SCIENZA E RICERCA
Pericolo frane: semafori, droni e sistemi di allerta

Foto: Emiliano Mancuso/contrasto
Un “semaforo” che segnala l’arrivo di una colata detritica, un particolare tipo di frana che si verifica prevalentemente nei torrenti di montagna, e potrebbe permettere di bloccare il traffico stradale o ferroviario. È l’idea, già tradotta in un dispositivo pronto per l’utilizzo, di un team dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Consiglio nazionale delle ricerche, presentata per la prima volta nei giorni scorsi a Torino al congresso dell’International Association of Engineering Geology and the Environment. Un prodotto che ha suscitato l’interesse delle amministrazioni, comunali, provinciali, regionali, presenti.
“Le colate detritiche – spiega Massimo Arattano che ha partecipato alla messa a punto del nuovo dispositivo – sono provocate da materiale solido, detritico che si canalizza nel torrente e percorre anche distanze di chilometri. È un fenomeno che interessa tutto l’arco alpino, ma pure l’arco appenninico, la Calabria, la Sicilia. E sono frequenti anche all’estero, come in Giappone, in California, in Francia, in Svizzera, in Austria”.
Ora il team dell’Irpi ha messo a punto un sistema, Almond-F (Alarm and monitoring system for debris-flow), in grado di segnalare l’arrivo di una colata detritica, distinguendola da altri fenomeni che generano vibrazioni del terreno come i terremoti. Il metodo è (apparentemente) semplice. Dei sensori sismici, detti geofoni, vengono collocati nel terreno lungo il torrente a rischio frana (nel caso specifico ne sono stati collocati tre). Questi trasmettono un segnale a un dispositivo che, grazie a specifici algoritmi elaborati dal gruppo di ricerca, lo interpreta e in caso di frana attiva un lampeggiante ad esso collegato. Il vantaggio di questo sistema di rilevamento, rispetto alle tecniche utilizzate finora, è che i sensori possono essere collocati anche lontano dal presunto luogo della frana senza rischiare dunque che il torrente distrugga il sistema di allarme come può accadere ora.
“Il dispositivo – continua Arattano – potrebbe essere collegato a un semaforo che si attiva sul rosso in caso di frana e dunque blocca il traffico stradale o ferroviario a seconda dei casi, evitando che i veicoli vengano investiti mentre stanno transitando in corrispondenza di un versante a rischio”. Più i sensori sono disposti a monte dell’infrastruttura da proteggere, più efficace risulta il sistema di allerta. Supponendo ad esempio una distanza di due chilometri e una velocità di cinque metri al secondo della frana, l’allerta verrebbe data con qualche minuto di anticipo, tempo sufficiente a far scattare il semaforo e a bloccare il traffico.
Lo strumento è stato installato, a partire dallo scorso anno, in un’area attrezzata della provincia di Bolzano e testato nel bacino del torrente Gadria, zona particolarmente soggetta a colate detritiche. Sebbene il dispositivo sia pronto per essere usato, gli studi continuano.
“Il nostro obiettivo ora – spiega il ricercatore – è di andare oltre. Non vogliamo limitarci a dire quando arriva la colata detritica, ma anche a che velocità e portata. Diverso, infatti, è parlare di una colata di 10 metri cubi o di 100.000 metri cubi e, allo stesso modo, di una velocità di un metro al giorno o di cinque metri al secondo”. Queste ulteriori indagini potrebbero tradursi in un’apparecchiatura simile ai segnalatori di velocità che spesso si trovano all’ingresso dei paesi, nel caso specifico in grado di indicare non solo l’eventuale arrivo di una colata detritica, ma anche la sua portata. Informazioni di fondamentale importanza per chi è del luogo.
Lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto europeo SedAlp (Sediment management in alpine basins: integrating sediment continuum, risk mitigation and hydropower) e in partnership con Siap+Micros, azienda italiana con sede nel Trevigiano, che sulla base del progetto presentato dal gruppo di ricerca ha concretamente realizzato il dispositivo per un investimento di 150-200.000 euro.
Quello del gruppo di Massimo Arattano non è l’unico sistema di monitoraggio e allerta in caso di frana. Da anni ad esempio si ricorre ai droni, di cui Daniele Giordan e Andrea Manconi dell’Irpi hanno recentemente presentato un nuovo modello. “Abbiamo messo a punto una procedura che utilizza micro-droni per eseguire indagini di fotogrammetria e analisi di monitoraggio in scenari di frana: le immagini acquisite vengono poi elaborate con algoritmi di computer vision e sviluppate per applicazioni fotografiche”. Le eliche, grazie alla particolare forma a V del drone, non rientrano nel campo visivo della telecamera durante il volo e la nuova configurazione dei motori garantisce una maggiore affidabilità nelle aree urbane.
Infine, nell’ambito del progetto Lampre (Landslide modelling and tools for vulnerability assessment preparedness and recovery management), il Sistema di allertamento nazionale per la possibile occorrenza di fenomeni franosi indotti da piogge (Sanf) integra le misure di oltre 2000 pluviometri e le confronta con le soglie di pioggia delle mappe di suscettibilità da frana, così da monitorare in tempo reale il possibile verificarsi di nuovi fenomeni.
Quello dei fenomeni franosi è un problema sentito in Italia. Basti pensare che su un’area di 20.721 chilometri quadrati, che costituiscono quasi il 7% del territorio nazionale, sono oltre 486.000 le frane (colate detritiche comprese) rilevate finora dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nel nostro Paese. Una situazione che provoca un bilancio pesante sia in termini di perdite economiche che di vite umane.
M. Pa.