SCIENZA E RICERCA

Scoperto il più antico rossetto al mondo: risale all'età del bronzo

Gli studi archeologici portano alla luce frammenti del passato, fonti materiali che consentono di ricostruire la storia di intere civiltà e di diversi territori. Le loro scoperte sono di grande interesse, perché ci forniscono testimonianze concrete di come si vivesse in tempi tanto lontani dal nostro.

Per questo il ritrovamento del più antico rossetto, risalente all’età del bronzo, è stato accolto con grande entusiasmo.

La ricerca, pubblicata di recente su Nature è stata condotta da un’equipe di studiosi di archeologia, mineralogia e chimica dell’università di Padova, in collaborazione con diversi archeologi dell’università di Teheran (Iran). Il rinvenimento, infatti, è avvenuto nella regione di Jiroft, provincia di Kerman nell’Iran sud-orientale.

“Questi territori - racconta a Il Bo live Massimo Vidale, professore di archeologia dell’università di Padova e responsabile della ricerca - “sono quasi totalmente inesplorati, ma si è visto che le civiltà che li hanno abitati possono essere equiparate a quella mesopotamica per importanza, numero di abitanti ed opere d’arte”.

È stato grazie all’inondazione del bacino del fiume Halil, nella provincia di Kerman, nell’inverno tra il 2000 e il 2001, che sono emerse necropoli di una città sconosciuta, con tombe ricche di tesori; purtroppo la popolazione del luogo ha saccheggiato e trafugato ciò che di prezioso contenevano, per rivendere poi il tutto. Solo in seguito all’intervento delle autorità iraniane, che hanno permesso il trasporto di molti manufatti nei musei, c’è stata la possibilità di studiare i resti archeologici e di condurre alcuni scavi in queste zone. Sono state ritrovate diverse ampolle dalla forma elegante contenenti ombretti, fondotinta, mascara, ma mancavano ancora i rossetti, fino a quest’ultimo recente ritrovamento.

Lo studio è stato finanziato dall’Ismeo di Roma, un’associazione che si occupa di promuovere attività di ricerca nelle zone dell’Africa e dell’Asia, ed “ha coinvolto non solo archeologi - spiega Vidale - ma anche studiosi di geoscienza o del comparto farmaceutico”. Questo per il carattere multidisciplinare della scoperta, che per un’analisi a tutto tondo necessitava di conoscenze molto diverse, da quelle archeologiche a quelle scientifiche e chimiche. In primis, ci si è occupati della datazione, facendo ricorso alla tecnica a radiocarbonio, che ha rivelato che il rossetto risale ad un periodo compreso tra il 1900 e il 1700 a.C. È stata poi analizzata la composizione del prodotto attraverso diverse tecniche, che hanno consentito di individuare tutti gli elementi con cui il rossetto è stato realizzato. Sono stati utilizzati analisi chimica con microsonda, diffrazione a raggi x e microscopi elettronici a scansione, per individuare tutti i minerali e i composti organici che lo compongono. Il rossetto sembra essere stato preparato con una ricetta che lo rende sorprendentemente somigliante a quello attuale: è un prodotto cosmetico dal colore rosso cupo, costituito da diversi minerali quali braunite, manganite ed ematite, oltre ad oli e composti vegetali. “È l’urea – spiega ancora Vidale - oggi utilizzata come esfoliante, a rendere il prodotto simile a quello attuale”. Con qualche differenza, a partire dalla consistenza: se i rossetti di oggi appaiono come pasta da applicare, questo sembra avvicinarsi maggiormente ad una sostanza liquida. Un altro elemento rilevante è che esso contiene solo esigue tracce di piombo, a differenza degli altri cosmetici destinati alla pelle, cosa che potrebbe far supporre che gli antichi artigiani fossero consapevoli della tossicità della sostanza, se ingerita.

“Non è sorprendente” - afferma Vidale - che gli antichi artigiani avessero già all’epoca conoscenze tanto approfondite. Sappiamo che i pigmenti per il corpo venivano prodotti già due o tre milioni di anni fa, quindi questo rossetto è relativamente recente, e gli artigiani dell’epoca avevano esperienze che risalivano a centinaia di migliaia di anni prima”.

Un altro elemento che avvicina questo rossetto a quelli moderni è la sua forma. L’ampolla appare finemente lavorata e costituita da sottili incisioni: ricorda un segmento di canna palustre, che era un contenitore molto spesso utilizzato nelle civiltà antiche dell’Asia centrale e del vicino Oriente. La sua forma cilindrica fa pensare che esso poteva essere tenuto in una mano insieme ad uno specchio di rame o di bronzo, mentre con l’altra lo si poteva applicare mediante un pennello o altri strumenti simili. Questa pratica appare ricorrente, in quanto nel famoso papiro di Torino, datato XII secolo a.C., è presente l’immagine di una giovane donna che tiene nella mano destra un pennello con cui si dipinge le labbra, mentre nella sinistra regge un grande specchio rotondo e l’ampolla contenente il rossetto.

Il ritrovamento di questo rossetto ha suscitato negli studiosi diversi interrogativi, che riguardano soprattutto come le antiche civiltà dell’Iran sud-orientale fossero caratterizzate a livello sociale e culturale.

“gli scavi clandestini e i frequenti saccheggi” - spiega ancora Vidale - non ci hanno consentito di associare le tombe in cui queste ampolle sono state trovate a resti umani. Per questo non sappiamo se già in questo periodo il trucco avesse una connotazione di genere oppure no”.

Supponendo che abbellire il corpo riguardasse, già all’epoca, prettamente la sfera femminile, si può pensare che l’importanza delle donne come regine e sacerdotesse fosse già grande in queste società. I gioielli e le acconciature complesse che le contraddistinguevano, infatti, fanno supporre che curare il loro corpo fosse un modo per mostrare e affermare il loro prestigio sociale e la loro autorità. Inoltre, i numerosi ritrovamenti di ampolle di cosmetici potrebbero suggerire la volontà delle donne di affascinare e attrarre, agghindando ed abbellendo il proprio corpo.

“Stiamo procedendo per interpretazioni”, afferma Vidale, “ma di recente sono state ritrovate alcune fonti scritte tra le rovine della stessa città in cui è stato rinvenuto il rossetto; perciò in futuro auspichiamo di fornire informazioni più precise”.

Ciò che colpisce di questa ricerca è che ci avvicina ad una società da noi distante nel tempo e nello spazio, e ci mostra come anche ciò che ci appare totalmente estraneo può manifestare tratti di modernità e comunanza.

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