SOCIETÀ
Il cantiere aperto del Veneto: il caso Pedemontana

Il cantiere della Pedemontana nei pressi di Montecchio Precalcino (Vi)
I segni sulla terra lasciati dalla costruzione di una lingua d’asfalto restituiscono la dimensione, anche culturale, che una strada ha per paesi e popolazioni, che unisce o divide. Non tanto una lezione della storia, ma uno strumento che permette di orientare le scelte del presente: un punto di vista che rimette in discussione il significato di “grande opera pubblica” e permette la valutazione della sua reale utilità, per i cittadini e le comunità coinvolte.
Spunti, quelli che fornisce il documentario sulla superstrada pedemontana veneta SPV navigando (a vista) tra gli arcipelaghi di terraferma, presentato nel corso di un’iniziativa del Centro Giorgio Lago, che dovrebbero trovare terreno fertile in una regione, il Veneto, la cui trasformazione da zona rurale ad area fortemente industrializzata ha piegato il territorio alle esigenze di un’impresa diffusa. Il Veneto, che affronta oggi anche il ridisegno dei suoi territori provinciali e la nascita delle città metropolitane, è un cantiere aperto. Che insegue, lungo una striscia d’asfalto di quasi 100 chilometri, la realizzazione del collegamento veloce da Ovest a Est, da Vicenza a Treviso, attraverso il territorio e le campagne di 36 Comuni. La Pedemontana veneta è un “mostro” dal costo previsto di oltre due miliardi di euro, di cui solo 170 milioni da enti pubblici: il resto verrà coperto attraverso il project financing, il sistema attraverso cui i privati finanziano un’opera per poi rientrare dalle spese in forma di profitti derivanti dalla sua gestione. Uno strumento di finanziamento che la accomuna alle consorelle pedemontana lombarda (oltre 4 miliardi di euro di costi stimati) e piemontese (600 milioni).
Non si tratta di casi isolati: il rapporto 2011 della Camera sull’attuazione della legge obiettivo segnala un boom del partenariato pubblico-privato (PPP), “con 2.984 gare e un volume d’affari di 10,2 miliardi di euro si registrano tassi di crescita del 58,8% per numero di opportunità e del 12,4% per investimento. I valori raggiunti nell’anno 2010 sono stati i più alti mai raggiunti dal 2002 ad oggi.” E, continua con entusiasmo, “la nota più importante è come il PPP diventi uno ‘strumento’ sempre più utilizzato in Italia. Lo scorso anno [il 2010, ndr] è arrivato a rappresentare oltre il 31% del valore dell’intero mercato delle opere pubbliche in gara e circa il 16% del numero di gare, e nei primi 4 mesi del 2011 si registrano percentuali praticamente uguali. Nel 2002 questo mercato rappresentava quote dell’1% per numero e di circa il 6% per importi del totale delle opere pubbliche”.
La panacea per le sofferenze della finanza pubblica? Non ne è convinto Bruno Barel, avvocato e professore di diritto dell’Unione europea e internazionale: “Il project financing - spiega - è un giochino sofisticato attraverso cui un operatore economico fa un calcolo del rischio di impresa che poi scarica sul committente”, l’ente pubblico, che spesso e volentieri “ha una mancanza di know how per trattare con i privati, più avvezzi a questi meccanismi”, prosegue Barel. L’impiego della finanza di progetto ha un prezzo non irrilevante per il pubblico: i costi si scaricano infatti sull’utente e sui cittadini. “Il concetto di bene pubblico si sta modificando - argomenta Barel - Non solo nuove strade a pagamento, ma anche vecchie arterie non saranno più libere dal pedaggio”. È il caso della Treviso-mare: non esistono i fondi per costruire una nuova infrastruttura capace di trasportare frotte di turisti a Jesolo e dintorni. La soluzione? Allargare quella esistente, “facendo pagare quello che una volta era un tratto stradale libero”. I residenti dei Comuni interessati godranno di un passepartout: un permesso che somiglia tanto al libero passaggio sul bagnasciuga delle spiagge occupate dagli stabilimenti balneari.
Il problema infrastrutturale del Veneto è in realtà vasto e complesso e sconta i cronici ritardi di alcune opere rispetto ad altre. Solo le province di Treviso e Vicenza hanno una rete viaria superiore a quella della media nazionale, mentre la regione ha il peggior rapporto su scala nazionale tra estensione territoriale e quota di infrastrutture ferroviarie. Frutto di una scelta politica – secondo Legambiente – che avrebbe delegato la crescita logistica alle società autostradali e alla viabilità su gomma a discapito della rotaia. D’altra parte la lentezza con cui le opere vengono progettate e realizzate non può che accrescere le preoccupazioni per l’impatto sul territorio e sulle comunità: basti pensare che era il 1990 quando l’asse viario della pedemontana veneta veniva inserito nel piano regionale dei trasporti. “C’è una mancata cultura del territorio - conclude Barel - la prima parola dovrebbe spettare alla collettività” per rispondere a questioni essenziali: è ancora attuale la realizzazione di un’infrastruttura pensata 20 o 30 anni prima quando il quadro socio-culturale era profondamente diverso da quello di oggi?
La mancanza di una visione d’insieme è favorita anche dall’assenza, nella quasi totalità dei casi, di un metodo partecipato di dibattito sulle grandi opere, capace di definire le diverse esigenze e condiviso dalla popolazione, come accade in Francia per il débat public che precede l’avvio della fase progettuale dei maggiori interventi, consentendo un avvio sicuro e condiviso dei lavori programmati. Problema, quello della condivisione dei progetti, insieme cronico e acuto del sistema Veneto e dell’Italia, per la mancanza di raccordo tra hardware (l’infrastruttura) e software, inteso come il rapporto con le comunità, le imprese e il turismo.
Ora, a 15 anni di distanza dall’avvio dell’esperienza francese, un disegno di legge del governo Monti, approvato in Consiglio dei ministri lo scorso 29 ottobre introduce il principio della consultazione pubblica preventiva. Il proposito è buono: infatti trasformare una striscia d’asfalto in un’arteria primaria richiede (o avrebbe richiesto, nel caso della Pedemontana) la creazione di legami solidi con l’economia e la società delle aree attraversate. Resta da capire se prevarranno le spinte, non proprio disinteressate, di banche e finanziatori, che reputano il Veneto arretrato da un punto di vista logistico per competere al meglio in Europa; o quelle che, assieme alle esigenze di salvaguardia del territorio, rivendicano la valenza pubblica delle opere che incidono sulla vita della popolazione.
Mattia Sopelsa
Carlo Calore