SCIENZA E RICERCA

Un'associazione nazionale per la citizen science

A febbraio è nata l'associazione Citizen Science Italia ETS (CSI), ed è una buona notizia. Ma facciamo un passo indietro: cosa si intende quando si parla di citizen science? Da quasi un secolo anche i più coriacei si sono resi conto che la scienza non poteva rimanere confinata in una torre d'avorio dalla quale gli scienziati osservavano tutti gli altri con sguardo benevolo ma distante. Anche grazie alla pandemia, ci si è resi conto definitivamente di quanto le persone abbiano assunto un ruolo chiave quando si tratta di portare avanti decisioni basate sulle conoscenze scientifiche, e così la comunicazione della scienza, già al centro delle strategie di molti enti e associazioni, si è conquistata una posizione ancora più importante.

La citizen science è il passo successivo. Letteralmente è la "scienza del cittadino", anche se si preferisce tradurlo con "scienza partecipata", e sono tutte quelle attività che prevedono la collaborazione tra scienziati e cittadini per creare una nuova conoscenza. Questo permette ai cittadini di assumere un ruolo più attivo nei confronti della scienza e agli scienziati di provare a colmare la distanza che può intercorrere tra il sapere accademico e la vita di tutti i giorni, avvalendosi delle conoscenze dei cittadini stessi, che vivono nei territori oggetto dei loro studi.

In altri paesi la citizen science è una realtà già consolidata: tra il 2013 e il 2014 sono nate delle associazioni analoghe a quella italiana, come la CSA negli Stati Uniti, l'ECSA in Europa e l'ACSA in Australia. Anche se in Italia è arrivata qualche anno dopo, i lavori per creare quest'associazione erano cominciati molto tempo fa, come ci racconta Alessandro Oggioni, membro del consiglio direttivo di CSI (Citizen Science Italia). Correva l'anno 2014 e presso il presso il Cnr-Irea (Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente, sede di Milano), dove Oggioni lavorava e lavora, era stato organizzato un congresso che aveva visto una nutrita partecipazione. Gli incontri si sono susseguiti annualmente ma è nel 2017, con una conferenza a Villa Borghese, e poi nel 2018, con due incontri tenuti presso il Museo di Storia Naturale della Maremma a Grosseto e presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Villa Torlonia a Roma, e infine nel 2019 presso la stessa sede, sono state poste le basi per la nascita dell’associazione con un documento dal titolo “Verso una strategia nazionale condivisa: Linee guida per lo sviluppo della Citizen Science in Italia. Poi purtroppo il progetto di far nascere una associazione ha subito una battuta di arresto dovuta al Covid, ma l'impegno non è mai venuto meno e nel 2021, sempre a Grosseto, sì è tenuto il primo convegno nazionale della CSI, la cui formalizzazione come associazione è avvenuta ora.

"All'inizio - spiega Caterina Bergami, ricercatrice presso il Cnr – Ismar (Istituto di Scienze Marine, sede di Milano) e membro del consiglio direttivo - ci siamo resi conto che anche nell'ambiente accademico la maggior parte delle persone non aveva ancora ben presente il concetto di citizen science. Così dal 2012 abbiamo cominciato a parlarne, a scrivere articoli destinati anche ai nostri colleghi, e piano piano il progetto ha preso sempre più corpo".
Negli anni infatti la scienza partecipata è diventata protagonista anche in Italia; sul Bolive per esempio abbiamo raccontato del progetto InNat, che permetteva alla cittadinanza di distinguere tramite una applicazione alcune specie protette, di cui potevano segnalare la presenza, e abbiamo parlato anche dei romani che hanno partecipato attivamente alla raccolta di campioni per l'analisi delle acque del Tevere, ma sono varie le iniziative che vengono attivate, con l'aiuto non solo di scienziati e ricercatori, ma anche di divulgatori e giornalisti scientifici.

“Vorremmo che anche i cittadini possano essere soci di CSI perché - spiega Bergami - l'intenzione non è certo quella di creare un ambiente di soli addetti ai lavori". E Oggioni conferma: "Al convegno del 2021 erano presenti quasi soltanto ricercatori. Mancavano i cittadini, e per noi è molto importante il loro contributo, perché anche grazie alle loro esperienze potremo individuare delle aree di intervento. Ci sono varie modalità tramite le quali possono essere attivi in CSI: c'è la partecipazione contributiva, ma non è la sola, perché il cittadino può fare delle segnalazioni ma anche prendere parte in prima persona a tutte le fasi della ricerca scientifica. Potranno quindi nascere campagne collaborative o addirittura co-create, perché il cittadino può definire un tema di ricerca a seconda dei problemi che rileva sul territorio, perché chi meglio di lui li può conoscere? Con alcune iniziative, chi partecipa avrà anche la possibilità di essere coautore di articoli scientifici".

Il progetto è ambizioso, ma le premesse sono buone: l'interesse nei confronti della citizen science è destinato ad aumentare, e già ora sono attivi in Italia vari progetti e iniziative che prevedono la partecipazione attiva dei cittadini e che sono stati catalogati da CSI, che senza dubbio ne proporrà di nuovi.
 

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