisi, condotte da scienziati neutrali e coordinate dal prof. Tite del British Museum, stabilirono che il lino utilizzato per la Sindone era stato raccolto tra il 1260 e il 1390. In perfetta concordanza con l'età storica del telo, comparso - ricordiamo - nel 1355.

La Chiesa stessa accettò questi risultati, mantenendo (formalmente) una posizione neutrale nelle diatribe scientifiche successive.

L'immagine

Gli scienziati dello STURP raggiunsero  un certo accordo su che cosa costituisce l’immagine, ma non seppero formulare teorie o ipotesi spiegassero il meccanismo della sua formazione, o di riprodurla con metodi semplici. Le proprietà dell'immagine sindonica, effettivamente, sono varie e molto peculiari, e si dice siano sostanzialmente inspiegabili e/o irriproducibili.

- La Sindone sembra una specie di negativo fotografico, dalla quale, invertendo i toni, si ottiene una sorta di fotografia.

- La luminosità di ogni punto dell’immagine negativa può essere correlato all’altezza di punti corrispondenti in una superficie generata da un computer. Questa elaborazione elettronica genera una superficie 3D che ricorda fortemente una forma umana.

- Le proprietà spettroscopiche dell’immagine nel visibile e nell’infrarosso sono molto simili a quelle di una leggera bruciatura o strinatura.

- Irraggiata all’UV, l'immagine non è praticamente fluorescente, mentre le bruciature del 1532 sono debolmente fluorescenti (marrone-rossiccio).

- L’immagine si trova nelle fibre più superficiali dei fili e non è visibile dal lato opposto del telo. Essa sembra dovuta principalmente non alla presenza di particelle di pigmenti, bensì a una colorazione giallo-brunastra delle fibre di cellulosa del lino, attribuibile a una ossidazione o degradazione della cellulosa, che potrebbe essere di origine chimica o termica.

-  Sono state trovate molte particelle di ocra rossa di dimensioni sub-micron, solo nella zona dell’immagine e – più  numerose – nelle macchie di presunto sangue.

Ma se è un falso, come è stata fatta?

- McCrone aveva ipotizzato l’utilizzo di una tecnica simile all’acquerello.  L'ipotesi appare debole poiché è difficilissimo dipingere “in negativo”, né sono noti storicamente esempi di tale tecnica.

- Poiché secondo lo STURP  l'immagine può avere le caratteristiche di una strinatura, nel 1982 Vittorio Pesce Delfino, antropologo dell’università di Bari, utilizzò una specie di bassorilievo di bronzo (del solo volto) molto piatto.  Portato a circa 220 gradi, esso lascia su una tela di lino  una strinatura che è pseudonegativa, adirezionale, sfumata, senza pigmento, contiene informazioni tridimensionali e indelebile, come la Sindone.

Il metodo ha qualche punto debole per quanto riguarda la verosimiglianza storica del procedimento, sulla sua fattibilità pratica e per il fatto che una strinatura del lino sarebbe fluorescente, mentre l'immagine della Sindone non lo è.

- Secondo lo STURP, l'ingiallimento delle fibre dell'immagine potrebbe anche avere una causa chimica.  L'americano Joe Nickell nel 1980 propose un altro metodo: egli usò un bassorilievo di gesso del volto sul quale si appoggia una tela che viene sfregata con un tampone di stoffa sporcato con dell’ocra in polvere, o altro colore secco.  Si ottiene così automaticamente un’immagine pseudonegativa, sfumata, adirezionale, tridimensionale, superficiale. Probabilmente l'immagine che l'Artefice medievale aveva prodotto era proprio simile a questa.

Sostanze chimicamente non inerti, come tracce di acidi, presenti come impurezze nel pigmento, sarebbero le vere responsabili della colorazione gialla delle fibre, che in realtà è una degradazione chimica della cellulosa. Col tempo, poi, il pigmento si sarebbe staccato, lasciando la debole immagine visibile oggi (e le microtracce di ocra).

Per mettere alla prova questa ipotesi, abbiamo fatto appositamente confezionare un telo di lino con le stesse caratteristiche (tipo di tessitura, densità, fili per centimetro, ecc.), della Sindone di Torino.

Abbiamo quindi teso la  tela sul corpo di un assistente, pinzandola agli angoli di un tavolo. Abbiamo strofinato un tampone, sporco di ocra contenente tracce di acido, sulle parti più sporgenti del corpo, poi abbiamo steso la tela su una superficie piatta e abbiamo completato l'immagine a mano libera. In questo modo si possono evitare le deformazioni dell'immagine viste in precedenza.

L'immagine del volto è stata ottenuta mettendo un bassorilievo del volto nella posizione adatta sotto la tela, e sfregando ancora col tampone.

La tela è stata poi scaldata in un apposito forno (soprannominato “La Macchina per fare le Sindoni”) a 145 °C per 4 ore, per simulare l'invecchiamento di secoli, quindi il pigmento è stato lavato via in una comune lavatrice e la Sindone stirata.

Infine sono state aggiunte le colature di “sangue” con una miscela di ocra rossa e cinabro in acqua e i fori delle bruciature.

Sono state prodotte sia la sola immagine frontale, su di un telo di circa 2 metri x 1.15, sia la riproduzione totale della Sindone, con l'immagine frontale e dorsale, su un telo di  4.40 x 1.15 m.

L'immagine ottenuta alla fine è uno pseudo-negativo,  sfumata, dovuta all'ingiallimento superficiale delle fibre, non contiene pigmento residuo (se non in microtracce), contiene informazioni 3D e non è fluorescente.

Peraltro è logico che, per quanto accurata possa essere una riproduzione, nessun tipo di invecchiamento artificiale potrà mai essere completamente equivalente a quello naturale, che ha richiesto secoli. Probabilmente, è da attendersi solo un'imitazione delle caratteristiche salienti, e non delle proprietà microscopiche dell'immagine.  Il vero significato del nostro esperimento è suggerire un meccanismo plausibile e semplice,  che in un sol colpo renda conto della formazione dell'immagine e delle sue caratteristiche, piuttosto che  ottenerne una riproduzione perfetta ma impossibile. (Garlaschelli L. - Life-size reproduction of the Shroud of Turin and its image. J Imaging Sci Technol2010; 54(4):40301.)

Ma gli “autenticisti” che prove adducono?

Il discorso è spinoso, poiché è successo più e più volte che gli “autenticisti” abbiano emesso o accettato affermazioni che, esaminate con cura dagli “scettici” si sono dimostrate del tutto fallaci.

(Si visiti http://sindone.weebly.com  e si legga: Andrea Nicolotti  - Sindone: storia e leggende di una reliquia controversa, Torino, Einaudi, 2015.)

Esempi?

- La Sindone esisteva anche prima del 1300. Era ripiegata più e più volte fino a mostrare solo la faccia, ed era nota come Mandylion. No. Il Mandylion era un “Sacro Volto” di Cristo vivo, come una Veronica, senza sangue, con gli occhi aperti e su una piccolo telo. Gli storici non ne hanno dubbi.

- Nel codice Pray, del 1195, si vede il sepolcro con la Sindone.

No. La miniatura è la rappresentazione tradizionale la visita delle pie donne al Sepolcro, dove un angelo mostra loro il sarcofago aperto. Quella che viene indicata come la Sindone è il coperchio del sarcofago, e non ha una figura.

- Sulla Sindone sono stati trovati pollini di piante che si trovavano solo in Palestina nel I secolo. No. I granuli che uno studioso disse di avere trovato, nessun altro li ha rivisti. Ora nessuno ne parla più.

- Sulla Sindone c'è l'impronta di una monetina di Ponzio Pilato di 12 mm di diametro.

No. Pareidolia prodotta da una vecchia foto. Dopo le moderne foto a colori ad altissima definizione, le tracce delle monetine sono sparite.

- L'incendio del 1532 ha fissato sulla Sindone atomi di carbonio moderno, rendendola apparentemente più giovane.

No. Tesi di un chimico russo, che si era inventato tutto. Prove sperimentali ripetute hanno escluso che l'effetto sia possibile.

- Il campione usato per il test del C-14 era inquinato da sporcizia.

No. Era stato pulito perfettamente. La datazione di frammenti di tessuti di età ben nota, condotta come controllo, aveva dato risultati perfetti. Per alterare di 1300 anni l'età radiocarbonica, l'inquinante dovrebbe pesare circa l'80% del peso del tessuto...

- Il campione prelevato apparteneva a un rammendo invisibile e recente.

No. Il prelievo fu fatto alla presenza di esperti tessili. Ancora nel restauro del 2002, nessuno ha mai trovato rammendi proprio in quell'angolino.

Ma allora qual è l'origine dell'immagine per gli autenticisti?

Non si sa bene.

Delle caratteristiche 'inspiegabili e irriproducibili', ora spiegate e riprodotte, si dice che non sono state riprodotte esattamente.

E in ogni caso,  per ottenere quell'ingiallimento delle fibre servirebbe un lampo di energia simile a quella di un potentissimo laser moderno. O forse di una enorme scarica elettrica. Insomma un miracolo.

Luigi Garlaschelli partecipata al Cicap Fest il 15 settembre alle 14.30 all'interno del convegno "Quando la scienza dà i numeri"

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012