L’anno scorso, poche settimane prima dell’inizio del lockdown, avevamo già parlato degli aspetti evoluzionistici delle pandemie, in particolare di Sars-Cov-2.
Qualche giorno fa, un editoriale uscito su Nature Ecology and Evolution dal titolo L’Evoluzione è diventata virale affronta un tema importante: si parla tanto di evoluzione (in realtà poco in Italia) a causa delle varianti del virus pandemico. Si è evoluto ed è mutato. Non dobbiamo stupirci: come ogni entità biologica, è normale che il virus accumuli mutazioni, la benzina e il motore di ogni cambiamento evolutivo. Come si diffondono poi queste mutazioni? Casualmente, per deriva genetica, per effetto dello spostamento di piccole popolazioni del virus e dei suoi ospiti. Oppure per selezione naturale, perché alcune di queste mutazioni danno un vantaggio selettivo. Attraverso indagini specifiche, si possono ricostruire degli alberi genealogici delle varianti e comprenderne origine e la diffusione. Si chiama biogeografia.
Maggiore è la popolazione infettata – si ricorda nell’editoriale – più le varianti aumenteranno: ci sono molte mutazioni convergenti, avvenute in popolazioni molto lontane tra loro. Succede nell’evoluzione, perché c’è una forte pressione selettiva. Il vantaggio di un virus non è quello di essere letale per i suoi ospiti ma la contagiosità, la sua trasmissibilità. Una mutazione che permette maggiore contagiosità, di conseguenza, si diffonderà più velocemente e avrà più successo. Ma nei virus c’è anche un’altra pressione selettiva in più, causata da noi esseri umani. I farmaci e i vaccini sono anche essi pressioni selettive: se nasce una mutazione genetica che permette al virus di aggirare gli attacchi che gli muoviamo contro, questa viene proprio chiamata una “fuga selettiva”. Significa che l’organismo ha azzeccato una via per scappare all’attacco che abbiamo inferto. Tra noi e Sars-Cov-2 si è innescata una dinamica evolutiva ben nota dal nome regina rossa: gli agenti patogeni mutano e noi dobbiamo trovare strategie di difesa e avanti di questo passo. È una corsa evolutiva senza fine.
Riflettere sugli aspetti evolutivi di ciò che accade è importante perché non è vero che l’evoluzione, occupandosi di cause remote nel lontano passato, non ha nulla da dire sull’oggi. Non è vero perché – per esempio – stante questa situazione pandemica con molti fattori in gioco, è molto difficile prevedere quale sarà l’evoluzione di questo virus. Un altro insegnamento pratico ci dice che molto dipende dalla velocità: è necessario sorvegliare queste varianti, avere dati epidemiologici in diretta e condivisi rapidamente. Perché l’agente patogeno fa della rapidità della mutazione una sua arma.
Ultimo insegnamento: se tutto questo è vero, non dobbiamo solo lavorare su farmaci e vaccini, ma anche sugli elementi ecologici di contesto per ridurre il rischio di nuove pandemie. Se noi entriamo troppo in contatto con gli animali portatori di questi virus, se distruggiamo il loro ambiente, se continuiamo a fare commercio illegale, aumentiamo la probabilità di contatto e la possibilità che un agente patogeno faccia il salto di specie.
Noi, che siamo intelligenti, dobbiamo ridurre la probabilità che questo accada.