SOCIETÀ
Islamofobia alle stelle già prima degli attentati

Foto: Reuters/Amr Abdallah Dalsh
Lo sgomento, il terrore, la rabbia, il senso d’allarme e di accerchiamento. Non solo in questi giorni, non solo in seguito alla strage di Parigi. E non solo in Francia: lo stesso accade anche qui, in Italia. Ad affermarlo è un’indagine Ipsos-Mori, che confronta il numero reale di musulmani presenti in 14 Paesi del mondo con il dato percepito dalla popolazione. La dice lunga, infatti, l’abissale distanza fra realtà e convinzioni condivise in Italia, dove la popolazione di religione islamica è solo il 4% del totale (una persona su 25), ma sale al 20% nella percezione degli italiani, che si dicono quindi convinti che una persona su cinque sia musulmana, ben oltre ogni evidenza.
In Francia la distanza in termini assoluti fra dato reale e dato percepito è ancora più ampia: 8% contro 31%, un baratro di 23 punti percentuali. Eppure una ricerca Pew dello scorso anno registrava una buona attitudine dei francesi verso la componente musulmana residente nel proprio paese, la migliore in Europa: quasi due terzi della popolazione la vedeva infatti favorevolmente. Dalla medesima ricerca una conferma impietosa arriva invece per quanto riguarda gli italiani, per i quali si registra una proporzione rovesciata, con 63 persone su 100 che esprimono un’ opinione negativa nei confronti dei musulmani.
Da tempo, ormai, l’occidente soffre di islamofobia, un sentimento di diffidenza, talvolta paura, verso la religione musulmana. Questa è la diagnosi fatta dal Religion Monitor, indagine sulla pratica e i sui sentimenti di religiosità e spiritualità nel mondo occidentale condotta dalla Bertelsmann Foundation, organizzazione no-profit tedesca. Alla ricerca, pubblicata in tempi meno sospetti, nel 2013, ha fatto recentemente seguito un approfondimento sul rapporto fra i tedeschi e l’Islam (novembre 2014).
Secondo questi studi, non solo in Germania, ma diffusamente in Europa e in Nord America la percezione dell’Islam è connotata in modo straordinariamente negativo, per la combinazione di episodi di violenza e di terrorismo amplificati dai media che vanno a intrecciarsi nel quotidiano con i problemi domestici d’integrazione. In particolare la Germania orientale, che accoglie un numero relativamente basso di residenti musulmani, è caratterizzata da una percezione fortemente stereotipata dell’Islam; ma sono Spagna e Svizzera le nazioni europee che più fortemente individuano nella religione musulmana una minaccia . E colpisce, in questo contesto, la constatazione di una consolidata paciosità europea nei confronti di altre religioni non significativamente diffuse sul territorio domestico, come il buddismo o l’induismo, considerate fedi“esotiche”, con le quali il contatto è molto limitato.
Secondo la più recente pubblicazione tedesca, né l’orientamento politico e tanto meno il livello d’educazione scolastica hanno un effetto apprezzabile sulla percezione personale della popolazione musulmana. Addirittura, nonostante il livello di istruzione sia generalmente inversamente proporzionale a sentimenti di xenofobia, in questo caso la proporzione perde valore. E anche se i laureati mostrano una minore “islamofobia”, uno su due vede nell’Islam una minaccia, mentre il 40% è convinto che sia incompatibile con il mondo occidentale. La convinzione dell’incompatibilità con la morale, la politica o i costumi occidentali è ampiamente condivisa in Europa, e ad affermarlo è una percentuale di intervistati che varia dal 65% (Spagna) al 45% (Gran Bretagna).
Curiosamente, se la parola “Islam” fa paura, i dati tedeschi rivelano che invece il termine “musulmano” appare meno minaccioso: i singoli fanno meno paura del gruppo "diverso", le persone spaventano meno della loro religione, considerata invece incompatibile con il mondo occidentale agli occhi della maggioranza degli europei. L’ampia diffusione di stereotipi sui musulmani non fa che rinforzare una crescente paura nei confronti di possibili atti terroristici, purtroppo recentemente confermati, ma in realtà ancora molto limitati su territorio europeo, come riporta l’Europol nel Eu Terrorism Situation and Trend Report 2014.
In particolare, il rapporto dimostra come anche in questo caso la percezione sopravanzi la realtà: di attacchi terroristici, in Europa, se ne fanno soprattutto per cause separatiste, e sono per lo più eventi su piccola scala. I motivi religiosi sono molto meno frequenti: nel 2013 sono stati messi a segno 152 attentati in cinque nazioni europee, ma nessuno di questi è classificato a sfondo religioso, anche se in due casi la religione ha giocato un ruolo importante. È pur vero, però, che dal 2011 gli arresti per terrorismo a sfondo religioso sono in continuo aumento in Europa, passando da 122 a 216. La maggior parte degli stati europei considera infatti il terrorismo religioso una delle minacce più gravi per la sicurezza interna; da qui discende uno sforzo di indagine in questo campo che porta a un sempre più consistente numero di arresti. Si tratta soprattutto di fermi non solo per l’organizzazione e l’esecuzione di atti terroristici, ma anche per apologia di terrorismo, spesso via social media, per l’organizzazione di gruppi d’addestramento volti ad alimentare il conflitto siriano e per raccolta di finanziamenti con obiettivi terroristici.
È un circolo di azioni e notizie, cause ed effetti che alimenta la paura, ma che da essa è anche alimentato. Per questa ragione il Religion monitor acclude alla diagnosi di islamofobia una ricetta col rimedio. La diffidenza è delimitabile, il timore è riducibile e addomesticabile: è necessario conoscersi e conoscere, frequentare persone di fede diversa in quartiere, nel tempo libero, sul lavoro. È necessario accettarsi. A patto che lo facciano tutte le parti.
Chiara Mezzalira