SCIENZA E RICERCA

Too young to die: mappare le nursery dello squalo grigio

Classificato come endangered nella lista rossa IUCN, lo squalo grigio (Carcharhinus plumbeus, sandbar shark) è una specie estremamente vulnerabile con una crescita lenta, una maturità sessuale tardiva e un tasso riproduttivo non elevato. Da tempo e con una certa costanza, su Il Bo Live, ci occupiamo di specie a rischio, sottolineando l'importanza di azioni e strategie di conservazione. Per quel che riguarda le specie di elasmobranchi, sappiamo che stanno diminuendo nel Mediterraneo e a livello globale a causa delle attività di pesca. Per invertire la tendenza è necessario affrontare e mitigare la pressione di pesca utilizzando molteplici metodi, inclusa un’identificazione scientificamente valida delle aree di crescita. Uno studio, appena pubblicato sul Journal of Applied Ecology, presenta una mappatura delle aree di accrescimento del Carcharhinus plumbeus, offrendo preziose informazioni e strumenti utili per attivare strategie di monitoraggio e tutela degli elasmobranchi. 

Too young to die: Mapping nursery areas for early juveniles of the endangered sandbar shark (Carcharhinus plumbeus) to inform conservation in the Mediterranean Sea

"Con questo studio siamo riusciti a dimostrare la presenza stabile negli anni di neonati e individui sotto l'anno di età dello squalo grigio nell'Alto Adriatico (multiyear presence, ndr). Questa specie sta sia in acque costiere che pelagiche e compie migrazioni stagionali per svolgere i propri cicli vitali, tra cui la riproduzione e il parto, per poi raggiungere le zone di accrescimento. Nell'Atlantico esistono nursery di grandi superfici perché lì l'ambiente è particolarmente adatto". Il primo autore dello studio sopracitato è Matteo Barbato ed è lui a descriverci il lavoro svolto, partendo da una precisazione: "Nella ricerca si parla appunto di nursery: non si tratta di siti di parto ma di zone di accrescimento. Se avessimo mappato le zone di parto avremmo dovuto prendere in considerazione anche le mamme ma per farlo ci saremmo dovuti trovare lì nel momento giusto, un'operazione difficilissima. In questo studio, invece, consideriamo i soggetti neonati e young-of-the-year, con una lunghezza inferiore a 71 centimetri e cicatrice ombelicale fresca o parzialmente cicatrizzata". 

Il lavoro inizia nel 2019, dopo aver fatto domanda di finanziamento alla Mohamed bin Zayed Species Conservation Fund che ha permesso di effettuare la raccolta dati sul campo per tre anni. "Abbiamo identificato l'area e le condizioni ambientali della zona di nursery nell'Alto Adriatico, in collaborazione con i pescatori artigianali di Cervia e Ravenna - spiega Barbato -. Ci siamo interrogati sullo stato attuale di conoscenza della multiyear presence dei giovanili, partendo da una revisione della letteratura sulle presenze e assenze di questi individui nelle regioni del Mediterraneo. Estraendo le condizioni ambientali dell'area di pesca di questi studi sezionati, utilizzando dati forniti dal progetto europeo Copernicus, abbiamo applicato uno species distribution modelling, ovvero un approccio statistico per predire la distribuzione delle nicchie ecologiche per l'occorrenza delle nursery area".

La temperatura superficiale del mare, la batimetria del fondale e l'intensità della corrente sono le condizioni che influenzano l'occorrenza e questo risulta in linea con i risultati degli studi fatti nella costa orientale dell'Atlantico. Infine, è stata creata una mappa con la predizione di occorrenza di nursery per i giovanili di questa specie su tutto il Mar Mediterraneo e le zone a più alta probabilità: la costa nord-occidentale del mare Adriatico, nella zona costiera del Golfo di Gabes (Tunisia) e nel Golfo di Iskenderun (Turchia). La maggior parte delle osservazioni scientifiche hanno così trovato conferma. "L'approccio modellistico, che tiene conto dell'autocorrelazione spaziale dei dati osservati, ci ha permesso anche di produrre una ulteriore mappa di predizione per aree con condizioni ambientali favorevoli alla presenza di nursery per cui varrebbe la pena aumentare lo sforzo di monitoraggio con lo scopo di migliorare i dati di occorrenza di giovanili nel Mediterraneo".

Il lavoro dei ricercatori si è concentrato sulle "condizioni ambientali estive, stagione principale di parto nel Mediterraneo. Sarà importante però identificare anche le aree utilizzate d'inverno: è il prossimo passo". Quali sono queste aree? E qual è lo scambio nell'Adriatico e fuori da esso? Sono considerazioni che risultano "fondamentali per la gestione spaziale di queste specie migratorie in uno scenario complesso".

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