SOCIETÀ

Rapporto Censis: italiani stressati e pessimisti per il loro futuro

Un presente incerto e un futuro verso il quale solo un 14% guarda con ottimismo: è questa la fotografia degli italiani fornita dal Censis nel suo 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.

Il dossier analizza la situazione sociale dell’Italia, al termine di un decennio segnato dal rincorrersi di avvisi su una imminente frattura sociale, sul perdurare della crisi dell’occupazione e dei redditi, sulla perdita di tenuta delle istituzioni nazionali e locali, sulla fragilità del territorio e delle sue infrastrutture. 

I dati non lasciano scampo ad alibi, gli italiani, pensando al domani “il 69% dei cittadini dichiara di provare incertezza, il 17,2% pessimismo e il 13,8% ottimismo, con i pesi relativi di questi ultimi due stati d’animo quasi equivalenti, che finiscono per neutralizzarsi”.

Come siamo arrivati a questa conclusione? La domanda è cruciale anche per il Censis, che è partito proprio da questi dati per analizzare la situazione italiana. Un welfare pubblico in crisi di sostenibilità economica, un incremento di “risorse a strumenti privati di autotutela, introiettando l’ansia del dover fare da soli”, la rottura dell’ascensore sociale che ha comportato l’ansia d’avere un declassamento sociale e un andamento negativo per quanto riguarda i redditi sono stati i fattori scatenanti del pessimismo registrato.

Mobilità sociale bloccata

Secondo il 69% degli italiani infatti la mobilità sociale è bloccata, senza una prospettiva di miglioramento socio-economico personale. Non solo la “certezza” di non salire ma, nel 64% degli imprenditori e liberi professionisti è stata anche riscontrata la paura di scivolare in basso. Infine due pilastri storici su cui gli italiani potevano contare, cioè il “matton” ed i titoli di Stato, non garantiscono più le stesse garanzie di un decennio fa, tanto che il 61% degli italiani non comprerebbe più i Bot.

Il "nero" di sopravvivenza

Venuti meno questi due pilastri è subentrata anche, nel 26% della popolazione, la sicurezza che stia per arrivare una nuova recessione.

Secondo il Censis questi dati avrebbero generato negli italiani quella che l’istituto definisce una “reazione vitale” che “ha generato una formidabile resilienza opportunistica, con l’attivazione di processi di difesa spontanei e molecolari degli interessi personali, a dispetto di proclami pubblici e decreti: il severo scrutinio nei consumi, il cash accumulato in chiave difensiva, anche il «nero» di sopravvivenza”. Un legame con il contante che secondo il Censis ha una valenza “psicologica oltre che funzionale”.

Lo "stress esistenziale" degli italiani

Lo stress esistenziale, logorante perché riguarda il rapporto di ciascuno con il proprio futuro, si manifesta con sintomi evidenti in una sorta di sindrome da stress post-traumatico. Secondo il rapporto "nel corso dell’anno il 74% degli italiani si è sentito molto stressato per questioni familiari, per il lavoro o senza un motivo preciso. Al 55% è capitato talvolta di parlare da solo (in auto, in casa). E secondo il 69% l’Italia è ormai un Paese in stato d’ansia (il dato sale al 76% tra chi appartiene al ceto popolare). Del resto, nel giro di tre anni (2015-2018) il consumo di ansiolitici e sedativi (misurato in dosi giornaliere per 1.000 abitanti) è aumentato del 23% e gli utilizzatori sono ormai 4,4 milioni (800.000 di più di tre anni fa). Disillusione, stress esistenziale e ansia originano un virus che si annida nelle pieghe della società: la sfiducia. Il 75% degli italiani non si fida più degli altri, il 49% ha subito nel corso dell’anno una prepotenza in un luogo pubblico (insulti, spintoni), il 44% si sente insicuro nelle vie che frequenta abitualmente, il 26% ha litigato con qualcuno per strada".

Dalla disillusione nella politica alla voglia di un "uomo forte al potere"

La politica sembra non avere più appeal negli italiani. Non stiamo parlando della percentuale di votanti ma proprio della pulsione che fa muovere le democrazie: la voglia di discutere di ciò che riguarda tutti sembra decisamente in calo e solamente un 19% degli italiani dichiara di parlare di politica quando si incontra. La sfiducia poi tocca vette vertiginose con l'89% dei disoccupati che non ha fiducia nei partiti, percentuale che si abbassa all'81% tra gli operai ed al 76% prendendo in considerazione tutti gli italiani.

Uno scontento che secondo il Censis coinvolgerebbe maggiormente la parte bassa della scala sociale del paese, situazione però che sembra portare verso pulsioni antidemocratiche. Secondo il 48% degli italiani ci vorrebbe un "uomo forte al potere che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni" un dato che "sale al 56% tra le persone con redditi bassi, al 62% tra i soggetti meno istruiti, al 67% tra gli operai".

L'89% dei disoccupati non ha fiducia nei partiti 53° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese

Una sfiducia nella politica che però sembra essere "informata". Gli italiani infatti sarebbero interessati alle cronache della nostra politica interna (42%), tema che supererebbe anche lo sport (29%), la cronaca nera (26%) e quella rosa (18%). Numeri che fanno capire come lo scenario politico attuale sia scollato dalla realtà e che non ci sia per ora una forza politica in grado di smuovere le coscienze, instaurare fiducia e passione nell'elettorato.

In pratica, come riassume il report Censis, "si guarda la politica in tv come fosse una fiction. Lo dimostra la continua espansione dell’area del non voto alle elezioni politiche (astenuti, schede bianche e nulle): il 9,6% degli aventi diritto nel 1958, l’11,3% nel 1968, il 13,4% nel 1979, il 18% nel 1992, il 24,3% nel 2001, fino al 29,4% nel 2018".

"E non esiste nessun altro soggetto  - continua il Censis - come i politici che gli italiani vorrebbero vedere di meno nei programmi televisivi: vale per il 90% dei telespettatori. La domanda di politiche non trova un riscontro adeguato nell’attuale offerta politica. Al di fuori di retorica e propaganda, il lavoro e la disoccupazione preoccupano il 44% degli italiani (contro la media del 21% dei cittadini europei), il doppio rispetto all’immigrazione (22%), più di tre volte rispetto alle pensioni (12%), cinque volte di più della criminalità (9%) e dei problemi ambientali e climatici (8%)".

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