CULTURA

È prematuro pensare che l'Intelligenza Artificiale stia segnando una nuova era per l'umanità

Un termine inglese usato molto di frequente quando si parla di nuove tecnologie che si affacciano sul mercato è “disruptive”. Alla lettera significa “dirompente”, a sottolineare il potenziale di rottura tra quello che conosciamo e quello che potrebbe essere, un prima e un dopo. Lo fanno anche i tre autori di un recente saggio sull’intelligenza artificiale intitolato L’era dell’intelligenza artificiale e da poco pubblicato in Italia da Mondadori. A firmarlo è Henry Kissinger, centenario decano della diplomazia americana che ha servito come Segretario di Stato per due presidenti (Richard Nixon e Gerald Ford), assieme a Eric Schmidt, amministratore delegato di Google tra il 2001 e il 2011, e Daniel Huttenlocher,  informatico di lunga esperienza e dal 2019 direttore dello Schwarzman College of Computing del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston. Secondo i tre autori, la diffusione dell’intelligenza artificiale sarebbe un fenomeno completamente nuovo, che “potrebbe essere dotato di forme e schemi che non abbiamo mai individuato o non possiamo nemmeno concettualizzare”. 

La novità tecnologia sarebbe a loro avviso talmente dirompente da mettere in discussione il primato della ragione, ovvero uno dei fondamenti principali dell'Illuminismo. In uno dei primi capitoli, in una cavalcata di poche pagine, la narrazione della storia del pensiero occidentale dall’antica Grecia ai giorni nostri mostra una successione di avanzamenti intellettuali e filosofici che culmina proprio con il presente. In questa lettura di stampo finalistico della storia della tecnica è oggi apparsa l’intelligenza artificiale che non si pone solamente come ultimo ritrovato dell’informatica, ma come un elemento qualitativamente nuovo in grado di alterare il rapporto degli esseri umani con il mondo. Non a caso, il sottotitolo del libro recita “il futuro dell’identità umana”, sottolineando ancor di più che non nell’edizione originale (“and Our Human Future”) quanto profondamente questa nuova tecnologia possa scuotere le fondamenta di chi siamo e della società in cui viviamo.

La realtà esplorata dall’intelligenza artificiale (IA) o con la sua assistenza sarà qualcosa di diverso da quanto gli umani hanno immaginato. Potrebbe essere dotata di forme e schemi che non abbiamo mai individuato o non possiamo nemmeno concettualizzare Kissinger, Schmidt e Huttenlocher

Una nuova era?

Ma in che cosa consiste davvero la novità dell’IA? Correndo il rischio di semplificare il pensiero di Kissinger, Schmidt e Huttenlocher, si potrebbe dire che delegando ad algoritmi e modelli una serie di compiti, comprese anche alcune scelte, che finora sono stati appannaggio esclusivo degli esseri umani, l’IA avrebbe il potenziale di mettere la logica e la razionalità in un secondo piano rispetto ad altre facoltà umane. In questo modo, suggeriscono esplicitamente, ci troveremo - se non è già avvenuto - alla fine dell’Illuminismo, ovvero alla fine dell’era che ha visto la razionalità e la logica collocate al centro del sistema di conoscenza del mondo della nostra società.

Una tesi così forte non può che generare titoli di giornale, ma al di là del clamore che può suscitare, davvero l’IA può mettere in crisi i valori dell’Illuminismo? Lo abbiamo chiesto a Umberto Curi, filosofo e professore emerito dell’Università di Padova. “Suggerirei un atteggiamento prudente”, sottolinea al telefono. Curi riconosce la portata dell’intelligenza artificiale e il suo importante impatto sulla nostra società, ma “negli ultimi decenni è successo più volte di assistere a dichiarazioni di natura radicale di fronte ad avanzamenti in ambito tecnico e scientifico, ma anche politico ed economico”. Insomma, molte volte abbiamo sentito parlare di rivoluzioni da chi sosteneva le novità, ma quasi mai ci siamo trovati di fronte a una vera svolta epocale.

 

Entusiasti e apocalittici

Fanno da contraltare agli entusiasti gli apocalittici, ovvero coloro che rigettano ogni possibilità di cambiamento. In entrambi i casi, ribadisce Curi, queste sono “posizioni ideologiche” e sarebbe più opportuno procedere con “obiettività e prudenza”. Magari lasciando lo spazio a chi ha le competenze per discutere il problema sotto il profilo filosofico. Il dibattito che si è sviluppato attorno all’IA ricorda al filosofo la discussione attorno alla teoria della relatività e alla fisica quantistica molto accesa nella prima metà del Novecento.

Un atteggiamento ideologico non giova alla reale comprensione dei fenomeni e non aiuta a capire la vera novità Umberto Curi

“Accanto alle interpretazioni delle novità scientifiche da parte di fisici con una attitudine ad affrontare i problemi anche dal punto di vista filosofico, come nel caso di Albert Einstein, Werner Heisenberg o Erwin Schrödinger”, spiega Curi, “ci sono state molte interpretazioni superficiali, come per esempio la relatività einsteiniana trattata come espressione di relativismo”. Questo tipo di atteggiamento privo di competenza, inoltre, “non giova alla reale comprensione dei fenomeni e non aiuta a capire la vera novità”.

 

Gli imprevedibili effetti secondari

Tornando all’IA, Umberto Curi sottolinea un altro aspetto che viene spesso tralasciato dai due partiti contrapposti, ovvero le conseguenze non ancora visibili dell’introduzione di una nuova tecnologia. Hanno ragione, in questo senso, Kissinger, Schmidt e Huttenlocher quando scrivono che non sappiamo ancora quale sia la portata della trasformazione prodotta dall’IA. Ogni nuovo fenomeno, infatti, comporta conseguenze positive, come quelle sottolineate dagli entusiasti, e delle conseguenze negative, che magari non sono immediatamente preventivabili

“Fin dagli inizi della nostra cultura occidentale, dai tempi di Prometeo”, ci ricorda Curi, “ogni avanzamento della tecnica ha comportato indubitabili progressi ed effetti collaterali non meno importanti”. Quello che è difficile accettare per chi ha una posizione ideologicamente entusiasta è che gli ultimi non sono separabili dai primi. “All’aumentare delle potenzialità positive per l’apparizione di un nuovo fenomeno nel mondo crescono di pari passo anche le potenzialità negative”. Un esempio di grande attualità visto il successo del film Oppenheimer di Christopher Nolan è proprio l’energia atomica, capace di produrre effetti positivi tanto quanto la distruzione e la morte. Non a caso, Robert Oppenheimer è stato soprannominato anche il nuovo Prometeo.

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