SOCIETÀ

L'era dei cavi sottomarini: sempre più importanti, sempre più fragili

Da una parte ci sono i sospetti di Taiwan che una nave cinese abbia illegalmente tagliato i propri cavi di connessione dati sottomarini, dall’altra una vera e propria battaglia di nervi sul Mar Baltico che, come ha approfondito Andrea Gaiardoni su questo giornale, ha portato la Nato ad annunciare una nuova missione proprio per proteggere i cavi sottomarini. Mark Rutte ha affermato che la missione, soprannominata "Baltic Sentry", coinvolgerà aerei da pattugliamento, navi da guerra e droni. Un’attenzione particolare che punta gli occhi verso est. Nonostante la Russia non sia stata direttamente individuata come colpevole del danno ai cavi, Rutte ha affermato che la Nato intensificherà il monitoraggio della "flotta ombra" di Mosca, cioè di quelle navi senza una chiara proprietà utilizzate per trasportare prodotti petroliferi sottoposti a embargo.

L’annuncio è stato fatto durante un vertice a Helsinki a cui hanno partecipato tutti i paesi della Nato arroccati sul Mar Baltico: Finlandia, Estonia, Danimarca, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia.

La decisione quindi, è arrivata dopo che nei mesi scorsi c’erano stati danneggiamenti o veri e propri tagli voluti di alcuni di questi. Stiamo parlando di cavi sottomarini di trasmissione dati, appoggiati sui fondali europei. 

 

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Il danneggiamento del C-Lion1

Il primo ad essere stato tranciato, nel novembre scorso, è stato il C-Lion1, di proprietà di Cinia Oy, cioè quel cavo della società finalndese che collega la Finlandia alla Germania. Per la precisione parte da Helsinki, passa per Hanko e finisce a Rostock in un viaggio lungo 1.172 km. Il danno è avvenuto a sud-est di Oland, un'isola svedese, ed è la prima volta che il cavo è stato danneggiato da quando è entrato in servizio, nel 2016. Il danno, riparato a fine novembre, aveva interrotto alcuni trasferimenti di dati ma di fatto non aveva mai messo a repentaglio la connessione internet o la sicurezza di nessuno dei paesi. Il Ministro della Difesa tedesco però, era stato chiaro: “Nessuno crede che questi cavi siano stati tagliati per sbaglio”. Anche la società proprietaria del cavo, nel suo sito, parla apertamente di danneggiamento e non di incidente, pur ammettendo che i colpevoli sono ancora da trovare.

Tornando a Taiwan, il Paese ha detto che intensificherà la sorveglianza dopo che una nave cargo cinese è stata sospettata di aver danneggiato un cavo di comunicazione sottomarino. Le tensioni tra Taiwan e Cina vanno ben oltre questi cavi dati sottomarini, e l'incidente ha allarmato Taiwan, che si è lamentata ripetutamente delle attività cinesi nella "zona grigia" attorno all'isola. Azioni che verrebbero considerate un modo per mettere l’isola sotto pressione senza uno scontro diretto. 

È stata la stessa società di telecomunicazioni taiwanese proprietaria del cavo a rivolgersi alla guardia costiera che di conseguenza avrebbero affermato di sospettare che la Shunxin39, una nave cargo collegata alla Cina, avrebbe potuto tagliare il cavo, in un incidente. Non sono state portate prove dirette ma la nave sospettata sarebbe una nave battente bandiera del Camerun e della Tanzania, con un equipaggio di sette cittadini cinesi e di proprietà della Jie Yang Trading Limited, società di Hong Kong diretta da un cittadino cinese.

In un mondo sempre più interconnesso, dove arrivare in tempo reale da una parte all’altra della Terra ci sembra cosa scontata, è bene ricordare che quasi la totalità di queste comunicazioni digitali mondiali si basa proprio su cavi sottomarini.

La storia

Era il 1854 quando l'imprenditore newyorkese Cyrus Field propose di posare un cavo di collegamento sul fondale dell’oceano atlantico. Solo quattro anni prima, nell'agosto del 1850, la English Channel Submarine Telegraph Company di John Watkins Brett stese la prima linea attraverso la Manica. Era un semplice filo di rame di sole 20 miglia, ma per la prima volta si collegava via cavo l’Inghilterra e la Francia. 

Oggi i cavi sottomarini nel mondo sono più di 600 e partono o arrivano da 1.636 diversi punti per un tragitto pari a 1,4 milioni di chilometri. A mapparli è la TeleGeography, che fornisce una cartina dettagliata e aggiornata quotidianamente su queste infrastrutture. 

In questi cavi passano dati, e quando parliamo di dati parliamo di tutto. In particolare di transizioni economiche. Il capo della Nato Mark Rutte ha dichiarato che attraverso tutti questi chilometri di connessione passano transazioni finanziarie stimate in 10 trilioni di dollari al giorno. Bastano questi numeri per capire l’importanza della sicurezza di questi cavi e di quanto questi possano essere un obiettivo per destabilizzare o peggio, tagliare fuori, intere nazioni. Gli investimenti in queste infrastrutture poi, sono in netta crescita. Sempre TeleGeography ci dice che in dieci anni, nonostante diverse oscillazioni, sono passati da un miliardo di dollari agli attuali 4,5. 

Un altro dato interessante da leggere poi, è il numero di chilometri previsto e in che zona. Leggere questo dato è come vedere con gli occhi del futuro dove si svilupperanno di più le connessioni. Sappiamo che quelle che attraversano l’Atlantico sono le più vecchie, anche se naturalmente negli anni sono state modificate e aggiornate. È il caso, ad esempio, del sistema Apollo di Vodafone, che ha festeggiato il suo 20° compleanno l'anno scorso. Apollo collega, con un cavo di oltre 13 mila chilometri, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito attraverso due percorsi paralleli, uno a nord, l'altro a sud, e ciascuno con la propria coppia di stazioni di atterraggio. 

I grandi colossi

Ultimamente poi, sono i grandi provider ad investire maggiormente su questo campo. Società come Amazon, Google, Meta e Microsoft sono sempre più attive. Google ha interessi nel Faster, che collega gli Stati Uniti con il Giappone e Taiwan, in Junior, un cavo di 390 km tra Santos e Rio de Janeiro in Brasile, in Monet, con i landing point di Santos, Fortaleza e la Florida, poi anche nel Pacific Light Cable Network (PLCN) e nel Southeast Asia Japan Cable (SJC), che collega Giappone, Cina, Filippine e Singapore, nel sudamericano Tannat che va dall’Argentina al Brasile passando per l’Uruguay e infine in Unity che va dagli Stati Uniti al Giappone. Proprio per migliorare questa tratta il colosso americano sta investendo un miliardo di dollari per due nuovi cavi sottomarini. Il primo, Proa passa già da Guam mentre il secondo, Taihei, parola giapponese che significa sia "pace" che "Oceano Pacifico" è un cavo Nec che collegherà il Giappone alle Hawaii. Questo sarà di 7 mila chilometri ed entrerà in azione nel 2027. Sempre nello stesso anno partiranno anche altri 16 collegamenti in tutto il mondo. Tra questi è di notevole rilevanza quello di 17 mila chilometri che collegherà Norvegia, Giappone, Stati Uniti e Irlanda.

Facebook, o per meglio dire Meta, invece ha delle proprietà in due cavi a est: l’Asia Pacific Gateway (APG) che collega Vietna, Giappone, Tailandia, Corea del Sud, Cina Malesia e Singapore per 10.400 km, e il già citato Pacific Light Cable Network (PLCN). Un’altra partecipazione di Meta è in MAREA, cioè quel cavo di  6.605 km che parte da Bilbao ed arriva in Virginia, negli Stati Uniti. Voci inoltre parlano a fine 2024, di un grande investimento di Meta per un cavo sottomarino in fibra ottica che si dovrebbe estendersi in tutto il mondo: un progetto di oltre 40.000 chilometri per un valore di oltre 10 miliardi di dollari di investimenti, di cui Meta dovrebbe essere l’unico proprietario.

Il futuro

L’aumento di cavi quindi procede anno dopo anno e gli investimenti sembrano andare vero la zona pacifica. Mentre negli ultimi dieci anni la zona denominata EMEA, cioè Europa, Medio Oriente e Africa è quella con più chilometri di cavi (212 mila), nel futuro quelle più in espansione, secondo le previsioni di TeleGeography, sono quella polare e soprattutto quella dell’Oceano Pacifico, rispettivamente con 17 e 65 mila chilometri di nuovi cavi sottomarini. 

Gli equilibri geopolitici mondiali negli ultimi anni sono sempre più instabili. Il mondo è estremamente interconnesso ma ciò che diamo per assodato spesso si basa su infrastrutture tanto all’avanguardia quando fragili e soggette sia a deterioramento che a possibili sabotaggi. In questo caso non c’è metafora migliore che tenga: i rapporti tra Paesi sono letteralmente appesi ad un filo.

 

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