CULTURA
Tiziano Terzani: l’archivio a Venezia
Foto: Paolo Tre/A3/Contrasto
“E io che dico: non sono un intellettuale, sono solo un aspirapolvere: giro per il mondo raccogliendo storie. Sempre più isolato. Nessuno vuole davvero ascoltare. Dovrò aspettare un’altra occasione per essere riscoperto”.Parole mai lette. Pensieri mai svelati. È un Terzani inedito quello che si ritrova nelle quasi 500 pagine di Un’idea di destino - Diari di una vita straordinaria (Longanesi), il libro che raccoglie gli scritti privati del viaggiatore e giornalista, a dieci anni dalla scomparsa (avvenuta il 28 luglio 2004).
“Dobbiamo pur fare questo mestiere fino in fondo - scriveva nel dicembre 1982, mentre si trovava a Pechino come corrispondente del settimanale tedesco Der Spiegel - Ci pagano per divertirci, ma anche dire quel che i diplomatici non osano dire”. Dalla Cina (da cui viene espulso il 5 marzo 1984 per “crimini controrivoluzionari”) al Giappone, e poi Thailandia, Urss, Indocina, Asia centrale, India, Pakistan. Un uomo ‘in cammino’, un giornalista che racconta e attraversa terre, esperienze e le raccoglie in articoli e libri, da Lettere contro la guerra a La fine è il mio inizio, passando per Un indovino mi disse e Un altro giro di giostra.
Ora i diari privati ne rivelano i sentimenti più intimi, regalano la forza istintiva delle pagine scritte di getto, per liberare il cuore e la testa, e rimaste nel suo archivio per anni. Raccontano della ricerca della serenità nel tentativo di domare “la belva oscura” della depressione, non nascondono la rabbia e le critiche senza filtri, tra tutte quella riservata alla collega Oriana Fallaci, ritrovata tra i suoi appunti e datata 31 ottobre 1991. “A Napoli per la trasmissione con Oriana Fallaci sul Vietnam. Orribile, sciocca, nevrotica primadonna che crea enormi problemi per avere la prima poltrona, che parla dei suoi inutili ricordi […] È un’orribile voyeur, inaffidabile, presuntuosa, piena della propria vanagloria, ora con manie di persecuzione. Querela tutti. Accusa tutti di sparlare di lei citando a testimone gente che è morta e che lei non può richiamare in causa. Ho l’impressione di essere vissuto in un altro mondo, di aver coperto altre guerre, altri paesi, di fare una professione diversa”.
I diari confidano al lettore il segreto delle fragilità e la verità dell’uomo, del marito (22 gennaio 1998, New York: “Angela riparte. Uno splendido mese, un altro viaggio di nozze, un altro innamoramento”) e del padre che non sa di essere visto, ascoltato e letto, proponendolo dunque senza il filtro della leggenda: “Mia amatissima figlia – scrive nel 1997 in una lettera a Saskia – l’ho sempre pensato che l’unico seme di possibile eternità che un uomo normale può lasciare sono i figli e tu sei la conferma: in te mi riconosco, mi ci sento…”.
Dal 2012 Venezia custodisce il ‘tesoro’ di Tiziano Terzani. Alla biblioteca si è aggiunto ora l’archivio, donato nel maggio scorso dalla vedova del giornalista, Angela Staude. Oltre ai 6.000 volumi di storia, viaggi e arte su Giappone, Cina, India e Indocina, donati due anni fa, la biblioteca del Centro studi di civiltà e spiritualità comparate della Cini si è recentemente arricchita di una raccolta di materiali eterogenei, fondamentali per poter conoscere un mondo toccato dai grandi cambiamenti storici nel XX secolo: gli articoli, ritagliati, pubblicati in Der Spiegel, Repubblica, il Corriere della Sera, l'Espresso, il Giorno, il Messaggero, le veline, i telex originali mandati alle sedi dei giornali, con i messaggi ai caporedattori o ai direttori, foto stampate e negativi, appunti di viaggi, carte geografiche, cartoline, blocchetti per scrivere pensieri e interviste, la corrispondenza professionale e personale, articoli di giornali italiani ed esteri a lui dedicati, passaporti, vecchie macchine da scrivere Olivetti e macchine fotografiche. Tracce di una ‘vita straordinaria’, che ora ritroviamo alla Cini e tra le pagine di un nuovo libro.
“Qualche mese dopo la morte di Tiziano a Orsigna - scrive la moglie Angela nell’introduzione a Un’idea di destino - sono tornata a guardarmi il suo studio a Firenze. Tutto era a posto e in ordine: rinchiuso in modo sbrigativo ma sensato in scatole e scatoloni di cartone che gli erano capitati tra le mani nei 25 anni di lavoro in Asia… Mi pare bello oggi poter ascoltare nei diari anche quest’altra sua voce, quella adirata, dubbiosa, sofferente, che faceva da contrappunto alla voce forte e convinta con cui si presentava al mondo. È come scoprire le radici affondate nella terra buia di un albero che svetta nel cielo”.
Francesca Boccaletto