SCIENZA E RICERCA
Diminuiscono gli squali bianchi, quali le conseguenze per le loro prede?
Lo studio Loss of an apex predator in the wild induces physiological and behavioural changes in prey riflette sulle conseguenze che la riduzione del numero di predatori apicali può avere sulle prede e quindi sugli equilibri in natura. Il modello preso in esame è quello dello squalo bianco e della otaria del Capo a False Bay, in Sudafrica. A commentare i risultati è la professoressa Maria Berica Rasotto del dipartimento di Biologia dell'università di Padova.
"Questo è un modello particolarmente interessante, perché viene studiato dall'inizio del secolo, quindi ci sono più di vent'anni d'osservazione. Queste otarie vivono in una isoletta, chiamata appunto isola delle foche, e lì si riuniscono nei mesi tra maggio e settembre, poi tornano in acqua e si ripresentano tra novembre e dicembre per partorire. La presenza dello squalo bianco ha fatto sì che queste otarie non si allontanino mai dalla costa e peschino in acque basse: sembra non si muovano oltre i sei metri dalla costa, quando invece sono animali che potrebbero andare a profondità molto elevate. Inoltre, da anni, di queste venivano studiati i livelli di stress, analizzando i glucocorticoidi nel sangue. A loro volta, per catturarle, gli squali hanno messo in atto dei comportamenti particolari infilandosi in acque basse per poi sollevarsi verticalmente e lanciare in aria la preda: si parla infatti di squali volanti. In entrambi i casi esistono, dunque, comportamenti particolari, insieme al luogo, ovvero quest'isola, si offrono come modello perfetto per andare a vedere se la variazione nella numerosità del predatore possa toccare il comportamento delle prede".
Montaggio: Elisa Speronello
Vent'anni di dati, con migliaia di osservazioni e un punto fondamentale: "Dal 2015 lo squalo bianco in quelle acque è in fortissimo declino. Dal 2018 i ricercatori non sono più riusciti a registrare eventi di predazione. Da qualche anno quelle otarie non sono più sottoposte alla pressione predatoria. E che cosa è emerso? Nelle otarie i livelli di glucocorticoidi sono diminuiti moltissimo: ora si spingono a cacciare al largo e in profondità. L'assenza del predatore ha modificato il loro comportamento. L'abbassamento dei livelli di stress ha conseguenze sulla riproduzione: ora questi animali si riproducono molto di più".
Anche in altri ambienti, dove sono diminuiti i predatori si sono notati importanti cambiamenti: "Pensiamo alla diminuzione del numero di leoni, che ha portato a un aumento dei babbuini. Tanto che in alcune parti dell'Africa i bambini vengono accompagnati a scuola, per evitare gli attacchi di questi animali, diventati molto numerosi e quindi fuori controllo. E ancora, nel parco di Yellowstone la riduzione della popolazione di lupi ha determinato un aumento del numero di alci con conseguenti danni alla vegetazione. Così, l'assenza degli squali bianchi ha fatto salire il numero di un altro squalo, che veniva cacciato dallo squalo bianco. Non solo, le otarie stesse sono predatori quindi, a cascata, quello che avviene è l'espansione di queste specie e la diminuzione di altre. Nelle acque degli Stati Uniti il declino di squali ha portato all'esplosione delle razze con una ricaduta importante, ovvero la diminuzione della popolazione di gamberi".
C'è poi un secondo importante messaggio alla base di questo studio: "Di fronte all'attacco di uno squalo bianco su una otaria, noi istintivamente ci mettiamo dalla parte dell'otaria, ma in realtà non ci sono animali buoni e cattivi in un ecosistema, esiste invece un equilibrio in cui anche i predatori apicali rivestono un importante ruolo, ovvero quello di contenimento delle popolazione di altre specie. Insomma, quando osserviamo il mondo animale possiamo ritrovarci a sorridere per alcuni comportamenti, ma dobbiamo fare attenzione a non far ricadere quei sentimenti spontanei nella gestione degli animali. Perché la paura dell'uomo nei confronti dei predatori apicali ha conseguenze gravi riscontrabili appunto nella perdita progressiva che stiamo notando".
“ L'assenza del predatore fa cambiare rapidamente il comportamento delle prede
Lo stato di conservazione degli squali nel Mediterraneo, e più in generale nel mondo, “non è buono”. Spiega Rasotto: "Questa immagine di animali pericolosi e che ci fanno paura ha provocato, da un lato, un allontanamento da parte dell'essere umano e una caccia per rendere sicure le coste. Dall'altro lato, alcune aree del mondo sono interessate agli squali dal punto di vista gastronomico e quindi esiste una pesca mirata proprio per rispondere a questo tipo di richieste e a interessi economici”.
L'attenzione è rivolta principalmente alle pinne: “Negli anni sono state prese misure, anche da parte della Comunità europea, per contrastare, in particolare, la pratica del finning".
Va ricordato, queste specie hanno caratteristiche biologiche che le rendono vulnerabili: gli squali fanno pochissimi figli, raggiungono la maturità sessuale tardi e quindi iniziano a riprodursi dopo alcuni anni dalla nascita. "Le popolazioni di tutti i predatori apicali hanno sempre numerosità limitate - precisa Rasotto - Molte azioni dell'uomo, nei confronti degli squali, li hanno rapidamente portati al declino. Nelle questioni relative alla loro protezione subentra anche l'aspetto emotivo: quando diverse specie di balene e delfini si sono ritrovate a essere a rischio estinzione c'è stata una mobilitazione mondiale che, infine, ha permesso di arrivare alla moratoria di pesca. E perché si è riusciti a fare questo? Perché emotivamente il delfino è un animale attraente e la balena non suscita paura. Nel caso degli squali è difficile che le persone vengano coinvolte perché, emotivamente, si è portati a considerarli animali cattivi: per proteggerli, è quindi fondamentale insistere su azioni di divulgazione" che possano contribuire a liberarli da questa ingiusta fama. Ricordando quanto già detto: "Non esistono animali buoni e animali cattivi".