SOCIETÀ
Grandi navi: quanto vale il brand Venezia

Una nave da crociera lungo il canale della Giudecca, di fronte al mulino Stucky. Foto: Massimo Pistore
Grave minaccia per l’incolumità storico-artistica di Venezia oppure presenza imprescindibile per non deprimere gli introiti annuali della macchina turistica lagunare? Probabilmente entrambe le ipotesi sono corrette. D’altra parte, nei giorni in cui la Costa Concordia è stata raddrizzata all’isola del Giglio, il dibattito veneziano sul passaggio delle grandi navi da crociera lungo il canale della Giudecca è quanto di più attuale ci possa essere. Le parole si sprecano, tra dichiarazioni d’intenti, polemiche più o meno sterili e decreti legge che rimangono per il momento lettera morta. Restano, scritti, in uno studio commissionato dall’autorità portuale di Venezia e realizzato dai professori Cesare Dosi, Ignazio Musu, Dino Rizzi e Michele Zanette, gli effetti sull’economia locale (e sull’indotto nazionale) nel caso in cui fosse vietato a Venezia il transito delle navi con stazza superiore alle 40.000 tonnellate (la Costa Concordia era di 114.000 tonnellate, Ndr).
Le particolari caratteristiche di Venezia, non solo richiamo turistico ma anche la favorevole situazione logistica della città (accessibilità autostradale, aeroportuale e ferroviaria), hanno consentito che la città diventasse homeport per le principali compagnie croceristiche: secondo lo studio, infatti, l‘88,6% dei passeggeri riguarda navi che utilizzano il porto di Venezia “come stazione di imbarco e sbarco dei croceristi”. Caratteristica che determina una domanda per beni e servizi locali decisamente maggiore rispetto all’essere un porto di solo “transito”.
I flussi di traffico. La città si conferma terzo porto in Europa (dietro a Barcellona e Civitavecchia) per numero di croceristi totali: un milione e 738.000 persone nel 2012 (-2.16% rispetto al 2011, a pesare secondo lo studio la crisi economica e il naufragio del Giglio). L’espansione del numero di “toccate” e del numero di passeggeri totali deriverebbe principalmente dall’incremento dei passaggi delle grandi navi. Gli scafi con una stazza superiore alle 40.000 tonnellate hanno infatti sbarcato a Venezia il 93,6% dei passeggeri. Nel corso del 2012 hanno fatto scalo 87 navi delle principali compagnie di navigazione, generando, nel complesso, 639 soste alla Marittima. L’85% del traffico riguarda navi che hanno eletto Venezia come homeport e che rimangono in banchina per un tempo compreso tra un minimo di 10 ore e un massimo di 48 ore (influenzando la spesa indotta da passeggeri ed equipaggio).
Varia la dimensione delle navi che attraccano: si va dalle piccole navi ai giganti di oltre 100.000 tonnellate di stazza e lunghezza superiore ai 300 metri. Il decreto Clini-Passera vieterebbe il transito di tutte le navi oltre le 40.000 tonnellate che rappresentano circa il 61% totale delle navi che attraversano in un anno il canale della Giudecca. La situazione, rapportata al numero dei passeggeri, dice che il 45% dei croceristi è giunto a Venezia su navi con più di 100.000 tonnellate di stazza, e un ulteriore 48% ha viaggiato su navi di medie dimensioni (tra le 40.000 e le 100.000 tonnellate).
In base a queste cifre, lo studio affronta un’analisi dettagliata della domanda per l’acquisto di beni e servizi legata al transito e alla permanenza in porto delle navi da crociera e dei loro passeggeri. In base ai dati riportati, risulta che “la domanda è stimata in 436 milioni di euro, di cui 283,6 (il 64,9% del totale) per beni e servizi locali”. Il rapporto indica come la maggior parte della spesa proviene dai croceristi che si imbarcano o sbarcano a Venezia: la stima delle loro spese è di circa 207 milioni di euro (il 72% del totale). Il resto deriva dalle spese legate alle compagnie di navigazione (16,4%) e all’equipaggio (10,6%). Naturale dedurre che il grosso della spesa dei passeggeri si riversi per il 68% in servizi turistici (alberghi e ristoranti), di commercio e di trasporto.
L’effetto sul valore aggiunto locale è stimabile in 221,6 milioni (3,26% del Pil del Comune di Venezia). Dal punto di vista occupazionale, l’impatto è stimabile in 7.473 unità di lavoro equivalenti a livello nazionale. Oltre 4.000 sono invece le unità di lavoro equivalenti nell’area veneziana (circa il 4% del totale degli occupati di Venezia).
Nell’ipotesi in cui il transito delle navi con oltre 40.000 tonnellate di stazza fosse vietato, senza trovare soluzioni alternative, le ricadute economiche sarebbero importanti. I risultati dello studio sono chiari: il numero di croceristi si ridurrebbe del 90% rispetto ai valori registrati nel 2012 e la spesa per beni e servizi locali si attesterebbe attorno ai 40 milioni di euro (contro gli attuali 283,6). In questo scenario “il valore aggiunto sarebbe di 31 milioni di euro e l’occupazione si ridurrebbe di 600 unità con una perdita stimata di 190,6 milioni di euro di valore aggiunto e di 3.661 unità di lavoro”.
Cifre non di poco conto che dimostrano come l’equilibrio di una città come Venezia è stretto non solo dal pericolo rappresentato da una manovra errata di una grande nave, ma anche dalla perdita degli introiti economici di una città da troppo tempo votata molto al turismo e poco alla sua stessa salvaguardia.
Mattia Sopelsa