SOCIETÀ

Riso e crisi idrica: rivedere i metodi di produzione

Non succede spesso che l’arte, un’arte povera come camminare sul filo, ci ricordi che l’economia è ecologia, che agricoltura e ambiente sono la stessa la cosa, che il cibo è il metabolismo che unisce l’uomo alla terra. È successo il 10 settembre a Rovasenda, grazie a una performance del celebre funambulo (e filosofo zen) Andrea Loreni, che ha camminato per 200 metri nel cielo delle risaie piemontesi.

Facciamo un passo indietro: l’estate sta per finire ma la Cina, colpita da un’ondata di caldo record con temperature oltre i 40°C, rimane in una preoccupante crisi idroelettrica: con laghi e fiumi quasi a secco a causa della prolungata siccità che ha colpito il Paese da oltre due mesi, Pechino potrebbe presto essere costretta a fare a meno del motore che ha alimentato la crescita economica degli ultimi 40 anni, l’acqua. Lo Yangtze, il terzo affluente più grande del mondo che fornisce acqua potabile a oltre 400 milioni di cinesi, ha ridotto la sua portata del 50%. Quindi, quale riso troveranno nelle loro ciotole i cinesi l’anno prossimo? Quattro province hanno già dichiarato lo stato di emergenza per l’agricoltura, sollecitando le amministrazioni locali a risparmiare più acqua possibile, anche con il ricorso a modalità di irrigazione diverse.

Questo interessa anche noi perché in futuro si potrà mangiare riso soltanto se si troverà il modo di coltivarlo con meno acqua: basta guardare le foto del Po il mese scorso per capirlo. Questa è la sfida che il neonato biodistretto di risicoltori nel vercellese sta affrontando. Riso biologico, naturalmente perché solo questo permette di ridurre il consumo di acqua a fronte di condizioni climatiche come quelle attuali. I risicoltori piemontesi tengono i campi sempre inerbiti, anche quando sono lontani dalla semina, perché lasciare la terra scoperta significa ucciderne i tanti organismi che la rendono viva, rane e raganelle di ogni tipo che convivono con le carpe e con i diversi uccelli che si nutrono di insetti.

Quella dei risicoltori piemontesi è una scienza dell’equilibrio, l’unica che può salvare il pianeta e per questo hanno chiamato a Rovasenda Andrea Loreni con la sua arte dell’equilibrio. La settimana scorsa, in questa cittadina piemontese si sono incontrate arte e scienza, terre e acque, mostrando con una performance artistica che è possibile produrre il riso senza sacrificare animali e piante che vivono negli stessi campi. Un equilibrio sul filo che simboleggiava l’equilibrio trovato dagli agricoltori che hanno iniziato un percorso appassionante di rigenerazione del proprio territorio attraverso un approccio differente, fatto di cura e vicinanza, di biodiversità e bellezza del paesaggio.

Le tragedie dell’estate 2022 dimostrano quanto sia urgente capire la desiderabilità di questo mondo che costruisce legami tra persone e natura producendo cibo. È il mondo dell’agricoltura di piccola e media dimensione, non intensiva, un’agricoltura artigiana che rispetta e nutre la terra e non solo la coltiva. Un mondo in cui la produzione coincide con generazione di diversità biologica, di nuova vita vegetale e animale. E’ il mondo di chi si unisce per costruire nuovi percorsi e abbattere steccati, tessere nuovi legami.

Promossa da Good Land e dalla Fondazione Pistoletto, con l’intervento di Barbara Nappini di Slow Food, la performance di Rovasenda ha indicato una strada: vogliamo essere parte della soluzione, non del problema. Dobbiamo essere parte della soluzione e non del problema, prima che sia troppo tardi.

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