CULTURA

Il ritorno del Grande Belzoni

Dopo due secoli Giovanni Battista Belzoni torna a Padova, ed è ancora un trionfo. Era il dicembre 1819 quando approdò con la moglie Sarah al Portello, nello stesso quartiere dove era nato il 5 novembre 1778 come Giambatta Antonio Bolzon, al numero civico 42 della via che oggi porta il suo nome. Mancava da quasi vent’anni, nei quali era stato successivamente saltimbanco, ingegnere, avventuriero e studioso.

Uomo bellissimo e gigantesco (era alto due metri e dieci), Belzoni per disposizione e mestiere conosceva anche l’arte della seduzione e della diplomazia e si era fatto precedere da un regalo importante: due imponenti statue in diorite della dea leontocefala Sekhmet (oggi ai musei eremitani). Ad accoglierlo trovò una folla in tripudio; del resto i giornali parlavano di lui da mesi: in appena tre anni aveva fatto riscoprire agli europei l’antico Egitto, portando tra le altre cose alla luce i templi di Abu Simbel, scoprendo la tomba di Sethi I e trovando la via d’accesso della seconda delle grandi piramidi, quella di Chefren.

Poi, complice la scomparsa prematura e misteriosa, su Belzoni calò poco a poco il silenzio. Persino al British Museum, dove ancora oggi campeggia il colossale busto di Ramesse II che proprio il padovano riuscì a portare da Tebe, fu a lungo considerato poco più di un abile scavatore e tombarolo. Un torto alla sua memoria che oggi si cerca di riparare nella sua città d’origine con la grande mostra L'Egitto di Belzoni. Un gigante nella terra delle piramidi, aperta dal 25 ottobre fino al 28 giugno 2020 presso il Centro culturale Altinate San Gaetano (per informazioni: www.legittodibelzoni.it).  L’iniziativa, curata da Francesca Veronese e da Claudia Gambino) è organizzata dal Consorzio Città d’Arte del Veneto e dall’agenzia di comunicazione Gruppo Icat, ed è promossa dal Comune di Padova con il sostegno della Camera di Commercio e il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

A lungo Belzoni fu considerato poco più di un abile scavatore e tombarolo; la mostra ci restituisce la sua dimensione di esploratore e di studioso

150 le opere esposte fra scritti, disegni, tavole e reperti provenienti dai più importanti musei europei. Dal British Museum è arrivata ad esempio una sfinge a testa di falco rinvenuta ad Abu Simbel, mentre dal Louvre – direttamente dalla collezione Drovetti, grande amico e poi avversario di Belzoni – sono giunte una preziosa coppa in oro, decorata a sbalzo, e una straordinaria triade con Osiride, faraone e Horus di oltre 3.200 anni fa. Altri oggetti arrivano da Bristol, Bruxelles, Gand, Torino, Firenze, Roma e Cambridge, contribuendo a ricostruire in maniera efficace non solo la vita dello scopritore, ma anche la visione dell’Egitto in voga al suo tempo. In mostra infatti ci sono reperti che raffigurano il grande culto delle divinità nilotiche, come la statuetta di Thot in forma di Ibis o il rilievo della dea Maat, ma anche alcuni frammenti che raccontano il procedimento di mummificazione e la centralità della musica nella cultura egizia. Ci sono infine tavole, disegni originali e una prima edizione del Narrative, il resoconto in inglese scritto da Belzoni con le raffigurazioni delle sue ‘imprese impossibili: graphic novel ante litteram e caso editoriale in tutta Europa.

Il percorso espositivo è caratterizzato da più livelli di lettura, che vanno dall’appassionato egittologo ai bambini e ai ragazzi, per i quali sono stati pensanti postazioni multimediali (a cura della DrawLight di Noventa Padovana) e laboratori didattici. Infine, a simboleggiare un’operazione di livello europeo, nel grande atrio del San Gaetano è stata ricostruita una piramide alta 10 metri, in scala 1 a 15 rispetto alla grande piramide di Chefren, violata proprio da Belzoni il 2 marzo 1818. “Non potevamo non fare questa mostra, la prima in Italia dedicata alla figura di questo grande esploratore – ha spiegato durante la presentazione Andrea Colasio, assessore alla cultura del Comune di Padova –.  Cancella un vuoto di conoscenza e ci restituisce la vera dimensione e il valore di un personaggio controverso su cui fino ad oggi c’è stata una sorta di damnatio memoriae, e soprattutto una grave sottovalutazione del ruolo di precursore della moderna egittologia che ha svolto”.

Un uomo straordinario dunque, quasi una figura mitica cui va decisamente stretto il ruolo di predone e di saccheggiatore che qualcuno in passato ha provato a cucirgli addosso. Belzoni infatti non si arricchì mai con le sue scoperte: al console inglese Henry Salt, che avrebbe voluto rimborsargli le spese sostenute per penetrare nella grande piramide, rispose che non trovava giusto “che un altro pagasse le spese d’una impresa in cui nulla parte aveva avuto”. E che anche dopo aver raggiunto la fama non seppe rimanere fermo a sfruttarla, trovando la morte mentre era alla ricerca della mitica Timbuctù, mai prima di allora descritta da un europeo. Era “nato viaggiatore come altri nascono poeti, ingegneri o astronomi”, scrisse un giorno Bernard Depping, suo traduttore in francese. Stavolta però è tornato a casa.

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