SOCIETÀ

Il brevetto, la scialuppa per navigare nella globalizzazione

Per quale motivo un imprenditore di Pechino mette un nome italiano alla propria linea di biancheria intima femminile? Perché chiamarla  “Giordano” invece, che so, di Tai-niang? Il motivo è semplice: il nome richiama l’Italian Style, un valore aggiunto che all’estero fa gola a tantissimi imprenditori. L’industriale italiano, senza le dovute protezioni, può inviare un container dei propri prodotti a Pechino. Quella spedizione potrebbe, però, restare unica, perché ci sono concorrenti pronti a copiare e produrre gli spessi prodotti a prezzi stracciati. E allora addio affari con i cinesi.

Il tema “l’internazionalizzazione delle imprese e la proprietà industriale” è stato al centro del convegno svoltosi nella sede di Confindustria di Padova, organizzato da Les, Licensing Executives Society, con la partecipazione dell’Università di Padova. Un tema della massima attualità, anche perché le esportazioni sono le sole che stanno dando un po’ di ossigeno all’industria italiana, sempre meno alimentata sul mercato interno. Il modo di esportare, tuttavia, è radicalmente mutato rispetto anche a un recente passato. C’è rischio di scottarsi se non si conosce il mercato estero, se non si ha una organizzazione adeguata e se, soprattutto, non viene adeguatamente tutelata la proprietà industriale. Sull’importanza della tutela di brevetti e marchi ha insistito Roberto Dini, presidente di Les Italia, società che tutela la proprietà intellettuale. Un messaggio rivolto in particolare al tessuto veneto delle piccole e medie industrie pronte a lanciarsi sui mercati esteri troppo spesso senza paracadute. È soprattutto l’innovazione che apre le porte all’export e in questo campo - ha ricordato Andrea Berti, dirigente dell’università di Padova per l’area delle relazioni industriali, ricerca e trasferimento tecnologico -  gli atenei possono svolgere un ruolo di primo piano. Sono una “sorgente” importante dell’innovazione ma poco valorizzata, anche perché professori e industriali parlano linguaggi diversi. Di qui la necessità di trovare un “interprete” per superare gap e diffidenze, al fine di trasferire i risultati di una buona ricerca sul mercato. E le strade sono molteplici: ci sono i contratti di ricerca, i dottorati, le borse di studio, gli spin-off. Le imprese così entrano in campo orientando la ricerca. Andrea Berti ha detto che spesso l’università è costretta ad andare molto lontano per vendere la propria tecnologia, nonostante l’eccellenza della ricerca svolta a Padova. Ha anche auspicato che vengano premiate le università che sanno dare seri contributi all’innovazione e che vengano soppressi i centri che non sono in grado di produrre una ricerca degna di tal nome. Se non entrano in sintonia università e industria assai difficilmente per la ricerca ci sarà un futuro. Il Bo - è stato poi rimarcato - misura in poche centinaia di migliaia di euro la vendita dei propri brevetti, mentre le università americane incamerano centinaia di milioni di dollari.

Nel corso del convegno è stato anche sottolineato che in Italia manca negli imprenditori una cultura del brevetto. Se l’innovazione non viene protetta verrà prima o poi copiata. La difesa del marchio è una valorizzazione della stessa impresa.  L’Italia è agli ultimi posti in Europa nella tutela della proprietà industriale. Nel 2013 l’Italia ha registrato 4.703 brevetti europei, la Germania ha toccato quota 32 mila. La ricerca e l’impresa italiana creano innovazione ma non hanno fiducia negli istituti che proteggono la proprietà industriale. Ci sono regole e tempi da rispettare. Gli altri lo sanno, noi in Italia no. Il rischio è quello di restare ai margini. Non è proprio il caso di restare un Paese di copiati, ma è tempo - è stato rimarcato – di difendere l’italianità vera. “Per fare lusso ci vuole l’Italia” ma nei contesti internazionali non basta. Diventa strategica la tutela legale della proprietà industriale, attraverso brevetti, marchi e protezione del design. Il brevetto, il marchio rappresentano un valore aggiunto per le imprese. In un mercato grande come il mondo non è più tempo di improvvisazione. Ci si va non con la maglietta a mezza maniche ma con elmetto e una buona corazza. 

Valentino Pesci

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