SCIENZA E RICERCA
Siamo parte della soluzione: la Giornata Internazionale per la Biodiversità 2021
Foto: Jason Leung/Unsplash
I venti Aichi Targets per la biodiversità, che avrebbero dovuto essere realizzati nel periodo 2011-2020, non sono stati raggiunti. Mancanza di coordinamento internazionale, assenza di una reale volontà politica ed economica nell’intraprendere azioni di tutela del patrimonio naturale e carenza della consapevolezza individuale dell’impatto delle nostre azioni sono tutti fattori che hanno contribuito a portarci nel punto in cui siamo ora.
Nel 2020 – che avrebbe dovuto essere un anno di svolta per la lotta alle due crisi congiunte, climatica e ambientale, che contraddistinguono il nostro tempo – la pandemia ha travolto ogni progetto e obiettivo, e i grandi appuntamenti internazionali sono stati rimandati di un anno: dunque, è nei prossimi mesi che si delineeranno i piani d’azione in tema di mitigazione e adattamento ai cambiamenti in corso per il prossimo decennio – l’ultimo, probabilmente, in cui si avrà davvero la possibilità di invertire l’attuale tendenza verso un rapido e drammatico mutamento del sistema Terra.
Il prossimo ottobre, in Cina, si terrà la quindicesima Conferenza delle Parti (COP15) sulla Biodiversità, in cui si dovrà decidere per l’implementazione dei protocolli della Convenzione sulla Diversità Biologica (Convention on Biological Diversity, CBD) e per l’adozione di una serie di misure che andranno a sostituire gli Aichi Targets e che saranno raccolte nel Post-2020 Global Biodiversity Framework.
La prima bozza ufficiale del documento indica quattro obiettivi principali:
- Aumentare l’area, la connettività e l'integrità degli ecosistemi naturali sostenendo popolazioni sane e resilienti di tutte le specie, riducendo il numero di specie minacciate e mantenendo la diversità genetica;
- Valorizzare, mantenere o migliorare i contributi della natura alle persone attraverso la conservazione e l'uso sostenibile a sostegno dell’Agenda 2030 per lo sviluppo globale, a beneficio di tutti;
- Condividere in modo equo e giusto i vantaggi derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche;
- Rendere disponibili i mezzi di attuazione per raggiungere tutti gli obiettivi (Goals) e i traguardi (Targets) del Global Biodiversity Framework.
L'intervista a Lorenzo Ciccarese. Servizio di Sofia Belardinelli, montaggio di Elisa Speronello
Lorenzo Ciccarese, autore di diversi rapporti IPCC, National Focal Point italiano dell’IPBES e Responsabile dell’Area per la Conservazione delle specie e degli habitat e per la gestione sostenibile delle aree agricole e forestali presso l’ISPRA, sottolinea l’importanza delle decisioni prese nei prossimi mesi: «Il 2021 è un anno cruciale per affrontare le due grandi crisi socio-ecologiche del presente. Una è il cambiamento climatico, problema certamente centrale, per il quale è essenziale trovare soluzioni in tempi brevi; la gravità di questa sfida ha però in parte oscurato l’altra grande, e altrettanto grave, questione della crisi della biodiversità.
Che siamo già nella sesta estinzione di massa è acclarato, ed è anche evidente l’impronta umana nel verificarsi di tale evento di estinzione. Il Rapporto IPBES del 2019 identifica con chiarezza le cause profonde di questa crisi della natura, di questa perdita dell’integrità biologica del pianeta: la distruzione, degradazione e frammentazione degli habitat, l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la diffusione di specie aliene invasive, l’eccessivo prelievo di risorse genetiche dagli ecosistemi, ad esempio a causa della pesca intensiva.
Conosciamo le cause, dunque, e sappiamo quali sono le strade da intraprendere per cercare di fermare questo declino. Sappiamo che erodere la biodiversità non comporta solo l’estinzione di specie – evento gravissimo già di per sé, se pensiamo che circa 1 milione di specie (sui 4 milioni di specie conosciute) è a rischio di estinzione e che, inoltre, si ritiene che vi siano molte più specie di quelle note agli scienziati – ma ha un effetto dannoso sul benessere della stessa specie umana, poiché sappiamo che le nostre società, i nostri sistemi economici si fondano sulla biodiversità, e in mancanza di essa non possono sopravvivere».
Siamo consapevoli di quel che stiamo perdendo, sappiamo quali cause sono all’origine di questo declino e conosciamo – da tempo – le soluzioni. Come sostiene Sir Partha Dasgupta nella sua Review, rilasciata nel febbraio 2021, il fatto che, nonostante gli sforzi, la crisi non si arresti è un fallimento prima di tutto istituzionale. C’è bisogno, dunque, che la politica si impegni attivamente per realizzare il necessario cambiamento: «Abbiamo poco tempo, è vero: entro il 2030 le emissioni dovranno essere almeno dimezzate, e dovremo raggiungere la neutralità climatica entro il 2050», ricorda Ciccarese. «Entro il 2030 è essenziale che si arresti il declino di biodiversità, e che questa pericolosa tendenza sia invertita. La possibilità di farlo è reale, ma c’è bisogno di scelte politiche coraggiose e ambiziose, nell’attuazione delle quali sia coinvolta tutta la società, dai decisori politici, alla società civile e al mondo dell’imprenditoria».
🌎 We can be part of the problem — or we can be part of the solution. 🌱
— UN Biodiversity (@UNBiodiversity) May 11, 2021
In the lead up to #BiodiversityDay on 22 May, show the world that you are part of the solution #ForNature and people.
Get involved! ➡️ https://t.co/dWGvr79rg6 pic.twitter.com/QAl2HZBIyG
Il tema della Giornata Internazionale per la Biodiversità 2021 è, infatti, “Siamo parte della soluzione”: prendendo coscienza della nostra appartenenza alla natura, infatti, diviene facile riconoscere che la sua tutela non può essere considerata solamente con un argomento di negoziazione istituzionale, ma che è compito di ognuno, nella propria individualità, contribuire a preservarla. È quanto afferma Lorenzo Ciccarese nel commentare lo slogan di quest’anno: «Le soluzioni sono nella natura – come recita il tema della Giornata dello scorso anno –, ma sono anche dentro di noi: ognuno può offrire il proprio impegno e il proprio contributo, sia nella dimensione personale che con il proprio ruolo pubblico. Dal punto di vista personale, è innanzitutto essenziale che si abbia la consapevolezza di quanto sta accadendo: cercare un’informazione completa e corretta è anche una responsabilità. Ci sono poi diverse azioni concrete che possiamo mettere in atto tutti i giorni, ad esempio acquistando consapevolmente, riducendo lo spreco e il consumo compulsivo, facendo attenzione alla sostenibilità dei prodotti che scegliamo. Secondo uno studio europeo, il 97% delle persone intervistate è consapevole della propria responsabilità. È un dato importante, perché anche come singoli cittadini possiamo fare pressione sui politici e contribuire, direttamente o meno, al cambiamento.
Dal punto di vista pubblico, ognuno deve impegnarsi a seconda delle proprie possibilità, del ruolo che ricopre all’interno della società. È importante condividere le proprie conoscenze, qualora le si abbiano; compiere scelte consapevoli anche nel proprio ambito lavorativo; lavorare per aumentare la sensibilità riguardo a questi temi di chi ci è intorno; non solo informarsi, ma anche informare».
Il coinvolgimento dei cittadini, l’attenzione ai problemi più pressanti e la richiesta di soluzioni è una componente importante della vita pubblica, nella misura in cui proprio i singoli cittadini hanno l’opportunità di fare pressione sulla politica, chiedendo un impegno serio e duraturo per la risoluzione della crisi climatica e ambientale. L’impegno individuale non è vano: il crescente coinvolgimento pubblico di questi anni inizia a farsi sentire anche negli ambienti istituzionali, spiega Ciccarese. «Anche nel campo della legislazione internazionale si assiste oggi a un mutamento di paradigma. Si inizia a comprendere e a perseguire alcuni obiettivi fondamentali, quali la conservazione di habitat, specie e diversità genetica, che va garantita attraverso l’istituzione di un vasto numero di aree protette, attraverso la tutela degli ecosistemi ancora presenti, il ripristino di quelli danneggiati e la creazione di una rete di corridoi ecologici che li unisca. Ad oggi, circa il 17-18% della superficie terrestre è considerata area protetta, ma dobbiamo fare in modo che entro il 2030 questa cifra raggiunga almeno il 30%: si tratta di un obiettivo non negoziabile, già riconosciuto dall’Unione Europea (questo obiettivo è contenuto nella Strategia Europea per la Biodiversità 2030) e da alcuni altri Paesi, ma che va esteso a livello mondiale. Non è un compito irrealizzabile, ma bisogna volerlo, e impegnarsi perché non rimanga solo sulla carta».
D’altronde, non è solo una questione di principio: dalla biodiversità dipendiamo direttamente. Ne va, perciò, della nostra stessa sopravvivenza: è tutto nelle nostre mani.