CULTURA

Alla riscoperta di Aristotele, padre della scienza

È uno dei pensatori più importanti della storia, ma anche uno di quelli su cui gravano più pregiudizi. Considerato dal medioevo “il” filosofo per eccellenza, a partire dal ‘600 i suoi epigoni sono spesso stati considerati avversari della nuova scienza e di ogni novità. Eppure, soprattutto negli ultimi anni, l’interesse intorno al suo pensiero sembra conoscere una nuova fioritura, come dimostrano gli studi e i convegni che in tutto il mondo continuano ad essergli dedicati (come quello che si è recentemente tenuto a Palermo il 7 e l'8 settembre). Parliamo ovviamente di Aristotele, per il quale ci siamo rivolti a uno dei massimi esperti della sua opera: Enrico Berti, classe 1935, per cinquant’anni docente di storia della filosofia a Padova e presso diverse altre università italiane ed estere, che proprio allo stagirita ha dedicato diversi libri e ricerche.

Professore, spesso si parla di Aristotele come il pensatore più influente della storia della filosofia: è possibile spiegare in poche parole perché?

“Quanto a influenza condivide questo ruolo con Platone, come del resto viene rispecchiato magnificamente nella Scuola di Atene di Raffaello, dove al centro compaiono Platone e Aristotele, mentre tutti gli altri filosofi stanno intorno. Questa influenza secondo me si spiega perché Aristotele ha creato sostanzialmente per primo il lessico filosofico, assieme alle diverse discipline in cui la filosofia si articola: la logica, la fisica, la metafisica, l’etica, la politica, la poetica… In ciascuna di queste Aristotele ha posto delle basi che sono rimaste sostanzialmente condivise e accettate da tutti: anche da quanti rifiutano la sua filosofia e che tuttavia si servono dei concetti da lui formulati e delle distinzioni da lui proposte e parlano il linguaggio filosofico da lui codificato. Questo spiega l'importanza enorme che il suo pensiero ha avuto non solo nel cosiddetto mondo occidentale, ma per esempio anche nell’oriente islamico, specialmente nel medioevo”.

Possiamo fare qualche esempio di alcune idee fondamentali risalenti ad Aristotele?

“Quando i filosofi angloamericani cosiddetti analitici vogliono fare, come dicono loro, un catalogo di tutto ciò che esiste, scoprono la necessità di raggruppare gli enti in classi, categorie come sostanza, quantità, relazione, spazio, tempo e così via. Ebbene questa idea risale alla prima opera del corpus aristotelico, che si intitola appunto Categorie e che è stata la più commentata. Oppure quando si distingue, parlando di un qualunque argomento, la materia dalla forma: sia a livello di linguaggio comune che a livello scientifico. Nelle scienze infatti non si indaga soltanto la materia, ciò di cui i corpi sono composti, ma anche la forma: cioè il modo in cui questa materia è organizzata. Da questo punto di vista le formule chimiche non sono altro che il concetto di ‘piccola forma’ che risale ad Aristotele: quando noi diciamo che la formula chimica dell'acqua è H2O non alludiamo solo a una componente materiale, ovvero agli atomi che la compongono, ma al modo in cui questi sono disposti. Ma ancora: prendiamo ad esempio i concetti di potenza e di atto oppure, nell'ambito dell'etica, quelli di virtù, di felicità, di mancanza di autocontrollo, la teoria dell'amicizia; nella politica il concetto di polis e nella poetica quello di catarsi tragica: ovunque esistono ancora oggi concetti di origine aristotelica, naturalmente poi ripresi, sviluppati e spesso modificati nei secoli”.

Aristotele ha creato sostanzialmente per primo il lessico filosofico, assieme alle diverse discipline in cui la filosofia si articola

Quali sono i caratteri essenziali che contraddistinguono il pensiero di Aristotele?

Una caratteristica distintiva è quella di sostenere che non esistono realtà astratte universali – come per esempio la mafia, la corruzione e il malcostume – ma solo individui concreti: i mafiosi, i corrotti, gli immorali. Questo distingue per esempio ogni forma di aristotelismo dal platonismo e dal neoplatonismo. Un’altra dottrina secondo me molto importante che risale ad Aristotele è la tesi secondo la quale l'essere – che pure è oggetto della filosofia prima, la cosiddetta metafisica – non ha un unico ma molti significati: ci sono molti modi di essere e anche di esistere. Un’altra tesi che a me ancora sta a cuore è che bisogna cercare di spiegare il mondo fisico soprattutto a partire dall'esperienza, ma che può anche accadere che in questa ricerca si scopra che alcune delle cause prime eccedono quest’ambito, ovvero non sono da noi sperimentabili: è questa la cosiddetta metafisica di Aristotele. Non parliamo poi dell'etica o della politica, dove il richiamo ad Aristotele ha caratterizzato in maniera determinante la filosofia mondiale dalla seconda metà del Novecento a oggi, come ho cercato di mostrare nel mio libro Aristotele nel Novecento”.

Aristotele diventò abbastanza presto l’autorità per eccellenza, non solo per la filosofia. Come mai?

“È una vicenda storica molto molto interessante. Inizialmente nella tarda antichità ebbe più fortuna Platone, anche perché il suo pensiero sembrava più vicino al Cristianesimo. I più importanti filosofi cristiani ritenevano di essere più vicini a Platone perché questi ad esempio ammette l'immortalità dell'anima e una forma di creazione. I primi a richiamarsi ad Aristotele sono stati i musulmani, proprio per rivaleggiare con i cristiani. È come se avessero detto: ‘Se Platone è vostro, noi ci prendiamo l'altro grande filosofo greco’; in questo modo ciascuna delle due culture ha costruito rispettivamente su questi due pensatori la propria teologia. Poi però nel medioevo gli stessi cristiani, per esempio Tommaso d'Aquino e Alberto Magno, ripresero a loro volta Aristotele, perché lo ritennero come dire più ‘scientifico’ di Platone, più vicino alle indagini del mondo fisico e quindi ai risultati della scienza. Nel Rinascimento la contesa fu totale, come dimostra proprio il citato dipinto di Raffaello, ma anche nei secoli successivi e in tutta l'età moderna il pensiero di Aristotele ha dominato, ad esempio nelle università. L’università di Padova nei suoi secoli migliori – tra il ‘400 e il ‘600 – è stata dominata dall’aristotelismo, e lo sapeva bene Galileo quando venne a Padova e dovette confrontarsi con gli aristotelici. Infine anche nel ‘900 dopo l'Illuminismo c'è una ripresa di Aristotele: soprattutto in Inghilterra, dove peraltro il suo pensiero non era mai stato abbandonato, e in Germania, con i critici di Hegel come Feuerbach, Marx, Kierkegaard e Brentano”.

Persino Marx?

Nel Capitale il filosofo tedesco ha parole di grande ammirazione per Aristotele e gli riconosce la scoperta di alcune distinzioni fondamentali del suo pensiero economico, come quella tra valore d'uso e valore di scambio. Lo stesso Marx inoltre in uno dei suoi primi scritti, Per la critica della filosofia hegeliana del diritto, si richiama ad Aristotele per criticare Hegel, sostenendo la necessità di porre alla base di qualunque sviluppo di pensiero un sostrato materiale. E lo chiama col nome che gli dava Aristotele, scritto addirittura in greco: hypokeimenon (ὑποκείμενον ovvero in latino substantia, ciò che sta sotto ndr)”.

Da dove viene allora l’immagine dell'aristotelismo come pensiero dogmatico e conservatore, essenzialmente nemico della scienza?

“Effettivamente la rivoluzione scientifica moderna ha dato vita a una fisica, a una astronomia e a una meccanica che sono profondamente diverse da quelle di Aristotele, il quale ovviamente non poteva sapere tutto (anche se la sua scienza fu mantenuta per più di un millennio). Non così però avvenne nelle scienze biologiche, nelle quali il pensiero di Aristotele continuò a essere uno dei riferimenti fondamentali. Lo riconosce lo stesso Charles Darwin, da molti considerato agli antipodi del suo pensiero, in quanto Aristotele era un ‘fissista’: riteneva cioè che le specie non si trasformano. Ebbene Darwin in una lettera scrive che i suoi maestri Linneo e Buffon in confronto al ‘vecchio Aristotele’ sembrano dei ‘mere schoolboys’: semplici scolaretti. Lo stesso avvenne anche nella medicina: non dimentichiamo che Harvey, lo scopritore della circolazione del sangue laureato in medicina a Padova, era e si professava aristotelico”.

Possiamo insomma dire che Aristotele è il padre della scienza?

“Certamente, intesa come indagine del mondo dell'esperienza basata sull'osservazione e soprattutto orientata alla ricerca di tutti i tipi possibili di causa. Non solo la causa materiale, ovvero ciò di cui i corpi sono fatti, ma anche altre forme di spiegazione. Il concetto di causa, che per i moderni ha un significato molto ristretto e angusto, per Aristotele comprendeva tutti i tipi di spiegazione”.

Nel Capitale il filosofo tedesco ha parole di grande ammirazione per Aristotele

E l'idea che l’aristotelismo sia profondamente legato al pensiero cristiano, in particolare alla Chiesa Cattolica?

È venuta fuori tutto sommato tardi, quando alla fine dell'Ottocento Papa Leone XIII nell’enciclica Aeterni Patris ha raccomandato l’aristotelico San Tommaso come il filosofo della Chiesa. Questo secondo me non ha giovato alla popolarità di Aristotele, che invece ha ripreso ad essere riconosciuta dopo il Concilio Vaticano II, quando la Chiesa si è per così dire convertita al pluralismo, sia teologico e filosofico. Allora si è tornati a studiare Aristotele non per farne la base della teologia cristiana, ma per il valore intrinseco del suo pensiero”.

Cosa significa essere aristotelici oggi?

“Anzitutto riconoscere che la filosofia non nasce dal nulla, e che fare filosofia non significa che ciascuno se ne debba necessariamente inventare una nuova, perché in più di 2.500 anni di storia ne sono state fatte abbastanza per ricavare da esse indicazioni utili anche oggi. E significa riconoscere che, in tutta la plurimillenaria storia della filosofia, una delle più importanti e interessanti è stata proprio quella di Aristotele. Vuol dire anche mettersi a studiare per capire che cosa veramente ha detto Aristotele, liberarlo dalle interpretazioni e dalle vere e proprie falsificazioni che spesso sono state attribuite al suo pensiero e, come le dicevo prima, riconoscere che bisogna partire dallo studio del mondo dell'esperienza, che questo è costituito da realtà individuali, ricercarne le cause e condurre sempre più avanti questa ricerca. Significa quindi riconoscere il valore delle scienze: quelle della natura ma anche quelle dell'uomo. Trarre insomma il massimo vantaggio possibile dalla storia dell'intera cultura occidentale”.

I testi di Aristotele possono quindi esserci ancora d’aiuto?

“Più di metà del mondo del filosofico contemporaneo lo riconosce. Pensiamo alla scoperta del Dna, che ha fatto dire al biologo Max Delbrück che, se si potesse dare ancora un premio Nobel alla memoria, il primo a meritarlo sarebbe proprio Aristotele. L’idea di un progetto che in qualunque specie di esseri viventi guida lo sviluppo dell'embrione, dalla sua origine fino alla formazione dell'individuo adulto, si trova già nel De Generatione animalium. Per quanto riguarda l’etica e la politica basta essere un po’ al corrente di quello che è avvenuto nel dibattito mondiale dal 1960 in poi per sapere che Aristotele è uno dei riferimenti più importanti con cui si confrontano tutti i filosofi che se ne occupano, anche di fronte ai nuovi problemi, come il declino dello stato moderno, la ripresa di idea di società politica e il concetto di cittadino”

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